di Claudio Madricardo

Il neo presidente peruviano Pedro Castillo, spesso accusato di carenza di leadership e di essere ostaggio della formazione Perù Libre e del suo leader Vladimir Cerrón, ha fatto dimettere il primo ministro Guido Bellido in carica dal 28 luglio scorso.

Fedelissimo del capo della formazione di ispirazione marxista leninista che aveva portato all'elezione di Castillo grazie all'estrema frammentazione del panorama politico peruviano, la scelta di Bellido come primo ministro aveva da subito suscitato sorpresa e aspre critiche in tutto il Paese, essendo stata letta come un successo dell'ala più intransigente dello schieramento di sinistra.

Tanto più, poi, che il nuovo primo ministro era già indagato per apologia di terrorismo per aver commemorato nel 2017 Edith Lagos, ex guerrigliera di Sendero Luminoso, il movimento di ispirazione maoista che aveva sconvolto il Perù negli ultimi decenni del secolo scorso e le cui frange superstiti, tutt'ora operanti in Perù, hanno lasciato la loro scia di sangue anche a ridosso delle ultime elezioni presidenziali.

Originario della regione di Cusco, ingegnere elettronico con una formazione economica, Bellido era approdato a Perù Libre nel 2017, incarnando l'ala del radicalismo conservatore delle regioni andine peruviane.

Sostenitore di Nicolás Maduro, si era scontrato recentemente con il Ministro degli Esteri Oscar Maúrtua, chiedendo le dimissioni del suo vice Luis Enrique Chávez che aveva dichiarato che il Perù non riconosce come legittima nessuna autorità in Venezuela.

Era anche entrato in conflitto con lo stesso presidente prospettando via Twitter la nazionalizzazione della miniera di gas di Camisea gestita da un consorzio privato. Per le sue posizioni omofobe, spesso rese pubbliche attraverso i social, si era anche attirato le critiche dei movimenti LGTBI.

In questo, del resto, in compagnia dello stesso Castillo, che non ha mai nascosto le sue posizioni anti aborto e omofobiche. Una volta dimessosi, Bellido ha dichiarato alla stampa locale di non conoscere i motivi della scelta presidenziale, sostenendo che all'origine di quanto è accaduto vi sono "i poteri fattuali, finanziari e impresariali... che vogliono governare il nostro Paese come una organizzazione che criminalizza ogni oppositore politico".

Con le dimissioni del suo polemico primo ministro, Castillo prende le distanze da Perù Libre e dal suo leader Vladimir Cerrón e si libera di un personaggio che fin dall'inizio del suo mandato si era scontrato con i partiti dell'opposizione che hanno la maggioranza del Congresso rendendo difficoltosa la navigazione del nuovo gabinetto.

Una scelta, quella di Castillo, che a lungo andare si è resa necessaria per poter assicurare la governabilità in un Paese radicalmente diviso, operata attraverso quella che a tutti gli effetti appare come una svolta moderata improntata alla necessità di "porre il Perù al di sopra di ogni ideologia e ogni posizione di partito", cui ha fatto seguire un appello "ai settori politici, economici e sociali alla più ampia unità per raggiungere gli obiettivi comuni come nazione".

Dopo aver accolto le dimissioni del proprio primo ministro, Castillo ha nominato al suo posto Mirtha Vásquez, quarantaseienne ex presidentessa del Congresso, originaria di Cajamarca, deputata dal 2020 per la formazione progressista Frente Amplio, nota per il suo impegno ambientale, la difesa dei diritti delle donne e dei diritti umani.

Guiderà un gabinetto in cui la componente femminile passa da due a cinque esponenti, mentre rimangono al loro posto il moderato Pedro Francke, riconfermato ministro dell'Economia per rassicurare i mercati, e Walter Ayala, di nuovo alla Difesa.