DI PIERPAOLA MELEDANDRI

Nella primavera del 1870 la situazione in Italia sembrava stabile e definitiva. Il giovane Regno aveva da anni rinunciato a Roma. La Capitale dal 1864 era stata trasferita da Torino a Firenze e l’Urbe era destinata a rimanere per sempre in mano alla Santa Sede, in quanto era protetta dalla Francia che presidiava Roma con un notevole contingente militare: marciare su Roma avrebbe significato così scendere in campo contro una delle maggiori potenze europee. Nel contempo, il Regno di Prussia era ormai una grande potenza, nel 1866 aveva umiliato l’impero austro-ungarico e ora ambiva ad annettersi le regioni di confine dell’Alsazia e della Lorena. Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen, Primo ministro del Regno di Prussia dal 1862 auspicava lo scontro con l’Impero francese di Napoleone III, cosicché imbastì una vera e propria trappola diplomatica per far sì che fossero i Francesi stessi ad aprire le ostilità. Il “Cancelliere di Ferro” ordì la sua trappola il 13 luglio con il celebre telegramma di Ems, un messaggio breve e provocatorio, scritto a nome del re di Prussia che indignò i Francesi, i quali dichiararono guerra ai teutonici. Il 14 luglio la Francia, certa della vittoria, iniziò la mobilitazione generale e pochi giorni dopo le armate francesi partirono per il fronte. Per l’impero di Napoleone III fu un disastro: il 6 agosto l’armata del generale Mac Mahon fu distrutta e 14 giorni più tardi il resto dell’esercito francese fu sbaragliato a Metz. I Prussiani il 25 agosto, non avendo più ostacoli davanti, iniziarono a marciare su Parigi. L’impero francese si sbriciolò e la Francia fu proclamata Repubblica.

Ormai la città di Roma dello Stato della Chiesa non aveva più protettori, il campo era libero e il 20 settembre 1870 alle ore 5,10 del mattino, l’artiglieria italiana aprì il varco di Porta Pia da cui passarono i bersaglieri. Le truppe dello Stato della Chiesa opposero una resistenza solo formale cosicché la conquista dell’Urbe fu atto di guerra di scarso rilievo. Fu però fondamentale da un punto di vista simbolico, storico, politico e ideologico, perché rappresentò la realizzazione del sogno risorgimentale e completò la riunificazione del Paese. Pio IX emanò il Non expedit col quale vietava ai cattolici la partecipazione a qualunque titolo alla vita politica del Regno d’Italia, considerato arbitrario, frutto della violenza con la quale il nuovo stato aveva messo fine al millenario regno di san Pietro. Solo 25 anni dopo Pio X, con la Fermo proposito consentì ai fedeli di partecipare attivamente alla vita politica.

Il 20 settembre 1870 rappresentò l’inizio di un tentativo di edificare in Italia uno stato compiutamente laico, proposito che probabilmente non si è mai completamente realizzato. Laico non significa essere contrario o ostile a una fede religiosa, al contrario è l’unico modo per consentire, nella tolleranza globale, nella tolleranza di tutti, che ogni culto possa essere liberamente professato. Inoltre, solo la laicità consente che la libertà di pensiero, di parola, di associazione sia del tutto rispettata. Infatti, laico è colui che sa dubitare anche delle proprie certezze; possiede la capacità di credere in alcuni valori, sapendo che ne esistono altri ugualmente rispettabili; sa impegnarsi conservando l’indipendenza critica; sa rifiutare il culto di sé. Analizzata la ricorrenza dell’unificazione del Regno d’Italia avvenuta nel tardo settembre, non resta che porre l’attenzione alla simbologia coincidente con l’avvio del periodo autunnale. L’equinozio è nel segno della Bilancia: è Segno d’aria, cardinale, che dà inizio a una stagione, è domicilio di Venere, è il segno delle relazioni umane, dell’equilibrio fra il giorno e la notte. L’Equinozio segna il momento in cui l’orbita della Terra intorno al Sole vede quest’ultimo trovarsi allo Zenit dell’equatore, l’asse di rotazione terrestre si trova perpendicolare alla direzione dei raggi solari e quindi in ogni punto del pianeta dove il Sole supera l’orizzonte la durata diurna è uguale a quella notturna.

Come lo spazio, anche il tempo non è omogeneo. Nell’usuale sfera temporale vi sono le feste, le ricorrenze che intervallano lo scorrere del tempo. La festa, la ricorrenza sono anzitutto una scadenza periodica, la conclusione di un ciclo, il più importante dei quali è quello annuale che riconduce ai primordi, ove il tempo rigenerato, viene riportato al momento iniziale. Le ciclicità stagionali scandivano le fasi di semina, di trebbiatura, della vendemmia e permettevano agli agricoltori di sentirsi parte di una comunità le cui ritualità, contraddistinte da una cultura magico-religiosa e realistico-concreta, attribuivano a tutti una precisa identità. Il risveglio, la celebrazione, il lavoro, la nascita e la morte ritmavano il comune vivere. Ogni lavoratore della terra e ogni paese celebravano riti magico-religiosi per scongiurare le calamità atmosferiche, prevedere l’andamento dei raccolti, propiziare il nuovo ciclo agricolo, preparare l’avvento della prosperità. E ciò specialmente nella stagione autunnale e poi invernale, al fine di ripristinare un senso di fiducia collettiva per un futuro migliore. Tanti significati, e simbologia tramandati “da bocca a orecchio” sono andati a costituire l’identità culturale del popolo, nel rapporto solidale con i ritmi cosmici.

Buon Equinozio a tutti noi, che la ciclicità del tempo ci rigeneri per predisporci a nuovi traguardi e sfide!