Angela Merkel non è facile alla commozione, almeno in pubblico. Una fra le rare concessioni all’emotività non poteva che arrivare al suo 107esimo Consiglio europeo, l’ultimo nella veste di cancelliera della Germania. I regali dei colleghi vanno da una statuetta che immortala lo Europe Building, il palazzo che ospita i vertici dei 27, a uno zaino per le sue escursioni nel Südtirol.Il clima di affetto non le ha risparmiato, comunque, lo stesso lavoro svolto in quasi due decenni: la mediazione fra le varie anime del club europeo, a maggior ragione in un vertice fitto di ostacoli come quello del 21-22 ottobre. A dominare il confronto (e le frizioni) fra i 27 sono stati, soprattutto, tre dossier:le tensioni PoloniaBruxelles sullo stato di diritto, la crisi energetica che incombe sull’Europa e i flussi migratori verso la Ue. Una triade di argomenti sfociata in ore di negoziati e parecchi impasse, nonostante le fonti interne parlassero di un’atmosfera serena e lo stesso presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si sia sforzato di esibire tutto il suo ottimismo al termine del summit. Sulla Polonia, la Ue può contare su «vari strumenti», ma «il dialogo politico resta necessario per cercare una soluzione». Una perifrasi per ribadire quanto previsto: i vertici Ue tenteranno fino all’ultimo di mediare con Varsavia, brandendo le proprie armi diplomatiche solo come strumento di pressing. Lo scenario delude chi sperava in una stretta su Varsavia, a partire dal premier olandese Mark Rutte, in favore della linea negoziale sposata e ribadita anche nella due giorni da Merkel. Sul fronte della crisi energetica, la Ue dovrà occuparsi delle «preoccupazioni di famiglie e aziende» sul breve termine, insistendo sulla diversificazione delle fonti nel lungo periodo. Tradotto nella pratica, i 27 dovranno intervenire subito con misure mitiganti sulla crescita delle bollette, mentre i vertici Ue lavoreranno su riserve più robuste e meno dipendenti dalla fluttuazioni internazionali. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha ribadito l’impegno sulle rinnovabili, salvo aprire in maniera significativa al nucleare per il futuro:è una risorsa «stabile», ha detto, così come il gas naturale lo sarà per la durata della transizione ecologica.Infine il capitolo migranti, forse quello più scivoloso e duraturo nei vertici Ue. Michel ha parlato di una «convergenza sempre più ampia» fra i 27. Ma su cosa? Come anticipato dal presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, i paesi Ue starebbero valutando la riapertura del dibattito sul nuovo patto per le migrazioni e l’asilo, spingendosi oltre un confronto che sembrava destinato ad arenarsi sul finanziamento a muri di frontiera. «La commissione non è d'accordo e al Consiglio europeo in tanti non sono d'accordo, compresi noi» ha detto Draghi. Oltre agli entusiasmi di circostanza, però, il vertice ha mostrato quanto sia fragile l’armonia fra i leader europei. La resa dei conti con la Polonia (e altri partner scomodi, vedi l’Ungheria) è rimandata per l’ennesima volta, regalando a Varsavia una vittoria in più nel suo tira e molla con le istituzioni. La risposta europea alla crisi energetica deve essere ancora affrontata nelle sue ipotesi concrete, ad esempio la «riserva energetica» auspicata dallo stesso Draghi:un approccio centralizzato che fa storcere il naso ad alcuni stati membri, così come è inevitabile che le tensioni si ravvivino anche per la composizione del futuro mix di fonti nel portafoglio Ue. Le discussioni sul patto migrazioni e asilo sono, appunto, confronti che faranno esplodere tutte le divergenze dei 27. Alle spalle ci sono ancora precedenti come la crisi dei rifugiati siriani del 2015, tra l’altro imputata proprio alla politica di frontiere aperte di Merkel. La cancelliera è consapevole di lasciarsi alle spalle una Ue frammentata, in bilico fra le speranze per il rimbalzo del dopo Covid e i timori di una spaccatura ancora più radicale. Oltretutto in assenza di una o di un leader di statura simile alla sua, anche se Emmanuel Macron e lo stesso Mario Draghi potrebbero candidarsi a una leadership de facto del blocco comunitario. Quello che troveranno non sarà facile, come ha lasciato intendere la stessa cancelliera in conferenza stampa: «Lascio - ha detto - in un momento preoccupante per la Ue». Doveva essere una diagnosi, sembra quasi un rimpianto.