Tutti gli eventi sono anche una cartina di tornasole della mentalità dei protagonisti e dei commentatori. Gli eventi di sicura rilevanza storica lo sono ancor più. La caduta di Kabul costituisce pure la presa di Kabul, come la sconfitta degli Stati Uniti (e degli Stati europei suoi alleati, vogliamo dimenticarcelo?) rappresenta la vittoria dei suoi (e nostri, vogliamo dimenticarcelo?) nemici.

Nei commenti sulla fine della guerra afghana la prima stranezza, a parer mio, è che la fine viene data per scontata, ma non lo è affatto, per due ragioni: primo, perché non fu guerra di conquista che debba considerarsi terminata per la mancata conquista; secondo, perché fu guerra per punire i terroristi e sradicare il terrore, l’un obiettivo conseguito in parte, l’altro da conseguire, seppure sia conseguibile in assoluto, non dipendendo soltanto da chi combatte i terroristi ma anche da costoro.

Poi, sempre a parer mio, nei commenti si percepiscono pensieri e risentimenti che mal si accordano con le parole. Avverto un “non detto” nel “troppo detto”: il più amaro “non detto” sta nel constatare quanto subdolo compiacimento sia in certe lacrime. Alcuni di quelli che piangono sembrano sussurrare, tra i singhiozzi: “Gli Usa non potevano non perdere. Non ce l’avevano fatta gl’Inglesi, un impero ottocentesco. Non ce l’avevano fatta i Sovietici, una dittatura novecentesca. Potevano mai farcela gli Americani, una democrazia annosa dove persino gli umori popolari contano, eccome? Era inevitabile ed è accaduto. Dovrebbero, finalmente, aver imparato la lezione che non appresero neppure con la caduta di Saigon”.

In altri commenti, minoritari in verità, avverto l’aperta soddisfazione per la batosta degli Americani. Gli Usa sono forse lo Stato più odiato della storia, senza aver fatto nulla che legittimerebbe l’odio di siffatti odiatori: un odio composto da sentimenti disparati, quali l’avversione alla “libertà dei liberali”, come insisto a chiamarla per sottrarla agli adulteratori, e la pulsione verso il dispotismo asiatico.

Altri commenti, alquanto sgradevoli, fanno la morale agli Americani: “Come vi permettete, voi, di presumere di essere migliori di altri al punto di voler imporre con le armi il vostro sistema politico che vantate come democrazia mentre obbedisce al complesso militare-industriale denunciato dallo stesso presidente degli Stati Uniti, il generale che guidò gli Alleati contro il nazismo? La democrazia, ammesso che sia il sommo bene, non è esportabile e non deve essere esportata, specialmente da voi che ne siete gl’ipocriti custodi”.

Infine, i commenti apocalittici: “È la fine di un’epoca! Gli Usa si ritirano al di là dell’Atlantico! Siamo alla svolta della Storia!”. Ma la storia credo di ricordare che fosse già finita con il biennio 1989-91. È finita di nuovo? Vorrei rammentare agli apocalittici d’ogni risma che dopo il Vietnam, una debacle peggiore, furono gli Usa a sbaragliare il comunismo sovietico, l’Impero del Male. Sulla Porta di Brandeburgo fu l’irriso “sceriffo” Ronald Reagan ad intimare al Segretario del Pcus: “Mister Gorbaciov, tiri giù quel muro!”.

Gli Stati Uniti hanno perso una guerra sui generis, giusta sebbene combattuta malissimo (le loro prestigiose accademie militari e scuole di guerra, a quanto sembra, non sfornano più i Patton!). Con questo effetto, non inusitato: assistiamo al fuggi fuggi morale e politico dei loro Alleati al di qua dell’Atlantico, i quali manifestano agli Usa sconfitti, quando pure gliela esprimano invece che prendere le distanze, una solidarietà più pelosa che sincera, più interessata che generosa. Tuttavia, i giovani dell’Europa invertebrata, grassa, decadente, opportunista, i quali vogliano conservarsi al sicuro da altri Imperi del Male presenti e futuri, stiano certi come i loro nonni che, quando capiterà di dover menare le mani per la libertà, potranno contare sull’America per molti decenni a venire. E solo sull’America, perché è l’unica America che abbiamo.

Intanto, prendano informazioni dai taiwanesi, dai giapponesi, dai coreani, dagli ucraini, dagli estoni, lituani, lettoni…

PIETRO DI MUCCIO DE QUATTRO