Un voto...dimezzato, da prendersi con il più classico dei beneficio dell'inventario. Il verdetto delle ultime amministrative, al di là dell'indiscutibile successo riscosso dal centrosinistra (con relativo crollo del centrodestra), che ha vinto in 8 Comuni capoluogo su dieci tra quelli chiamati alle urne per l'elezione dei sindaci, va comunque interpretato alla luce del flop dell'affluenza. Ai seggi, infatti, si è recato il 44% degli aventi diritto contro il 66,19% di cinque anni fa.

In pratica poco meno di un italiano su due ha espresso la sua preferenza per questo o per quell’altro candidato. Mai in Italia, nel dopoguerra, le urne avevano visto così poca gente, sintomo di uno scollamento forte, sempre più prepotente tra il corpo elettorale e le istituzioni della Repubblica. Che si tratti di Regione o di Municipalità, il risultato non cambia: la gente, semplicemente, ha scelto di non votare. Colpa di una politica "urlata", fatta di battibecchi e critiche contro l'avversario. Una politica orfana dei vecchi partiti e delle scuole in cui, un tempo, si formavano i loro dirigenti. Una politica priva di proposte concrete, che preferisce cavalcare più comodi e redditizi temi da salotto, lontani, però, anni luce dai bisogni e dai problemi reali della popolazione.

Tra no green pass e sì green pass, manifestazioni (violente) di piazza e solite comparsate in tv (o a mezzo social network), ci fosse stato un politico, in questi mesi di campagna elettorale, preoccupato delle bollette (luce e del gas) che aumentano, dei posti di lavoro che spariscono, delle tasse da pagare (soprattutto in questa fase dell'anno, quando il fisco esige le sue gabelle) e dello stipendio che non arriva a fine mese? Macché. Meglio simulare zuffe di quelle al vetriolo, mandandosi allegramente a quel paese e tirare in ballo, perché no, l'immancabile spettro del fascismo redivivo.

Risultato: la gente ha iniziato a rompersi i cosiddetti voltando le spalle ai rappresentanti del popolo (cui la ricca diaria continua, nel frattempo, ad essere garantita!) fino a decidere si sfiduciarli con il “non voto”. E’ accaduto nelle province e nelle periferie delle grandi città dove sovente i seggi sono stati proprio disertati.

Morale della favola: tutti bocciati e governo della “cosa pubblica” affidato alle scelte di una minoranza che, a conti fatti, rappresenta si e no un terzo del corpo elettorale nazionale. Tirata d'orecchie? No, è uno schiaffo in piena regola alla democrazia tricolore