di Fabio Porta

Da alcuni anni un piccolo comune della Calabria, Paludi, è diventato un riferimento importante per tutti coloro che vogliono approfondire, riflettere e confrontarsi sulle diverse tematiche legate alle migrazioni e alle mobilità. Grazie all’intuizione, all’entusiasmo e alla determinazione di un giovane professore universitario, Giuseppe Sommario, e ai volontari dell’associazione culturale AsSUD, nel 2016 è nato il “Piccolo festival delle Spartenze”, quest’anno alla sua sesta edizione. Mi colpì subito quel termine, “spartenze”, quando il prof. Sommario venne a parlarmi per la prima volta di una iniziativa che, qualche anno dopo, avrei definito “imprescindibile”.

La prima volta che ascoltai il termine “spartenza” fu in Sicilia, a Caltagirone, la mia città natale; nella tradizionale processione di Pasqua due erano i momenti che caratterizzavano la festa religiosa: la “Giunta” (l’incontro) e la “Spartenza”, appunto, ossia la separazione. Caltagirone, come Paludi, è una di quelle piccole o grandi città del meridione d’Italia segnate da anni di emigrazione verso l’estero, le Americhe prima e l’Europa nel dopoguerra. Paesi e città abituati a continue “spartenze”, alla partenza verso luoghi più o meno ignoti dei propri figli, in un susseguirsi stratificato di andate e ritorni di uomini e donne alla ricerca di un futuro migliore. Ma il significato più profondo, e forse più bello, del termine spartire risiede invece nella condivisione; spartire è “compartire”, con-dividere, distribuire tra tanti quello che appartiene a pochi.

La spartenza può quindi essere uno strumento ma anche una filosofia di vita, un’attitudine con la quale affrontare le sfide della complessità del mondo contemporaneo. La spartenza, in una parola, come chiave di lettura dei processi di mobilità in atto oggi in Italia e nel mondo. Migrazioni e mobilità dinamiche in senso orizzontale e verticale; continuano a emigrare gli italiani mentre l’Italia è sempre più segnata dal fenomeno dell’immigrazione, con tutte le contraddizioni e le potenzialità che derivano dall’intreccio di questi nuovi flussi migratori. Come tutti i fenomeni sociali, anche migrazioni e mobilità possono non soltanto essere studiati ma anche utilizzati in chiave positiva come elementi di interpretazione e conoscenza, così come sottolineano gli ideatori del “Piccolo Festival delle Spartenze”.

Il primo passo, si legge sempre nella presentazione del progetto, sarà la creazione di “una rete che unisca Italia ed estero, che risani le ferite e ricostruisca la memoria collettiva, la storia di chi è partito e di chi è rimasto: una storia comune, che è sempre storia d’Italia”. Da questa rete, ovvero dalla re-interpretazione in chiave positiva del fenomeno migratorio come strumento di crescita e sviluppo della comunità, può avere origine un processo virtuoso di ri-costruzione e rinnovamento del tessuto sociale ed economico della società italiana, a partire proprio dai piccoli centri del Sud, destinati altrimenti allo spopolamento e al declino sociale e demografico oltre che economico. È qui che ritroviamo l’imprescindibilità del festival e la sua centralità per un confronto su questi temi in grado di mettere insieme gli attori istituzionali con il mondo associativo e della società civile, alla ricerca di un nuovo paradigma capace di andare oltre la semplicistica contrapposizione tra emigrazione e immigrazione utilizzata in questi anni da qualcuno per ragioni dettate da una strumentale contrapposizione politica.

Grazie allora agli amici del “Piccolo Festival delle Spartenze” per averci indicato una strada e insegnato un metodo; il Festival di quest’anno sarà itinerante e da Paludi si estenderà al resto della Calabria e alle vicine regioni della Basilicata e del Molise. Siamo certi che presto questa contaminazione positiva si estenderà lungo tutto lo Stivale e, soprattutto, coinvolgerà un numero sempre maggiore di comunità italiane nel mondo, le vere protagoniste di un’iniziativa che ho visto nascere e che raggiunto anzitempo la piena maturità.