di Franco Esposito

Non è finita, proprio no. Pesanti rincari annunciati nelle bollette di luce e gas, la stangata arriverà anche a tavola. Verso l'aumento dei prezzi di pane e pasta. Il conto diventa salato causa i rincari sui consumi: acciaio e petrolio alle stelle, le imprese in ginocchio. Finisce qui? Certo che no: l'impennata riguarda anche i trasporti per l'edilizia, automotive ed elettrodomestici. Il costo per le famiglie? Fino a duemila euro. Sì, tondi tondi.

Centodieci per cento la misura prevista per il rincaro dell'acciaio; 113% per lo stagno; il ferro aumenterà dell'88,2%; il rame del 73,4%; il prezzo dell'alluminio crescerà nella misura del 36%; lieviterà del 38% il nickel. Un autunno caldisssimo è in arrivo. Cresceranno i costi per le imprese, l'ipotesi più banale è di un +2,3%. Andranno in sofferenza l'agroalimentare, pane e farina, (+1,5%), i prodotti petroliferi (+18%), legno e vernici (+1.4), fiori e vivai (+10%), gli elettrodomestici (+,9%).

Rincari a due cifre a tavola, farine e grano annunciano l'impennata. I panificatori lanciano l'allarme, sugli aumenti incide il calo di export da Usa e Canada. Il rischio è di un balzo fino a un euro al chilo. I prezzi dei beni di prima necessità si apprestano a raggiungere livelli record. Con sommo dispetto dagli italiani, già avviliti, non solo frastornati e disperati, dagli aumenti annunciati diluce, gas, acqua. L'unica a non aumentare è la busta paga, quando c'è, e con essa le pensioni. Come faremo, nessuno lo sa.

La tempesta perfetta sta per abbattersi sul carrello della spesa. In virtù della combinazione tra l'aumento della domanda e il boom del costo delle materie prime. In preda al panico i panificatori. In Campania sono circa quattromila. La regione rappresenta il fulcro della produzione, con il più alto consumo in Italia di pane e affini. Un incremento di questa entità comunque non si era mai verificato. Facile pensare a possibili speculazioni, come già accaduto all'epoca del primo lockdown.

La semola ha raggiunto un prezzo fra i trentacinque e i quaranta euro al quintale. Superano i dieci euro le farine tenere. Prezzi che non possono essere sostenuti dai panificatori. In giro è forte la preoccupazione e non si avverte alcuna possibilità di riduzione per il futuro. I costi delle materie prime – ovvia considerazione – sono destinati a ricadere sui consumatori, determinando l'aumento del prezzo del pane.

I panificatori chiedono un immediato intervento delle istituzioni. Denunciato dai fornai campani, l'aumento a due cifre viene confermato in pieno da Confesercenti: calcolato a luglio 2021 un incremento dei prezzi all'origine, rispetto a luglio 2020, del dieci per cento per il frumento duro. E del 17,7% per il frumento tenero. Ecco spiegato il fenomeno che ha determinato l'aumento del prezzo della pasta, prima ancora di quello del pane.

Per gli italiani è come ritrovarsi in un vicolo cieco. Negli ultimi tre mesi sono aumentati tutti i prezzi. Quello della farina è sul punto di lievitare da cinque a dieci centesimi il chilo. Una notizia non buona, annunciata e diffusa dai rappresentanti dei mulini. Una via di uscita non c'è, non si intravvedono alternative. O i mulini si adeguano o il prezzo del pane aumenterà in maniera esponenziale, un euro in più rispetto all'1,80 attuale.

Il problema interessa tutta Italia, ma in Campania è particolarmente sentito. A Salerno, con la farina aumentata di venti euro al quintale, il prezzo del pane crescerà almeno di cinquanta centesimi. Si prevedono inoltre ulteriori rincari a dicembre. Confesercenti presta grande attenzione alle possibili speculazioni. La situazione rischia di diventare insostenibile sul piano dei prezzi in tutto il Paese. Gli aumenti di pane e pasta vanno ad aggiungersi ai rincari di luce, gas e acqua. Se le condizioni sono quelle annunciate, i fornai non possono esimersi dall'aumento dei prezzi al dettaglio.

Di base, necessita un'azione di vigilanza sui prezzi all'ingrosso ed evitare operazioni speculative sulle materie prime. Appare comunque difficile, se non impossibile, continuare a mantenere stabili i prezzi di pane e prodotti da forno. Tra i beni di prima necessità, il prezzo della pasta è già aumentato, da 3,6 a 4 euro il chilo, per il costo della semola. "Decisione dolorosa, ma non evitabile", sottolinea il responsabile commerciale del pastificio "Il re della pasta" di Gragnano, Gianni Pacella.

Intanto, sono saliti in maniera vertiginosa anche i prezzi dei pomodori, da trentacinque a sessanta centesimi. Il rincaro è attribuibile al costo della banda stagnata della lattina. "Il prezzo di un piatto di pasta al pomodoro è quasi raddoppiato". Allegria, gente. Mangiare e campare diventa ogni giorno più difficile, in questa nostra Italia.

L'impennata registrata tra luglio e agosto ha determinato l'arresto dei prezzi del grano duro nazionale in avvio di settembre. Ma i prezzi attuali prossimi ai cinquecento euro per tonnellata - +60% rispetto al 2020 – sfiorano i livelli da primato dei primi mesi del 2008. Incide tra gli altri la possibile riduzione di oltre tre milioni di tonnellate per il raccolto del Canada, il maggiore produttore ed esportatore mondiale, e degli Stati Uniti. Nazioni duramente colpite dalla siccità estiva.

I prezzi del grano tenero rimangono molto elevati. In crescita del trentacinque per cento rispetto al 2020. Se in Italia non siamo rovinati, ditemi voi cosa siamo.