di Luigi De Gennaro

Il termine Long-Covid-19 identifica una complessa sindrome che caratterizza lo stato di salute delle persone che hanno contratto la malattia e che, a distanza di mesi dalla fine della stessa, continua a manifestare delle conseguenza negative per lo stato di salute. Sebbene la sindrome sia principalmente presente nei sopravvissuti alla forma grave e critica della malattia, essa è stata descritta anche in persone che hanno contratto forme più lievi che non hanno richiesto l’ospedalizzazione. Al momento attuale, non sono stati ancora definiti con chiarezza come fattori di base come il sesso, l’età, il livello virale, le preesistenti condizioni di salute o la progressione del Covid possano influenzare il rischio di sviluppare sintomi da Long-Covid-19.

È evidente che dovremo occuparcene sempre più nei prossimi mesi. E’ evidente che è necessario che si sviluppino maggiori ricerche sulla sindrome.

Uno studio recente ha passato in rassegna quanto sin qui documentato dagli studi scientifici, considerando un totale di 47.910 persone affette da Long-Covid. In totale, sono stati identificati 55 diversi effetti a lungo termine del Covid. La sintesi è fornita molto chiaramente dall’infografica.

Le manifestazioni cliniche più comuni sono nell’ordine: sensazione di affaticamento (nel 58% dei casi), mal di testa (44%), disturbi dell’attenzione (27%), perdita di capelli (25%), dispnea (24%), perdita o alterazione del gusto (23%) e dell’olfatto (21%).

Dal momento che una serie ormai ampia di studi ha documentato l’impatto della pandemia sul sonno, sui ritmi biologici, sui disturbi respiratori durante il sonno, studiando le loro associazioni con il confinamento sociale, il rischio di esposizione al Covid-19 e le condizioni psicologiche (ansia, depressione, stress post-traumatico), non sorprende di riscontrare un 19% di disturbi del sonno anche nel Long-Covid (se si somma il 11% di generici riscontri di disturbi del sonno e l′8% di apnee del sonno).

Per questo è stata avviata una collaborazione internazionale che coinvolge numerosi esperti del sonno di tutto il mondo (in totale 18 Paesi europei e extra-europei: Austria, Brasile, Canada, Cina (e Hong Kong), Croazia, Finlandia, Francia, Israele, Germania, Giappone, Italia, Norvegia, Regno Unito, Stati Uniti, Polonia, Croazia, Svezia, Bulgaria) sulle conseguenze a lungo termine sul ritmo sonno-veglia della malattia. Lo scopo ultimo di questo grande e unico progetto internazionale è di fornire una base comune di conoscenze, soprattutto relativamente alle conseguenze notturne e diurne, che permetterà più efficacemente di pianificare interventi e trattamenti di questa sindrome. Tutti possono dare un contributo a questo sforzo internazionale, sia che non siano entrati a contatto con il virus, sia (soprattutto) se hanno avuto il contagio nelle sue varie forme (da semplice asintomatico fino al ricovero in terapia intensiva).

Per fornire il proprio contributo e partecipare allo studio internazionale, questo il link.

Tutti ci auguriamo di poter prestare sempre meno attenzione ai nuovi casi di contagio, per i successi della campagna vaccinale e delle misure adottate. D’altra parte, con l’auspicabile diminuzione di interesse e preoccupazione per i contagi, diventerà sempre più evidente che dovremo fare i conti, in misura ancora non conosciuta, con la sindrome del Long-Covid ed è quindi importante sviluppare quanto prima conoscenze e metodi terapeutici adeguati.