di Stefano Baldolini

Trascurando per un momento i motivi contingenti per cui la nipote del Duce, Rachele, abbia fatto il record di preferenze alle comunali nella capitale e anche un discreto rumore - il britannico Guardian ne rileva l’ascesa: da 657 voti nel 2016 a oltre ottomiladuecento oggi - c’è da approfondire la questione del brand Mussolini. Perché se da un po’ di tempo c’è gente che porta il suo cognome per fare politica, e riscuotere un relativo successo, va rilevato che le cose non sono andate sempre così. Anzi, c’è stata gente che il cognome Mussolini lo ha nascosto per anni per vivere in pace.

A partire dai figli di Benito che sotto falso nome hanno iniziato a lavorare addirittura durante il regime. È il caso del secondogenito e primo figlio maschio Vittorio, sceneggiatore e produttore cinematografico che con lo pseudonimo anagrammatico di Tito Silvio Mursino scrive soggetti per film come Un pilota ritorna, (sceneggiato da Michelangelo Antonioni e diretto da Roberto Rossellini) e I 3 aquilotti (tra gli attori un certo Alberto Sordi). Tito Silvio, alias Vittorio, diresse anche la rivista Cinema - sulla quale scriveva, fra gli altri, Luchino Visconti, e nel 1937, l’anno dell’apertura di Cinecittà ma anche dell’asse Roma-Berlino, volò a Hollywood per un tentativo (fallito) di partnership con gli americani.

A proposito di passioni a stelle e strisce, c’è poi Romano, jazzista di fama internazionale, che dopo la guerra suonava il piano con il nom de plume Romano Full o Raymond Full, fino all’uscita allo scoperto nel 1956 nel festival jazz di Sanremo. Effettivamente nella Dixieland nostrana il contrasto tra figlio del Duce e sonorità di New Orleans funzionava abbastanza e l’aneddotica del tempo narrano di fotografi sotto il suo letto o di una battuta fulminante di Chet Baker: “Mi dispiace per tuo padre”.

La fine della clandestinità ha portato sicuramente maggior danno e dispiacere alla figlia più piccola di Benito e Rachele, forse anche la più amata da Mussolini, che rischiò di perdere la sua Anna Maria a sette anni per una poliomelite. Il “piccolo fiore” (amorevole soprannome dato dal Duce) invece resistette a vicende mediche e storiche e negli anni Cinquanta-Sessanta arrivò a condurre sotto pseudonimo la trasmissione radiofonica Rotocalco musicale, pare anche con discreto successo fino alla cacciata dalla Rai, al disvelamento dell’inganno.

Dopo un periodo di relativa indifferenza per il rebranding fascista e il rischio revival - ci si limitava a darsele di santa ragione per strade e piazze - a riportare in auge il tema ci ha pensato la terza generazione Mussolini. È dunque il turno della celebre nipote Alessandra, nipote di Sofia Loren e figlia del musicista Romano, che dopo esser comparsa quattordicenne in Una giornata particolaredi Ettore Scola e aver affiancato Pippo Baudo alla conduzione di Domenica In, alla fine della Prima repubblica, nel 1992, si candida nel Msi a Napoli, per entrare in Parlamento. E l’anno dopo a sindaco, sconfitta solo al ballottaggio da Bassolino con il 44,4% dei voti. D’altra parte, “il nome Mussolini è sempre stato un riferimento morale e politico”, aveva preconizzato l’allora segretario provinciale della fiamma Amedeo Laboccetta.

Che poi, Alessandra, di cambiare il cognome non ci ha mai pensato. Anzi, l’ha dato anche al figlio Romano Floriani Mussolini, attuale giovane promessa della Lazio, che non ha mancato di fare polemica mettendoselo sulla maglietta. Questione di brand, dicevamo. “Il cognome Mussolini sarà perpetuato, ora mio figlio porta anche il mio nome″, annunciò a suo tempo l’allora deputata di Alleanza Nazionale al settimanale ‘Chi’. Ossessione di famiglia? Lo si può intuire dall’iscrizione all’anagrafe proprio del bisnipote del Duce. Sei nomi: Romano e Maria, come i nonni materni, Benito come il bisnonno, Mauro come il padre, Magid come il secondo marito della nonna materna e Andrea, come il marito della zia Elisabetta.

Aspettando le gesta della sorellastra Rachele, che per ora minimizza (“Non ho vinto per il nome”), ma che non teme di scottarsi con la fiamma ereditata (in un recente 25 aprile ha provocato sui social: “Oggi festeggio solo San Marco”), vale la pena ricordare che Alessandra Mussolini stava per denunciare un incauto funzionario del Campidoglio di Virginia Raggi che l’aveva chiamata per suggerirle il cambio in Massolini. Seguì smentita. Probabilmente era uno scherzo. È reale invece quanto accaduto a Genova nel 2018, quando la Procura ha convocato la famiglia Mussolini. Avevano chiamato il figlio Benito. E non erano neanche parenti.