di Lucio Leante

Una donna tedesca di 30 anni, Jennifer Wenisch, militante dell'Isis, è stata condannata a Monaco di Baviera a 10 anni di carcere per aver nel 2014, in Iraq, lasciato morire di sete una bimba schiava yazida di 5 anni, "colpevole" di avere "bagnato il materasso". La donna aveva aderito all'Isis nel 2013. Un anno dopo, a Falluja, in Iraq, non aveva fatto obiezioni quando il marito, Taha Al-Jumailly, agente della "polizia morale" dello Stato islamico, aveva incatenato la bimba yazida, da lui comprata come schiava, nel cortile della loro abitazione, sotto il sole, lasciandola morire di sete per punirla di aver fatto la pipì nel letto. Il giudice Joachim Baier ha condannato la donna per supporto a gruppo terroristicoconcorso in tentato omicidio e in tentati crimini di guerra, e per crimini contro l'umanità. I suoi legali hanno sostenuto che non ci siano prove che la bambina sia morta.

Quella degli Yazidi è una minoranza religiosa irachena che combina elementi dello Zoroastrismo, del Cristianesimo, del Manicheismo, dell'Ebraismo e dell'Islam. Per l'Isis, gli yazidi sono adoratori del diavolo. Lo Stato islamico è responsabile della morte di almeno 3mila yazidi e della riduzione in schiavitù di almeno 7mila rappresentanti di questa minoranza da essi martirizzata. Fin qui la "nuda cronaca".

Se qualcuno avesse mai pensato che l'orrore, il sadismo, la spietatezza, il razzismo comunque motivato, lo schiavismo, il genocidio, la negazione della dignità umana e dello statuto di esseri umani ad alcuni individui o gruppi particolari di individui, fossero stati, con la fine della Seconda guerra mondiale, eliminati dalla terra grazie alla sconfitta del "male assoluto" e alla fine dell'unico orrendo olocausto ebraico, si deve ricredere. L'umanità non si è liberata – e forse non si libererà mai – dal male radicale, quello sì "assoluto" perché incarnato nella natura umana, specie quando sia preda delle ideologie di qualsiasi matrice. Non c'è differenza tra gli esseri umani quanto alla sacralità di ognuno di essi e a prescindere delle motivazioni per cui ad essi venga fatta violenza.

Quella bambina di 5 anni, di cui non conosciamo nemmeno il nome e le cui sofferenze devono essere state atroci e inimmaginabili, anche se non ha potuto scrivere un diario, non può suscitare un orrore e una compassione relativi, ma assoluti. La sua storia, come altre simili, è destinata a restare quasi sconosciuta o a essere a mala pena registrata. Su di lei non si scriveranno articoli, né saggi, né saranno girati film. La sua e altre storie simili sono destinate a non suscitare soverchia compassione nei cuori induriti dalla ideologizzazione e dalla politicizzazione persino della pietà umana e del sentimento della comune umanità.