DI ENRICO PIRONDINI

Cop26 di Glasgow, due o tre cose bisogna pur dirle sullo strombazzato Cop26 di Glasgow, l’atteso vertice del secolo sul clima andato a ramengo. 

Per carità il summit finirà  venerdì 12 novembre (è iniziato domenica 31 ottobre tra squilli di trombe , rullare di tamburini, nobiluomini , damazze e lodevoli intenti). Tuttavia, se non un bilancio, si può tentare un primo commento.

1) Il Cop26 è stato un fallimento. 

Poche storie. Greta Thunberg, la piccola leader attivista svedese, stavolta  ha azzeccato il termine. Cioè “ greenwashing “ dei Paesi ricchi.

Ovvero “lavarsi la coscienza col verde“. Come darle torto? Lorsignori ci hanno rifilato uno stucchevole bla bla ma pochi fatti concreti . E, nell’ambito dei consueti “ Fridays for Future“,   Greta lo ha urlato in piazza davanti a 10 mila giovani.

Tutte le tv del mondo (o quasi) ne hanno parlato. L’inventrice dello slogan “Sciopero scolastico per il clima“ – slogan lanciato dalla sua Stoccolma il 20 agosto 2018 – è stata tranciante nella centralissima George Square.

Le popolazioni indigene dell’Amazzonia, che aprivano il chiassoso corteo , l’hanno applaudita  con struggente commozione. Accanto a Greta c’erano Vanessa Nakate  (la voce dell’Africa) e gli attivisti provenienti dai Paesi meno sviluppati. Colombia, Pakistan, Brasile, Uganda, Giamaica, Argentina, Papua.

Tutti hanno raccontato storie di fame, disastri naturali, omicidi politici. Tutti hanno accusato il Global North – cioè i Paesi ricchi – di sfruttare i loro Paesi e di non aiutarli a combattere la crisi climatica.

2) È fallito soprattutto l’obiettivo più qualificante.  Il più urgente. Cioè “consegnare il carbone alla storia“. I principali utilizzatori di combustibili fossili si sono chiamati fuori. Hanno ciurlato nel manico potenze come Cina, Stati Uniti, India, Russia, Australia. 

Addio “giustizia climatica“. I Paesi ricchi si difendono (si fa per dire) sostenendo che non è possibile azzerare le economie con relative ricadute su occupazione e Pil. Specialmente in tempi brevi. Punto e a capo. Certificato il flop.

La cosiddetta “transizione ecologica“ certo si sta muovendo ma è ancora troppo poco. E di tempo ne è rimasto poco. “Siamo ad un minuto dalla mezzanotte, cioè dalla Apocalisse “ (parola di Boris  Johnson). Allarmismo esagerato?

3)È mancata una convinta svolta culturale. Tante parole ma nessun richiamo concreto, ad esempio, a coinvolgere la scuola , gli insegnanti. I ragazzi sono pronti. E  sono preoccupati di ricevere una eredità climatica insostenibile.