di Franco Esposito

Monta una singolare protesta. Botta e risposta in salsa polemica e veneta. Il vescovo di Vittorio Veneto contro i viticoltori; i vignaioli contro il vescovo. La battaglia del Prosecco non è esplosa all'improvviso. Questa è la zona, in Italia, che produce la migliore qualità del vino con le bollicine e la maggiore quantità. Una guerra nuova, senza che c'entrino i dazi doganali e le contraffazioni. L'anatema è nelle parole di Corrado Pizziolo, monsignore e vescovo di Vittorio Veneto. 

Il presule solidarizza con le famiglie della zona del Prosecco, colpite dall'avanzare impetuoso e prepotente dei vigneti. Una lettera pastorale per dirlo, e il fatto deve essere giustamente ritenuto unico. Il Vescovo dice basta alla monocultura del Prosecco, per dare spazio alla biodiversità. Un intervento clamoroso, a gamba chiaramente tesa. "Sentiamo forte nel nostro territorio il richiamo del rispetto della salute, Vogliamo porre con urgenza l'attenzione sul tema della preservazione della biodiversità". Il popolo è con lui, sodale con monsignor Pizziolo. 

Scontata la reazione, arriva attraverso i social, avevate dubbi in proposito? Il vescovo si è beccato una raffica di insulti. La sua colpa? Aver messo sotto accusa i pesticidi e la monocultura. La risposta non si è fatta attendere. Dura, tosta anch'essa. "La chiesa non sopravviverebbe senza i nostri denari". E via con le frasi e gli interventi confezionati ad arte per provocare. Al vescovo di Vittorio Veneto i social augurano di "uccidersi". Sconfinamenti palesi, evidente la scivolata in direzione dell'insulto e della buona educazione. "Vattene in Africa, prete". 

Bassezze, sulle quali è giusto non sorvolare. Ma la questione c'è, esiste, e comincia a preoccupare gli abitanti della zona del Prosecco. Nell'ambito della sostenibilità ambientale, del consumo e l'utilizzo del suolo, delle coltivazioni intensive. Tematiche note, in Veneto, e dibattute con energia non solo dialettica, dalle parti delle colline da poco insignite del Marchio Unesco. Il problema vero è la gestione delle colline stesse. 

Il presule che amministra la diocesi sotto cui ricade l'area di produzione del Prosecco invita al dialogo. Si rivolge alle diverse componenti del mondo viticolo. Chiaro e forte il sollecito a un maggiore rispetto per la giustizia sociale, dallo stop alla vergogna del caporalato e al lavoro nero. Il vescovo l'ha scritto nella lettera presentata nella veglia diocesana sul creato. "La salute delle persone qui è spesso minacciata dall'abuso dei cosiddetti pesticidi". 

Monsignor Pizziolo avverte il bisogno urgente di richiamare l'attenzione sul tema della preservazione della biodiversità. "In un'area in cui la monocultura rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali". Secondo il Vescovo di Vittorio Veneto, le colline dell'Unesco, come lui le definisce, devono essere valorizzate nella loro bellezza e arricchite dal patrimonio di valori che sempre hanno contraddistinto la gente del posto. 

Discorso utopistico, o che cosa? Romantico, non attuale, non in linea con le esigenze economiche dei produttori del Prosecco? Bersagliato dagli insulti postumi via  social, il monsignore non molla di un centimetro. Il Prosecco si ritrova in mezzo a una vera guerra. "L'inquinamento è quello ancora troppo maggioritario dei combustibili fossili. Un impiego eccessivo che impone il cambiamento radicale negli stili di vita". E cita un esempio, non esattamente pertinente con la viticoltura del Prosecco, che il vescovo denuncia come  eccessiva e troppo esclusiva nelle campagne attorno a Vittorio Veneto. "Un stile di vita diverso è quello di preferire l'uso della bicicletta a quello dell'auto, favorendo l'uso di energie rinnovabili, esprimendo il proprio concreto impegno verso forme di economia circolare, per un minore spreco di risorse". Inevitabile, perfino scontato il richiamo a "una maggiore sobrietà e alla riduzione generale dei consumi". 

Puntuali, come accennato, sono arrivati gli insulti al presule. Ma il monsignore con si scompone, tira dritto contro i viticoltori. Vattene in Africa, e lui? "Quando abbiamo messo in cantiere questa lettera, immaginavo varie reazioni. Anche come quelle poi apparse sui social. Il fatto è che quando si toccano certi temi c'è sempre chi reagisce in modo per meno vivace tra virgolette". E l'invito a lor signori, i viticoltori, a rileggere la lettera con attenzione. Fatelo, sollecita il vescovo Pizziolo, e i vostri commenti saranno diversi da quelli ascoltati e letti in questi giorni. 

Quelli del Prosecco, vino Doc dal 2009, poi DOGG, con tutto il rispetto e l'ammirazione per il presule e l'uomo, neppure se la filano la predica del vescovo. Forti dei numeri raggiunti dal vino oggi quello italiano più esportato all'estero. Nel 2014, per la prima volta, il Prosecco ha superato lo champagne per numero di bottiglie vendute nel mondo. Il ritorno sulle posizioni limitative invocato da monsignor Pizziolo sembra improbabile da realizzare. Domina la ragione economica. Anche se talvolta la ricchezza porta con sé danni e disagi. Come quelli evidenziati dal Vescovo. Impossibile fermare la travolgente ascesa del Prosecco. Appare duro anche l'approdo a una mediazione. É vera guerra tra la Chiesa e i viticoltori di Vittorio Veneto.