Il dibattito intorno al reddito di cittadinanza è acceso ed è una buona notizia, perché significa che nel sistema si discute con vivacità (sempre meglio una parola in più che una in meno).

Siccome però il tema riguarda gli addetti ai lavori ma anche l'insieme dei cittadini, ha un gran senso vedere coma la pensano gli italiani, peraltro titolari dell'utilizzo dello strumento.

Per fare questo ci viene in soccorso SWG con dati freschissimi e per giunta assai interessanti che esponiamo partendo da un numero piuttosto sorprendente, cioè quello di chi dichiara che le cose vanno bene e non c'è motivo di cambiarle: così la pensa solo il 6 % della popolazione, dato che dovrebbe indurre a profonda riflessione i difensori a spada tratta dello "status quo" (M5S in testa). 

C'è poi una vasta area "riformista" che chiede cambiamenti parziali (li vuole il 31% degli italiani, con forte prevalenza tra gli elettori M5S) o che vuole mutamenti più radicali (25%, opzione ben vista nel Pd).

Infine c'è un dato molto significativo, espressione chiarissima delle preferenze a destra (FdI e Lega). È quel 33% che vorrebbe l'abolizione tout court dello strumento.

Ebbene cosa ci dicono sul piano politico questi numeri?

Tre cose, cercando di semplificare.

La prima è che Renzi con il suo referendum guarda a destra in termini di bacino potenziale sia per la raccolta delle firme che per l'eventuale risultato finale.

La seconda è che Salvini, forte della scarsa popolarità dello strumento (soprattutto al nord) continuerà ad usarlo in chiave polemica per tenere sotto pressione Draghi e il suo governo.

La terza è che il M5S terrà il punto, ma faticherà a recuperare consensi in questo modo, poiché si tratta di una battaglia di bandiera, ma poco capace di riportare a casa elettori fuggiti.

In mezzo c'è Draghi, allo stato in grado di volare alto senza curarsi troppo di ciò che accade sul terreno della polemica di giornata. Non sarà il dibattito sul RDC a impensierirlo né ora né mai.