Sono numeri che lasciano senza fiato. E dire che si tratta di una vergogna è davvero poco. Da una indagine nel Nord America effettuata da ICE, Italian Trade Agency in collaborazione con la Camera di Commercio di Parma, è risultato che l'italian-sounding, i prodotti alimentari fasulli, che hanno solo il nome nella nostra lingua raggiungono un fatturato di almeno 6 miliardi di dollari, mentre quelli autentici, genuini ne incassano appena 2.
Numeri davvero incredibili che cominciano con i sughi per la pasta, già venduti come italiani, ma che ovviamente non lo sono: infatti il 97% dei sughi e il 76% dei pomodori in scatola sono totalmente 'fake'. Ma dai condimenti a formaggi non cambia, purtroppo, di molto la situazione: solo negli Stati Uniti vengono prodotti 1,7 milioni di tonnellate all'anno di fasulli e la parte più cospicua è rappresentata dalle mozzarelle (1,3 milioni) seguite dal provolone (120 milioni), quindi ricotta e infine parmigiano, tutti falsi. E se gli Stati Uniti e più in generale il Nord America rappresentano la parte più ampia, non sono da meno l'Australia come la Germania.
Sempre per restare nel settore caseario, l'Asiago e la Robiola dell'Emilia sono clonati soprattutto nel Wisconsin e nel Canada. Altri falsi che si trovano negli Stati Uniti sono il 'Danish Grana', che vengono accompagnati, e passiamo ai salumi, dalle copie, malfatte, del prosciutto di Parma e del San Daniele.
In California poi affermano di coltivare il pomodoro di San Marzano, ma anche olive per l'olio extravergine, che invece si trova soltanto in Campania, mentre l'Australia si vanta di un Chianti uscito dalle proprie cantine vinicole.
E imitare, male, qualità pessima, i prodotti agroalimentari italiani,  è una attività lucrosa e nonostante gli sforzi i prodotti falsi sono in aumento. Per questo motivo il Governo ha promesso per quest'anno azioni straordinarie per la difesa del made in Italy a tavola, dai marchi alle certificazioni di qualità e origine.