Si è spento uno degli ultimi reduci della battaglia di El Alamein, combattuta in Egitto nel 1942. Montello Fratoni, nato alla Spezia nel 1919, avrebbe compiuto 102 anni il prossimo 12 novembre. Non ancora ventenne, era partito per la leva militare tra le fila del Regio Esercito rimanendo coscritto a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Carrista, fu dispiegato in Nord Africa, sopravvisse alla durissima battaglia ma fu fatto prigioniero e internato presso un campo di prigionia in Algeria. Sarebbe tornato in Italia, dove era stato dato per morto in battaglia, solo a guerra finita, anni dopo essere partito. "Raccontava che si era presentato davanti a casa dei miei nonni, nel quartiere del Limone, senza avere il coraggio di bussare alla porta, per timore di provocare loro un crepacuore - ricorda il figlio Bruno Fratoni -. Si decise solo dopo aver chiesto ad un passante se i Fratoni abitassero ancora lì da dove era partito. Raccontava sempre dei tanti suoi coetanei mandati a morire con le baionette contro i mezzi corazzati". I funerali di Montello Fratoni si terranno oggi  alla Spezia. La battaglia di El Alamein, secondo i dati del Ministero della Difesa, provocò la morte di 13.500 inglesi, 17.000 italiani, 9.000 tedeschi e fu una delle più decisive della seconda guerra mondiale.

 

“Mancò la fortuna, non il valore”

El Alamein, 23 ottobre 1942. Un luogo e una data per raccontare un capitolo eroico e tragico dentro quell’assurda guerra che fu il secondo conflitto mondiale. Una vicenda narrata in decine di libri, di diari, di memorie ma anche di film e di documentari firmati da autorevoli storici, grandi giornalisti e registi che hanno ripercorso non solo le imprese dei generali Erwin Rommel e Bernard Law Montgomery, protagonisti di quei otto giorni di battaglia senza sosta, ma anche le storie umane di chi perse la vita e dei sopravvissuti, soprattutto italiani, a cui è dedicato il Sacrario militare italiano, in Egitto, lungo la strada litoranea che collega Alessandria con Marsa Matruh. Un progetto pensato e realizzato da Paolo Caccia Dominioni, ingegnere, partigiano e comandante del 31º Battaglione Guastatori del Genio, che visse in prima persona lo scontro con gli inglesi. El Alamein è importante perché in questa località posta a 100 chilometri da Alessandria d’Egitto vennero scritte alcune pagine memorabili del nostro esercito. Sono delle pagine di eroismo, di estremo sacrificio, riconosciute dalla storiografia nazionale e internazionale.

Una storia preceduta dalla richiesta d’aiuto, nel gennaio 1941, di Mussolini a Hitler in difficoltà contro gli inglesi sul fronte nordafricano. Così sulle coste libiche sbarca l'Afrikakorps di Erwin Rommel. Il generale tedesco, chiamato “la volpe del deserto” per le sue capacità strategiche, conquista velocemente la Cirenaica e al comando delle truppe italo-tedesche giunge fino ad El Alamein. Sembra fatta per le truppe dell’Asse, ma il quadro cambia velocemente. Entra in gioco, infatti, il generale britannico Bernard Law Montgomery, forte dei mezzi militari che giungono dagli Stati Uniti come i carri armati Shermann e i cannoni semoventi.

Dopo alcune vittorie, l’avanzata delle truppe italo-tedesche trovò il dispositivo britannico posizionato per una battaglia difensiva in corrispondenza appunto di El Alamein. Qui il deserto si restringe tra il mare e la depressione di Al Qattara. E’ un’area che difficilmente permette l’aggiramento e tra l’altro gli inglesi avevano iniziato a fortificare e a creare ostacolati minati già dal 1940, ossia due anni prima della battaglia di El Alamein. Il rapporto di forze era nettamente a favore dei britannici, sia per uomini impiegati, sia per mezzi che per rifornimenti.

Siamo al 23 ottobre quando i britannici passano all’offensiva. L’azione prese il via con un massiccio attacco di artiglieria. Dopo di questo le fanterie britanniche giunsero a contatto con quanto rimaneva dei capisaldi italo-tedeschi e qui travolsero alcune unità della Divisione Trento. A sud le unità della 7ª Divisione corazzata britannica riuscirono a forzare alcuni punti dei campi minati e a penetrare nella zona di sicurezza della Divisione Folgore ma la loro prosecuzione fu contrastata soprattutto dal Raggruppamento paracadutisti Ruspoli. La zona presidiata dalla Folgore resse l’urto britannico fino al 26 ottobre in situazione di scarsità di mezzi e anche se quelle postazioni furono sopraffatte e conquistate la difesa in generale tenne.

La battaglia nel settore sud costrinse il generale Montgomery a sospendere tutte le operazioni offensive in quel settore e a gravitare con il proprio sforzo nel settore nord dove la difesa italo-tedesca aveva parzialmente ceduto. Questo indusse il comandante tedesco Rommel a far affluire numerosi rinforzi in quel settore.

Il 27 ottobre, nel pomeriggio ci fu un violento contrattacco italo-tedesco con l’appoggio di forze aeree. Fu sferrato simultaneamente contro gli australiani e contro gli scozzesi, ma la loro azione fu contrastata dai caccia britannici. Anche le azioni terrestri italiane e tedesche vennero stroncate da un fuoco terrificante d’artiglieria. Le colonne d’attacco dovettero ripiegare dopo aver subito forti perdite.

Il 28 ottobre Rommel, convinto che le unità italo-tedesche, non fossero più in grado di respingere le unità avversarie si convinse dell’opportunità di ripiegare su posizioni più arretrate, ma a livello politico l’ipotesi fu rifiutata nettamente. Lo stesso giorno neozelandesi e scozzesi dopo aspri combattimenti sommersero a tutti gli effetti un caposaldo della Divisione Trento. La sera, dopo circa un’ora di fuoco, gli australiani lanciarono un nuovo violento attacco contro gli italiani e i tedeschi per scardinare le difese e proseguire lo sforzo in profondità. Ma ancora una volta furono fermati e respinti. Il primo novembre, all’ottavo giorno dell’inizio dell’offensiva inglese. Nonostante la sproporzione delle forze in campo, la difesa italiana continuava a tenere. Il 2 novembre dopo tre ore di preparazione con il fuoco di artiglieria e aviazione, il generale Montgomery lanciò l’attacco decisivo finale. A nord cominciarono i neozelandesi e gli scozzesi riuscendo a incunearsi tra le divisioni italiane Trieste e Littorio e a spingersi al di là del settore di competenza della Divisione Ariete che resistette eroicamente. Alle prime luci del giorno i reparti italiani e tedeschi rimasti contrattaccarono. Ci fu un’aspra e furibonda battaglia di carri armati che durò quasi tutta la giornata. Uno sforzo che, però, non riuscì a cacciare indietro l’avversario.

Le perdite di uomini furono elevate da entrambe le parti. Il 4 novembre, alle 7 del mattino, i britannici riprendevano l’offensiva su tre direttrici diverse. A nord gli australiani ripresero ad avanzare verso la costa, dove si scontrarono con le unità tedesche a sud unità corazzate britanniche lanciarono l’azione contro i limiti di saldatura tra quello che restava delle Divisioni Trento e Ariete. La sera del 4 novembre il corpo d’armata italiano venne annientato.

“Mancò la fortuna, non il valore”, si legge in un ceppo posto a 111 chilometri da Alessandria D’Egitto. E forse mai questa frase ha un fondo di verità per gli italiani che anche dopo la Seconda guerra mondiale vennero ricordati anche dagli Alleati, primi tra tutti gli inglesi, per il coraggio e per l’attaccamento al tricolore. Ed è per questo che ancora oggi si fa memoria di El Alamein.