Bello. Tutto molto bello. Mario Draghi dice che intende «ridurre il carico fiscale» e che l’obiettivo principale è «abbassare le tasse per favorire il lavoro»: ottimo. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, spiega che, dall’Irpef all’Irap, «ogni intervento dovrà avere opportuna copertura»: giusto. Parole sacrosante quelle pronunciate per presentare la delega fiscale approvata dal Governo. Un disegno di legge monstre che prefigura una riforma organica dell’intero sistema, con l’obiettivo di riscrivere tutte le principali imposte: dall’Irpef all’Irap, dall’Ires all’Iva. La riforma riguarderà famiglie e imprese e la sua stella polare sarà duplice: semplificare il sistema e abbassare le tasse per provare a spingere l’occupazione.

Insomma: meno Irpef, più lavoro. Intenzione lodevole, ma il vero problema di cui nessuno parla riguarda le risorse. I soldi messi a disposizione dall’Esecutivo non bastano a realizzare neanche uno di questi nobili propositi. Al momento, infatti, ci sono appena 2 miliardi, cui si potranno sommare i proventi della lotta all’evasione (un “tesoretto” che la Nadef cifra in 4,3 miliardi). Briciole che non bastano praticamente a fare nulla. Come ha ricordato anche la Corte dei Conti, «le generalizzate aspettative di una riduzione del carico fiscale nel settore dell’imposizione personale sui redditi trovano un evidente limite nelle risorse disponibili».

Tradotto: l’acqua è poca, e pensare che la papera della riduzione fiscale vi possa galleggiare dignitosamente è pia illusione. La riforma del catasto resta un errore clamoroso e una patrimoniale occulta (Salvini su questo ha ragione da vendere), ma aver sterilizzato qualsiasi aumento delle tasse sulla casa fino al 2026 la mette in questo momento in secondo piano e crea lo spazio per modifiche future. Meglio pensare a come ridurre nell’immediato Irpef e Irap. Dove reperire i denari necessari a finanziare un taglio fiscale che, per essere significativo, dovrebbe avere una magnitudo 10 volte più grande dei 6 miliardi e rotti finora disponibili?

Nella Nota di aggiornamento al Def il Governo assicura che la politica di bilancio resterà espansiva fino all’inizio del 2024. Il problema, però, è stabilire i confini entro i quali deve muoversi questa politica espansiva. A tal fine, l’Esecutivo deve innanzitutto stabilire che tutte le misure espansive siano concentrate in investimenti e riduzione delle tasse; in secondo luogo deve imporre categoricamente che ogni maggiore spesa corrente dovrà essere finanziata con la riduzione di altre spese. È proprio questo il tasto dolente. Per essere davvero efficace, la prossima manovra dovrà basarsi su spostamenti di spesa pubblica per mettere mano finalmente ai 50 miliardi di sprechi e malversazioni che si nascondono tra le pieghe del bilancio. Ma per farlo occorrono decisioni politiche forti.

Abolire subito gli 80 euro introdotti da Renzi; cancellare il Reddito di cittadinanza che così com’è non crea un solo posto di lavoro; non rifinanziare il prepensionamento dei garantiti di Quota 100 facendone pagare il costo ai giovani; tagliare i contributi a fondo perduto e destinare tutti questi risparmi alla riduzione delle tasse. Lo Stato ha distribuito nel 2019 oltre 50 miliardi di fondi perduti, che l’anno scorso sono lievitati a 55 e quest’anno ne ha sborsati altri 50. Si tratta di risorse già scritte a bilancio, che in molti casi servono a tante iniziative meritorie di sostegno all’economia e ai settori che più hanno bisogno, ma dietro le quali troppe volte si nascondono ruberie e clientele.

Possibile che non si riesca ad intervenire? Che non si possa discernere? Si conservi ciò che funziona, cioè che produce per davvero reddito e Pil, ma si elimini tutto il resto. Se l’avessimo fatto, solo negli ultimi 3 anni avremmo risparmiato parecchie decine di miliardi di euro che oggi potremmo investire per tagliare le imposte. Bisogna cominciare subito. Solo così potremo finanziare un piano organico di riduzione dell’insopportabile pressione fiscale. E per questa via rilanciare l’economia in maniera davvero duratura. duratura.

VINCENZO NARDIELLO