C’è chi dice che la Decrescita felice sia il Santo Graal per conservare la vita su questo Pianeta. Tuttavia, in prima approssimazione ci sarebbero da far quadrare alcuni conti non proprio banali. Vediamo quali. In primo luogo, convincere Greta Thunberg che, oltre a inutili sfilate di parata per un mondo più green, le moltitudini di giovani folle che sfilano in suo nome e al suo richiamo, come tanti topini del Pifferaio magico di Hamelin, dovrebbero dimostrare di saper rinunciare almeno al 50 per cento dei loro consumi superflui. Il che significa, in pratica, mettere in seria crisi le multinazionali che producono cellulari e altri device per l’utilizzo di Internet, nonché quelle dell’automotive, dato che solo la bicicletta e fare la strada a piedi rappresentano l’unica energia pulita al cento per cento. Se poi imitassero le giovani generazioni anche la maggior parte di adulti che vivono di beni non essenziali prodotti dalla macchina produttiva della Globalizzazione, allora questa, che sarebbe una condotta più che ortodossa per realizzare molte delle condizioni della Decrescita felice, provocherebbe una caduta dell’occupazione nel mondo, con la perdita di parecchie centinaia di milioni di posti di lavoro.

Con che cosa si rimpiazzano? Con il Reddito di Cittadinanza? Sì: ma pagato da chi, visto che i produttori di ricchezza (lavoratori e imprenditori) non ci saranno praticamente più? D’altra parte, come nota Raffaele Alberto Ventura nel suo interessante editoriale pubblicato dal quotidiano Domani, otto miliardi di persone “non” possono aspirare a divenire dei borghesi medi (quindi, con quei livelli di reddito medio!) come lo sono oggi quelli occidentali. Perché, un conto banale (e qui siamo al secondo) dimostra che la Terra e il suo ecosistema ne uscirebbero completamente distrutti ben prima della fine del processo di borghesizzazione dell’intero pianeta. La stessa contabilità quindi ci dice che “non” è possibile nessuna crescita economica illimitata.

Paradossalmente, oltre all’energia motrice umana (podismo, ciclismo), nel mondo attuale ne esiste soltanto una che risponde ai canoni delle emissioni zero: l’energia nucleare di ultima generazione e quella futura (ottima!) della fusione nucleare. Invece, tutte quelle considerate pulite per definizione, come l’eolico e il solare, hanno due pesanti controindicazioni. In primo luogo, consumano terreno e territorio, oltre a essere piuttosto ingombranti, come nel caso dei piloni e delle immense pale necessari a far girare la macchina dell’eolico. Secondariamente, per produrre energia hanno bisogno rispettivamente di molto vento e di sole, che però madre natura ha fabbricato in modo casuale: un momento ci sono, in quello immediatamente successivo invece no. La vera alternativa, per la verità, sarebbe quella di costruire megaturbine sottomarine per sfruttare (quello sì che non dipende da fattori meteorologici!) il processo delle maree. Certo, purtroppo le scorie nucleari pericolose decadono in qualche millennio, però nessuno vieta di portare in orbita con navette spaziali senza pilota (recuperabili, quindi) carichi di qualche tonnellata per volta, e poi espellerli in direzione del Sole che sa, obiettivamente, cosa farne e non si dispiace certo di riceverli, al contrario delle collettività locali di tutto il mondo.

Uno scienziato che si volesse divertire e fare divulgazione a carattere social-popolare potrebbe calcolare tutte le risorse finite della Terra in TeraGev (ricordando che, in base alla famosa equazione di Einstein E = mc2, massa ed energia sono equivalenti!), e poi dividerle per il consumo che ne fa in tutta la sua vita un borghese medio (sottraendo però la sua parte del riciclo, per fare un conto al netto), per calcolare quante generazioni ci vogliono per esaurire tutte le scorte di energia disponibile. Basterebbero, verosimilmente, pochi secoli per estinguerci tutti quanti per colpa esclusivamente nostra. Quindi, poiché vale il detto latino “in medio stat virtus”, l’algoritmo da trovare sta in una via di mezzo tra globalizzazione integrale (= otto miliardi di borghesi medi) e pauperismo programmato da Decrescita felice. Dunque, quale potrebbe essere la necessaria mediazione tra il troppo e troppo poco?

Quella dei… vasi comunicanti. Il meccanismo relativo funzionerebbe pressoché così: noi emisfero del Benessere scendiamo nelle nostre pretese di welfare e nei consumi, tanto quanto aumenta l’analogo livello del resto del mondo, popolato dai due terzi di umanità che costituisce gli have-not. Occorre cioè trovare una funzione altruistica (in questa parte progredita del globo, lo si fa con molti decenni di educazione delle masse) per cui è accettabile trasferire consensualmente milioni di posti di lavoro alle regioni depresse del mondo, cedendo i nostri TeraGev, in modo che il sistema dei vasi comunicanti dell’umanità pareggi esattamente il livello del liquido contenuto all’interno dei vari invasi (continenti). Oggi, con le delocalizzazioni industriali verso l’Asia in particolare si è prodotto lo stesso effetto, facendo fuoriuscire dalla miseria più nera parecchie centinaia di milioni di contadini cinesi. Processo che, tuttavia, non guidato e non spiegato, ha portato alla nascita dei populismi, a causa del progressivo impoverimento e marginalizzazione della classe media occidentale.

Un algoritmo equilibrato, invece, avrebbe agito attraverso una massiva riqualificazione professionale, indirizzando progressivamente il surplus di manodopera verso nuovi impieghi interni a bassissimo contenuto di energia, come quelli che continuano a nascere nell’ambito della digitalizzazione del fare umano. La politica farebbe bene a sviluppare un pensiero che abbracci almeno le tre prossime generazioni!

MAURIZIO GUAITOLI