DI LUCA BIANCO

Tutti si aspettavano di leggere i nomi di Ugur Sahin e Oezlem Tuereci, i due scienziati turchi, marito e moglie, che hanno sviluppato insieme a Pfizer il vaccino Biontech contro il Covid. E invece, alle 11 e 33 di lunedì 4 ottobre, il colpo di scena: su Twitter, l’account ufficiale del Premio Nobel annuncia David Julius e Ardem Patapoutian come vincitori alla Medicina di quest’anno. Due scienziati americani che con le loro scoperte hanno spiegato al mondo scientifico come la nostra pelle sia in grado di percepire il caldo e il freddo e trasmettere quella sensazione al cervello. Una ricerca che troverà applicazione in molti trattamenti medici, come quello contro il dolore cronico. Una grande scoperta.

Pochi minuti dopo l’annuncio, sono già decine i commenti degli utenti Twitter scandalizzati dalla scelta dei vincitori. “Secondo le ultime volontà dell’ideatore, Alfred Nobel, il premio va assegnato a coloro che hanno contribuito più di tutti, nell’anno precedente, al benessere dell’umanità” ha twittato Anders Huitfeldt, docente di medicina applicata in un’università danese. “Ci troviamo in una pandemia globale e le nuove scoperte sull’RNA messaggero, raggiunte nell’ultimo anno, hanno reso possibile un vaccino efficace. Siamo sicuri che la decisione di quest’anno sia coerente con le ultime volontà di Nobel?”. Le critiche sono arrivate anche dall’Italia: “È una grande delusione. Avrebbero dovuto vincere gli scienziati che hanno sviluppato la tecnologia a mRNA. Forse il Nobel è ormai anacronistico” ha affermato Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive del Policlinico di Genova, spesso ospite in diversi talk show sulla TV italiana.

Erano tanti, nel mondo, a pensare che la vittoria di quest’anno fosse scontata: il Nobel alla Medicina 2021 doveva andare a Ugur Sahin e Oezlem Tuereci. Cioè i cofondatori della Biontech, l’azienda farmaceutica diventata famosa per aver sviluppato, insieme alla tedesca Pfizer, un vaccino contro il Covid che raggiunge un’efficacia pari al 90% delle somministrazioni. Marito e moglie, Sahin e Tuereci, due turchi emigrati in Germania da bambini, erano stati tra i primi, nel gennaio 2020, ad immaginare un vaccino. Entrambi avevano intuito che il contagio scoppiato a Wuhan, in Cina, si sarebbe trasformato in una pandemia globale. E così, in partner con Pfizer, hanno iniziato a lavorare ad un vaccino, diventato realtà già nel novembre dello scorso anno.

La vittoria del Nobel, però, non è andata a loro. Le polemiche ci stanno, ovviamente. Ma le ragioni dietro alla scelta dei vincitori di quest’anno – che non verranno rese note ancora per diversi anni, come da tradizione – possono essere tante. O meglio: tanti sono i motivi per cui i ricercatori che hanno lavorato sull’RNA che ha reso possibile il vaccino contro il Covid non sono stati premiati. La ricerca in questo ambito, d’altronde, è iniziata nel secolo scorso, durante gli anni ’80. E ha coinvolto decine di scienziati in tutto il mondo. A complicare le cose, fa notare Katie Hunt, giornalista scientifica sulla CNN, ci sono le regole che il comitato di selezione del Nobel deve seguire obbligatoriamente: un Nobel può onorare massimo tre persone coinvolte nel progetto premiato. Una norma sempre più difficile da rispettare, data la natura collaborativa ed internazionale di larga parte della ricerca scientifica di oggi.

La vittoria di Julius e Patapoutian, tra l’altro, non era prevista. Negli ultimi anni, infatti, pochi giorni prima del Nobel, si tengono altri concorsi che per importanza e prestigio sono di poco sotto a quello che porta il nome dell’inventore della dinamite. Sia il Lasker Award che il Breakthrough Prize, nel 2021, sono andati agli scienziati che hanno lavorato per scoprire il vaccino. Il Lasker, ad esempio, è andato a Katalin Karikó, vicepresidente della multinazionale tedesca BioNTech, e Drew Weissman, professore di ricerca sui vaccini all’Università della Pennsylvania, per lo sviluppo di un metodo per utilizzare l’RNA messaggero nella lotta al virus. La loro ricerca, in realtà, risale al 2005. Ma i risultati pubblicati all’epoca sono stati fondamentali negli ultimi mesi, essendo alla base del funzionamento di più vaccini.

Il Nobel doveva andare a loro? Non si sa. Anche perché, come ha sottolineato David Pendlebury, analista del Clarivate, istituto americano specializzato in informazione scientifica, il comitato che assegna il premio si è dimostrato, da sempre, molto conservatore: “A Stoccolma, di solito, aspettano minimo dieci anni, dal momento di una scoperta importante, prima di premiarla alla Medicina”. Insomma: dovremo aspettare ancora un po’ prima di scoprire il perché delle scelte di quest’anno. Detto ciò, di una cosa possiamo stare certi: non c’è bisogno di un Nobel per capire quanto è stata importante una scoperta. La riconoscenza dell’intera umanità è più che sufficiente.