di Juan Raso

Qualcuno mi ha inviato la registrazione del saluto del pilota dell’ultimo volo di Alitalia, quel viaggio di 65 minuti da Cagliari a Roma. Naturalmente mi sono commosso e ho ricordato tanti viaggi fatti nel passato tra Montevideo, Buenos Aires e Roma sulla nostra compagnia di bandiera.

Ma ho anche letto l’articolo di Gente d’Italia di alcuni giorni fa in cui si ricordava quanto danno ha fatto l’azienda ai “soldi pubblici, cioé i nostri soldi”. Ed é su questo fatto che voglio ragionare questa mattina.

Ho studiato proprio questo’argomento nella mia recente partecipazione ad un convegno di Diritto Costituzionale e Diritto del Lavoro, svoltosi a Parma e  organizzato dal Prof. Enrico Gragnoli. L’incontro era centrato sulle cosiddette “leggi-provvedimento”, con particolare riferimento anche alla questione Alitalia. 

Dovete sapere che la “legge-provvedimento” é quella legge che elude le caratteristiche di generalitá e astrattezza proprie delle norme parlamentari, per regolare situazioni concrete e singolari. Detto in un altro modo, la legge deve stabilire regole per il divorzio dei cittadini, ma poi non puó approvare norme specifiche per il divorzio di Antonio o di Maria. Una legge concreta – salvo che sia autorizzata dalla Costituzione – puó trasgredire il principio costituzionale dell'uguaglianza perché non é lecito stabilire norme generali per tutti e poi fare eccezioni ingiustificate per alcuni.

Quindi la questione delle leggi-provvedimento e l’Alitalia pone subito una domanda: é stato lecito durante tanti anni approvare leggi di salvataggio per la nostra compagnia di bandiera, quando é le norme generali dicono che tutti i lavoratori delle aziende fallite finiscono in cassa integrazione, per poi perdere il loro lavoro?  

Nel suo intervento all’incontro di Parma, il Prof. Gragnoli diceva sull’argomento: “Diritto del lavoro e leggi provvedimento non sono un binomio di facile conciliazione, sebbene queste ultime abbiano un immeritato successo nell’esperienza italiana e soddisfino il desiderio di protagonismo del sistema politico, condizionato da approcci emozionali e da scelte impressionistiche, come quella relativa alla vecchia Spa Alitalia e a tutte le strutture da essa derivate, con costanti insuccessi”.

Si é voluto per anni, evitare “licenziamenti” collettivi” attraverso soluzioni occasionali mirate alla  conservazione di una occupazione condannata. Perché su questo punto, dobbiamo essere chiari: la situazione di Alitalia – da anni – ricorda il personaggio di Santiago Nasar nel libro “Cronaca di una morte annunciata" di Garcia Marquez, dove sin dalla prime pagine capiamo come la storia finirá con la morte del protagonista. Alitalia é caduta, come sono cadute tante compagnie aeree – in primis la Panamerican e la Varig – che non hanno voluto capire che il mondo é cambiato, che la concorrenza interaziendale in una realtá globale richiedeva trasformazioni radicali nei modi di organizzare il lavoro, che non sono state effettuate. Aerei sovraffollati di equipaggi e piloti erano inesorabilmente condannati all’estinzione, come quei grandi dinosauri del periodo jurasico. 

Forse questo bisognava dire al pilota dell’ultimo volo Alitalia. La morte della compagnia era stata annunciata addirittura molti anni prima del suo annuncio attraverso i parlanti della aeronave.

Chi ha pagato il costo di questa lunga morte annunciata. Lo ha pagato – come ben dice la redazione del giornale – lo Stato e quindi lo abbiamo pagato tutti noi, con i soldi delle nostre tasse sotto la pressione emotiva della bandiera che copriva l’azienda. 

Le soluzioni dell’Alitalia finanziate dai nostri contributi sono state differenti a quelle delle aziende dove i comuni mortali ricoprivano il ruolo di imprenditore o di lavoratori, perché la sua notorietá invitava a soluzioni di impatto mediático, e senza dubbio anche populiste.

Spero che questa “morte annunciata” possa insegnare a tutti – e principalmente ai nostri Parlamentari – che nel mondo del lavoro e dell’efficenza, quando un'azienda perde i suoi livelli di concorrenzialitá, deve cedere il posto ad altre ed evitare costose cure palliative che solo ritardano un fallimento, che é la soluzione giuridica per le aziende in crisi. 

La questione dell’Alitalia ha dimostrato che – almeno per le aziende – la legge non é uguale per tutti.