É diventato stucchevole il dibattito tra le forze politiche sul futuro di Mario Draghi. Ci si domanda se sia più opportuno che resti alla presidenza del Consiglio per portare avanti il lavoro positivamente svolto o se sia preferibile che, tra qualche mese, si trasferisca al Quirinale per succedere a Sergio Mattarella.

Si comincia a far strada, tuttavia, una terza ipotesi che potrebbe clamorosamente vanificare il lavorio dei partiti e mandare all'aria tutti i calcoli che vanno compiendo per accertare quale sia la soluzione per loro più favorevole. Draghi potrebbe, infatti, rinunciare sia alla presidenza del Consiglio che a quella della Repubblica optando per un altro prestigiosissimo incarico: quello di presidente della Commissione europea; incarico attualmente detenuto dall'economista tedesca Ursula Von der Leyen il cui mandato scadrebbe nell'ottobre del 2024, ma che potrebbe anticipare la propria uscita di scena per lasciare il posto al premier italiano. È ben nota la stima di cui Draghi gode nell'Unione europea e, pressoché unanimemente, considerando, tra l'altro, l'ormai prossimo ritiro di Angela Merkel, egli è considerato il numero uno, colui che, più di ogni altro sarebbe in grado di rappresentare con autorevolezza il nostro Continente.

Non sono pochi, perciò, coloro che, dall'interno della UE, vedrebbero di buon'occhio Draghi alla guida dell'Europa, tanto più che la conduzione della Von der Leyen non viene considerata particolarmente brillante. L'interrogativo è, dunque, questo: riuscirà il nostro presidente del Consiglio a resistere al richiamo delle sirene europee? Due elementi concorrono a far pensare che Draghi potrebbe essere indotto ad accettare il ruolo di presidente della Commissione: il primo è la sua vocazione europeista, maturata ed accresciuta durante gli anni della presidenza della Banca centrale europea; il secondo è che Draghi comincia ad essere stanco del rapporto con i partiti, dei loro tentativi di imporgli soluzioni che spesso lo lasciano perplesso e della loro rissosità. Ultimo caso è quello della controversa questione dello ius soli. Forze che compongono la stessa maggioranza sono schierate su posizioni diametralmente opposte mettendo in imbarazzo l'esecutivo fino al punto di costringere il premier - cosa insolita considerando il suo temperamento decisionista - a dire che il governo è estraneo alla questione che deve essere risolta dai partiti. Oltre tutto, come abbiamo detto, il mandato della Von der Leyen scadrà dell'ottobre del 2024; una scadenza che può essere anticipata, ma che può anche restare tale consentendo a Draghi di completare la propria opera alla guida del governo. Insomma, sul futuro del presidente del Consiglio c'è ancora la massima incertezza. La sua prossima sede di lavoro potrebbe non essere né a Palazzo Chigi né al Quirinale, ma a Palazzo Berleyment, a Bruxelles.

OTTORINO GURGO