Va dato atto a Mario Draghi e Sergio Mattarella di essersi mossi con misura e sobrietà dopo l'assalto eversivo di sabato scorso alla sede della Cgil. Facendo l'unica cosa che in questo momento andava fatta: gettare acqua sul fuoco, placare gli animi.

Sia perché, come ha detto Giovanni Orsina in una intervista a questo foglio, i gruppi di Forza Nuova sono una "infima minoranza" di cui uno Stato forte non può avere paura; sia perché quello di sabato è stato soprattutto un problema di gestione dell'ordine pubblico, dimostratasi ancora una volta lacunosa (qualcuno fra gli assalitori, vecchia conoscenza delle forze di polizia, era addirittura "sotto sorveglianza"!).

Non poteva perciò dire meglio il capo dello Stato nel parlare di "forte turbamento, non preoccupazione". Perché è chiaro che l'assalto a una sede sindacale turba in quanto lavora sull'immaginario degli italiani e rimanda simbolicamente a momenti infelici della storia patria. Ma da qui a paragonare la nostra situazione a quella di cento anni fa, ce ne corre.

Anche il presidente del Consiglio, compiuta la visita istituzionale e dovuta alla Cgil, è stato molto cauto, rimandando alla collegialità del governo e alla necessaria discussione politica la decisione sul provvedimento chiesto da Maurizio Landini di scioglimento delle forze neofasciste. Perché è evidente che le azioni di forza, plateali, unilaterali (certi centri sociali non sono certo meno violenti di Forza Nuova), come richiesto a gran voce in queste ore dall'opinione pubblica e dai partiti di sinistra, creano solo dei "martiri" inutili e possono addirittura essere funzionali alla strategia di espansione (per il momento molto contenuta) di queste forze.

Forze che fra l'altro nuocciono prima di tutto a chi qualche dubbio "liberale" sul passaporto vaccinale lo nutre e che da oggi si sente meno libero (a proposito di libertà!) nel poterlo esprimere, seppure, come credo sia giusto fare, soprattutto in sede di riflessione e studio.

Ripeto: il Paese in questo momento ha bisogno di quella unità e coesione sociale per ripartire (e anche per mettere a posto certe sue ataviche storture) che è stata la ragione per cui è nato il governo Draghi. All'appello con cui l'esperienza è nata, i partiti hanno risposto concordi: se ne mostrino ora all'altezza! Questo non significa che le forze politiche non debbano più differenziarsi e opporsi, ma dovrebbero farlo in uno spirito diverso, cercando di trovare i motivi di incontro, in questo caso il rifiuto della violenza politica, e non fomentando lo scontro.

Corrispondere allo spirito politico del momento significa che non è lecito creare strumentalmente motivi di scontro o ingigantire i conflitti per portare acqua al proprio mulino. Sbaglia certamente Giorgia Meloni nell'essere titubante nel riconoscere la "matrice fascista" dell'assalto di sabato, ma sbaglia ugualmente la sinistra, che di scheletri nell'armadio ne ha storicamente non pochi e forse non meno della destra, a infuocare oltre il dovuto il clima politico. E a dare l'impressione di voler colpire e isolare più certi incomodi alleati di governo che non le frange estremiste che ormai da almeno un ventennio (vi ricordate i Black Bloc?) infiammano le nostre piazze.