Gente d'Italia

Allarme Istat, 5.000 borghi d’Italia sono a​ rischio estinzione, al Sud la maggior parte

 

di Franco Esposito

 

Borghi d'Italia senza uguali al mondo. Borghi d'Italia a rischio, ma di cosa? A rischio estinzione. Uno, due, dieci, cento in pericolo? Tremila in tutta Italia, al Sud la maggior parte dei borghi antichi indiziati di possibile sparizione. Emigrazione, frane e terremoto hanno creato tante Pompei del '900. Un'Italia non piccola, ricca comunque di fascino, suggestione, storia, civiltà, che potrebbe non esserci più, da un momento all'altro. Il quotidiano il Mattino ne ha fatto l'oggetto di un'inchiesta.​

 

Il Sud perde pezzi, si spopola. La gente fugge in cerca altrove di lavoro o per reazione alle calamità naturali, come frane e terremoti. Nel Mezzogiorno d'Italia i paesi diventati fantasma cominciano ad essere davvero tanti. Diciassette in Campania. Dove l'ultimo accertamento Istat ha quantificato in un anno una diminuzione tra i residenti nella misura del 4,9 per mille. I peasini si spopolano, muoiono i borghi d'Italia.​

 

L'allarme è partito dall'Istat. Sarebbero più di cinquemila i borghi d'Italia in odore di estinzione. Paesi praticamente in piena implosione, causa edifici in rovina divorati dalla vegetazione. “Dei cinquemila paesi italiani in spopolamento, tremila sono a rischio estinzione. Il pericolo maggiore riguarda, ovviamente, il Mezzogiorno d'Italia”, l'allarmante previsione è apparsa in uno scritto di Francesca Pirlone, docente universitaria a Genova.​

 

Docente universitario a sua volta a Firenze, Luca Di Figlia parla con assoluta certezza di diciannove paesi già abbandonati in Calabria, quindici in Abruzzo, sei in Campania, uno in Basilicata e Puglia. “Le cause dell'abbandono che cresce? Alcuni discendono da calamità naturali, come frane e terremoti, altre da cause non naturali. Emigrazione, opere pubbliche, inagibilità”. Una varietà di motivi che inducono le persone ad abbandonare il borgo natio.​

 

Gambatesa, comune molisano al confine con la Puglia, è sceso in venti anni da 1.756 a 1.290 abitanti. Carmelina Genovese, il sindaco del borgo, è impegnata nella salvezza della scuola elementare. “Altrimenti il mio paese scompare”. A Gambatesa, tre anni fa, un operaio è morto sul lavoro, e lei è finita sotto processo per omicidio colposo. “Centrale nella mia battaglia da sindaco, il problema di Gambatesa è serissimo. Elementari e medie sono ridotte al lumicino. Quest'anno ci saranno appena tre classi. Una con otto bambini, accorpa la prima e la seconda elementare: un'altra con sedici alunni di tera, quarta e quinta; una solo di media con diciassette bambini di prima, seconda e terza. In queste condizioni, viene meno la qualità dell'istruzione”.​

 

Un grido di dolore che si basa su un'amara considerazione. “Tutti i governi si riempiono la bocca di iniziative per le aree interne, poi applicano forme di accorpamento di classi come se i bambini fossero numeri”.​ Questo è un tipo di abbandono del borgo. Ma​ ne esistono altri. Come le cause geologiche nel territorio dell'Aspromonte, le frane e i terremoti in Campania. Undici paesi, per alluvioni e frane, furono evacuati tra l'Aspromonte e la Valle del Belice, nel ventennio '50-70. Ricostruiti poi altrove, da Africo Vecchio a Gibellina Vecchia fino a Zoparto. Nomi che nulla dicono a gran parte degli italiani. Ferite mai saturate, mai chiuse, ricordi di tragedie. Evacuato tra il 1971 e il 1973, per inondazioni e frane, Roghudi in provincia di Reggio Calabria, fu sostituito con una nuova Roghudi, vicino a Melito Porto Salvo. Un borgo senza storia, ridotto a dormitorio privo di anima.​

 

Apice, in provincia di Benevento, è etichettata come la Pompei del '900. Abbandonato nel 1962, dopo un terremoto che causò diciassette vittime. Borgo antico di origine romana, i 16.500 abitanti furono trasferiti in un nuovo sito realizzato sulla collina di fronte. Ma qualcuno non accettò di lasciare il luogo natio, rimase ad Apice Vecchia. Come il barbiere del Paese, a suo rischio dichiarato fino al 2013.​

 

Aquilonia, in provincia di Avellino, a ridosso del Volture,​ è diventata un parco della memoria. Il tempo si è fermato, come pure a Castelpoto, non lontano da Benevento, abbandonata dopo il terremoto dell'Ottanta.​ Idem Tocco, nel Sannio. Devastata dal sisma di quarantuno anni fa, l'Irpinia ha il maggior numero di paesi fantasma. Castelpoto, Conza della Campania, Melito Irpino, Senerchia, Romagnano al Monte. Paesi presepi: se ne discusse ai tempi, e a lungo, non senza esplosioni polemiche, se ricostruirli o evacuarli e rifarli altrove da zero. Nuovi paesi senza storia.​

 

Il problema dei paesi al Sud diventati spettrali è comune ​ a buona parte d'Italia. Tremila​ borghi a rischio sparizione sono un drammatico fatto, non una supposizione o un'invenzione. Parlano i numeri, e l'urlo è un allarme. Il fenomeno merita l'attenzione generale, facciano qualcosa quelli che hanno nelle loro mani le sorti del Paese Italia.​

 

Tornando al dramma del Sud, risultano chiaramente spopolate Croce, San Felice e Fondola, in provincia di Caserta; San Severino di Centola, meta notevole del turismo anche internazionale, in Cilento. Location di tre film di Mario Martone, Roscigno nel Salernitano è stata abbandonata per sempre nel 1961. Senza contare i paesi svuotati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Sui borghi abbandonati ha dedicato ricerche appassionate e un sito, “Musei a cielo aperto”, il geologo napoletano Fabio di​ Bitonto. “Le sciagure e le storie dei paesi abbandonati potrebbero diventare occasioni. Ma occorrerebbero investimenti e attenzioni dei ministeri”.​

 

Campa cavallo, mentre tremila borghi d'Italia rischiano di sparire.​

 

Un triste destino incombe minaccioso, fatto di abbandoni e spopolamenti. Gli abitanti se ne vanno.​ In Campania, ogni giorno, novanta campani abbandonano la loro regione per motivi di studio, lavoro, salute.​

 

Numeri che sono condanne.​

 

 

Exit mobile version