di Stefano Ghionni

Mario Draghi va alla prova della...manovra. Dopo il rovente "faccia a faccia" con i sindacati, conclusosi due giorni fa, con il classico “nulla di fatto”, la tensione nel governo, non accenna a scemare. In particolare il clima resta teso sul fronte pensioni dove rimane ancora da sciogliere il nodo legato alle nuove modalità di accesso una volta "salutata" Quota 100, come ha lasciato intendere di essere intenzionato a fare il presidente del Consiglio. Non solo su quello, tuttavia, esecutivo e rappresentanti dei lavoratori sono rimasti distanti. I sindacati hanno infatti invocato anche una riforma strutturale del welfare, per dire basta ad una crescita che continua a produrre "lavoro precario".

"Se siamo ad un passo della rottura? Insomma, siamo vicini, diciamo ad un passo dal burrone" ha commentato ieri, a Rai Radio1, ospite di "Un giorno da pecora", il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Insomma: il clima è di quelli incandescente ed i sindacati, prima ancora che la “bilancio” inizi il suo iter in Parlamento, hanno già fatto intendere a chiare lettere che se oggi, in Consiglio dei ministri, il governo dovesse scegliere di snobbare le loro richieste, sposando, ad esempio, una manovra in cui si preveda il ritorno della “riforma Fornero”, non ci sarà più trippa per gatti e saranno valutate "iniziative unitarie di mobilitazione".

Insomma: è lo spettro delle piazze quello che viene agitato da Cgil, Cisl e Uil. Draghi, che ieri, a palazzo Chigi, ha tenuto una cabina di regia proprio sulla legge di bilancio, è al classico bivio: tirare dritto per la sua strada o provare a trovare un difficile punto d'equilibrio? Un’idea di mediazione, per la verità, gli è stata suggerita dalla Lega e potrebbe essere trovata sulla cosiddetta "quota 41". La proposta, alla quale sta lavorando l'ex sottosegretario al Mef e attuale responsabile del Lavoro per il Carroccio Claudio Durigon, prevede un "41 quota fissa", nel senso che per andare in pensione occorrerà sommare 41 anni di contributi a 62 anni di età, col risultato di ottenere un “quota 103” con criterio di contribuzione che resta sostanzialmente fisso. Questo per il 2022, perché per il 2023 l'impianto prevede uno schema 63+41, che, numeri alla mano, fa 104. Basterà per placare gli animi?