Un gruppo cui fin dall'inizio è stata data una notevole visibilità mediatica, spesso legata da episodi di controversi, come la diffusione di fake news (se non addirittura tesi complottiste) e manifestazioni di dissenso, in certi casi anche violente

 

Secondo l’ultimo report del Governo italiano, a ormai nove mesi e mezzo dall’inizio della campagna vaccinale, circa il 17,5% della popolazione nazionale over 12 (poco più di nove milioni di cittadini) non ha ancora provveduto alla somministrazione della prima dose

Fin dall’inizio della campagna, questo gruppo di persone – comunque meno consistente, da un punto di vista numerico, rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito – è stato definito “il popolo dei No-Vax”, e a questo popolo è stata data una notevole visibilità mediatica, spesso legata da episodi di controversi, come la diffusione di fake news (se non addirittura tesi complottiste) e manifestazioni di dissenso, in certi casi anche violente.

Ma considerare gli autori di questi episodi come un campione rappresentativo dell’universo No-Vax, è un errore: da lato, perché sceglie di ignorare consapevolmente una parte di cittadini che non si vaccinano semplicemente per paura o diffidenza; dall’altro, specularmente, perché rischia di associare all’intera platea di coloro che non si sono (ancora?) vaccinati un’etichetta di violenza che in realtà riguarda – come vedremo – solo una limitata percentuale di quell’universo.

Le ragioni che portano alcuni cittadini a non vaccinarsi vanno indagate, sia al fine di comprendere i dubbi che ne pregiudicano le scelte, sia per individuare una strategia comunicativa che possa risolvere le loro incertezze. Proviamo allora a rispondere a uno stimolo mosso, tra gli altri, dall’economista Tito Boeri, che di recente su Repubblica ha invitato a quantificare, analizzare e classificare il variegato universo No-Vax,.

Lo facciamo ripercorrendo alcuni degli eventi chiave di questa campagna vaccinale, e incrociandola con i sondaggi d’opinione che ne hanno valutato l’entità e l’impatto. Già a metà marzo, ad esempio, a seguito della sospensione, da parte della Germania (poi imitata da altri Paesi europei, fra cui l’Italia) del vaccino AstraZeneca, è emersa limpidamente la paura di un’ampia fetta della popolazione a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anglo-svedese: secondo i dati Ipsos di marzo, addirittura il 44% degli italiani, comunque decisi a fare il vaccino, avrebbe rifiutato di farsi inoculare AstraZeneca; e secondo le stime di Euromedia, per il 31,1% degli intervistati quello di AZ sarebbe stato un vaccino più pericoloso di tutti gli altri. Una reazione tutto sommato proporzionata all’allarmismo che in quei giorni permeava il sistema dell’informazione e orientava le scelte governative: in questa vicenda, è molto difficile attribuire ai cittadini elementi riconducibili a uno spirito “complottista”.

La paura, infatti, è (stato) un sentimento comune anche ai Si-Vax: sempre secondo Euromedia, in un sondaggio del 9 aprile, oltre a un 34,2% degli italiani che non voleva farsi vaccinare con AstraZeneca, si registrava un 33,3% che si sarebbe sottoposto alla somministrazione, ma dicendosi comunque in qualche modo impaurito.

Insieme a una frangia No-Vax descritta come violenta e complottista, si è quindi formato nella società un ampio, trasversale – e più silenzioso – settore di cittadini che provavano un sentimento di paura e diffidenza ben giustificati da una gestione comunicativa confusa e allarmistica che ha contraddistinto la prima fase della campagna vaccinale (e giudicata negativa, peraltro, dagli stessi italiani: il 62%, secondo un sondaggio di giugno realizzato da Antonio Noto).

Alla luce di questi dati, era già quindi facile ipotizzare come la paura – già evidentemente vissuta fra coloro favorevoli al vaccino – fosse un sentimento dominante anche all’interno dell’universo No-Vax. La sensazione è stata poi confermata da un sondaggio SWG del 25 luglio, il primo a provare ad analizzare nel dettaglio le motivazioni che hanno spinto questa frangia della popolazione a non vaccinarsi: limitatamente quindi al solo campione di No-Vax (quantificato nel 15% degli italiani) ben il 58% degli intervistati si diceva timoroso di effetti collaterali gravi, mentre il 54% era dell’opinione che i vaccini non fossero stati testati a sufficienza.

Paura e diffidenza, dunque, decisamente prevalenti rispetto a tesi più “complottiste”: solo il 25%, infatti, affermava di non fidarsi di medici e scienziati; e una percentuale ancora più irrisoria – l’8% – si diceva non interessato alla somministrazione perché “il Covid non esiste”.

Questi dati sono stati in qualche modo confermate da un’ulteriore ricerca, realizzata lo scorso 26 luglio da Demopolis, secondo cui, tra chi non si era ancora vaccinato, la mancanza di fidicia legata al timore di effetti collaterali costituiva di gran lunga la prima motivazione, con il 45% delle citazioni.

Tutti questi dati – gli unici attualmente disponibili – ci dicono che le persone che appartengono a quello che viene definito “il popolo dei No-Vax” hanno delle motivazioni molto più complesse di quanto non appaia dal dibattito pubblico, nel quale sembra “pesare” in misura molto maggiore, e decisamente sproporzionata rispetto al suo peso effettivo, la componente più radicalizzata, decisamente minoritaria.