di Simone Sperduto

Si è tenuta a Roma la presentazione della XVI edizione del Rapporto Italiani nel Mondo realizzato dalla Fondazione Migrantes. Leggendo i dati sulla mobilità – da e verso l'Italia – emerge come la pandemia abbia avuto importanti ripercussioni sulla popolazione italiana e su quella straniera presente nel nostro Paese. Secondo l'Istat, a inizio 2021, gli stranieri residenti in Italia ammontano a poco più di 5 milioni: dopo un ventennio di crescita ininterrotta, anche la popolazione straniera si ridimensiona e non riesce più a compensare l'inesorabile 'inverno demografico' italiano. Considerando i diversi mesi di lockdown vissuti a livello nazionale, europeo e internazionale, per molti è stato praticamente impossibile spostarsi: questo ha inciso fortemente sui dati relativi all'andamento migratorio italiano, sia interno che verso l'estero. L'Italia, in sintesi, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona e la popolazione immigrata non crescono. L'unica Italia a crescere è quella che mette radici fuori dai confini nazionali in modo ufficiale – quindi iscrivendosi all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE) – o in modo ufficioso non ottemperando all'obbligo di iscrizione. A partire sempre più numerosi sono gli italiani di nascita e quelli naturalizzati: questi ultimi sono coloro che chiedono di diventare italiani e, una volta ottenuta la cittadinanza, tecnicamente vengono chiamati "nuovi" italiani. Al 1 gennaio 2021 la comunità strutturale dei connazionali residenti all'estero è costituita da 5.652.080 unità (il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia). Mentre l'Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato Istat), la presenza all'estero è aumentata del 3% nell'ultimo anno. La Sicilia con oltre 798 mila iscrizioni è la Regione con la comunità più numerosa di residenti all'estero; seguono, a distanza, la Lombardia (+561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (+479 mila) e la Calabria (+430 mila). Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all'AIRE: nell'ordine, in Argentina (884.187), in Germania (801.082) e in Svizzera (639.508). Seguono a distanza le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila), Francia (circa 444 mila), Regno Unito (oltre 412 mila) e Stati Uniti (quasi 290 mila). La mobilità degli italiani con la pandemia, quindi, non si è arrestata; ha subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all'estero da cittadini italiani: piuttosto le vere e proprie partenze, il numero cioè dei connazionali che hanno materialmente lasciato l'Italia, recandosi all'estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, oltre 21 mila persone in meno rispetto all'anno precedente. Il 54,4% (59.536) sono maschi, il 66,5% (72.879) celibi o nubili, il 28,5% (31.268) coniugati, il 2,2% divorziati (2.431). Nel generale calo delle partenze (-16,3% rispetto all'anno precedente), le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-27,8% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Crescono, invece, i giovani tra i 18 e i 34 anni (42,8%): nell'anno della pandemia, il protagonismo dei giovani italiani in mobilità aumenta, ma il rischio di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili, anziani e bambini.

Curato da Delfina Licata il RIMI 2021 è un volume nato durante la pandemia, scritto da 75 autori, che narra di come è cambiata la mobilità italiana per via del Covid. "E' un lavoro prodotto da persone che si occupano di mobilità italiana: dalla politica al Cgie passando per le associazioni ed i patronati", ha spiegato Licata ricordando la crescita dei cittadini iscritti all'Aire ossia quasi il 10% dell'intera popolazione italiana. "E' un Paese che si spopola sempre di più mentre al contempo abbiamo un numero sempre maggiore di cittadini che decidono di risiedere all'estero", ha evidenziato Licata sottolineando che nell'ultimo anno ci sono state 109 mila partenze per espatrio per lo più registrate nella fascia d'età compresa tra 18 e 34 anni e per lo più nell'Europa. Tra le prime dieci destinazioni, sette sono infatti europee. "Il Regno Unito è l'unico Paese che presenta una crescita del 33% nell'ultimo anno", ha commentato Licata facendo emergere un dato che è in controtendenza rispetto al problema della Brexit. Anche il profilo di chi rientra è cambiato con la pandemia: italiani più giovani, autonomi o sprovvisti di occupazione, rientrati per lo più al Sud. Licata ha sottolineato come la pandemia abbia acuito le differenze di genere, quelle geografiche e quelle di classe sociale ma anche i disagi psicologici del non avere un contatto diretto con la cosiddetta famiglia allargata tra Italia ed estero. La curatrice del RIM ha voluto ricordare infine il tema del turismo delle radici quale opportunità per valorizzare i borghi altrimenti colpiti dallo spopolamento. In questa edizione 'speciale Covid' sono state analizzate 34 città del mondo per fare il punto sullo stato dell'arte dell'associazionismo. Licata auspicando in un futuro prossimo la cosiddetta 'mobilità circolare' ha quindi letto il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Mattarella ha parlato del RIM come di un lavoro che "apre a prospettive analitiche più ampie e complesse, alle sfide impreviste che i nostri connazionali all'estero affrontano, alle comunità di italo-discendenti e ai residenti all'estero". Mattarella ha inoltre ricordato la portata umana di questa presenza quale valore inestimabile. "Le reti che animano questo valore di italicità meritano il giusto riconoscimento", ha concluso sottolineando il lavoro prezioso della Fondazione Migrantes con questa "bussola sulla mobilità italiana". Licata ha letto anche il messaggio del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Sassoli ha auspicato un approccio europeo più coeso e coraggioso nelle dinamiche di una mobilità che non riguarda solo l'Italia ma i diversi Paesi europei. L'invito di Sassoli è "prendersi cura della persona in modo sostanziale con misure integrative e sociali potenziando le iniziative a sostegno degli europei in condizioni di povertà", ha commentato Sassoli indicando come soluzione un'Europa che "non sia indifferente e indichi una via diversa rispetto al passato con regole che umanizzino il governo globale delle migrazioni per una convivenza civile".

Stefano Russo (Segretario Generale CEI) ha parlato di un lavoro realizzato con grande professionalità. "E' molto più di un annuario: un diario nel quale, anno dopo anno, raccontiamo noi stessi restituendo voce ad un'Italia che cresce lontana. L'Italia è strutturalmente in mobilità: un movimento che pare non sia riuscito a fermare neanche il Covid", ha spiegato Russo esprimendo preoccupazione anche per il cosiddetto inverno demografico e per lo spopolamento di varie aree interne del Paese. "Non c'è materia più complessa della migrazione e non c'è persona più articolata del migrante, poiché è somma di ogni singolo incontro fatto nel suo percorso", ha aggiunto Russo. Gli italiani emigrano massicciamente ed i giovani sono i protagonisti di questa mobilità. La Chiesa sinodale deve essere compagna di vita per ciascuno di loro", ha sottolineato Russo richiamando le istituzioni e la politica ad un linguaggio inclusivo, mettendo la persona al centro del proprio agire. Massimo Vedovelli (Università per stranieri di Siena) ha messo in evidenza il senso di appartenenza dal punto di vista sociale e culturale che sembra aver trovato una nuova fioritura; un altro aspetto è l'emersione del senso del fare rete in un rinnovato dialogo. Vedovelli ha evidenziato che la mobilità dei giovani deve essere affrontata parallelamente alla questione dell'inserimento scolastico. "Le comunità di neo emigrazione non sono strutturalmente come le comunità di antica tradizione migratoria", ha ricordato Vedovelli sottolineando infine come la mobilità italiana all'estero sia stata testimone anche di una narrazione mediatica più pacata o semplicemente più razionale rispetto alla pandemia. Vedovelli ha quindi richiamato l'attenzione sul gap normativo italiano limitativo rispetto a futuri rientri, parlando proprio di quei giovani che sperimentano percorsi formativi importanti all'estero: "l'attuale normativa italiana non consente di valorizzare certe competenze maturate all'estero", ha lamentato il docente. Maria Cuffaro (giornalista Rai) ha ricordato come i giovani di oggi non sentano più l'Europa come 'estero' ma sentano invece la cesura nel momento in cui dovessero rientrare in Italia in una società cristallizzata con una cultura burocratica di trenta anni fa rispetto ai Paesi in cui sono stati. "Questo è respingente per i giovani. Spesso la politica non vuole dare risposte e questo è un problema. Perché i giovani vanno all'estero non vedendo qui un futuro? La politica italiana dovrebbe cominciare a dare delle risposte", ha rilevato  chiamato Cuffaro chiamando in causa le istituzioni, spiegando altresì che per invertire la rotta dell'inverno demografico bisogna convincere le persone che l'Italia è un Paese in cui è possibile fare figli. ma per fare questo servono generazioni. Cuffaro ha sottolineato anche il clima creatosi con un boom di nazionalismi figli di un concetto di cittadinanza quantomeno arcaica a fronte di generazioni di giovani che invece vedono nell'Europa una casa comune. Antonio Serra (coordinatore nazionale Missioni Cattoliche Inghilterra e Galles) ha parlato del cambio di punto di vista nel Regno Unito quando i migranti europei da risorsa sono diventati quasi un problema, a seguito della Brexit. Serra ha evidenziato la barriera linguistica ma anche quella generazionale soprattutto per gli anziani che hanno più fragilità e limiti tecnologici. "Quando si arriva adesso nel Regno Unito si è trattati da stranieri. Bisogna avere un visto, un lavoro e una competenza linguistica in inglese", ha sottolineato Serra. Monsignor Giancarlo Perego (Presidente Fondazione Migrantes) ha ricordato in primo luogo come manchi in Europa una politica unitaria di accompagnamento dei migranti. "Da questo rapporto sui migranti italiani,  che hanno tanti volti, – proseguito il Presidente della Migrantes – si vedono, sempre più donne, giovani e famiglie come protagonisti. Elementi da leggere in contesto sociale e ecclesiale". Perego si poi soffermato sui problemi relativi alle difficoltà di inserimento dei giovani italiani all'estero nelle strutture scolastiche. Problemi che fanno aumentare il rischio di abbandono scolastico. "Nel mondo – ha poi aggiunto Perego – ci sono anche tante storie di anziani italiani, come rilevato dall'Inps che eroga 330.000 pensioni all'estero, che stanno ridisegnando l'emigrazione italiana e che interpellano le missioni cattoliche nel mondo e soprattutto nel contesto europeo". Per Perego i migranti possono essere fondamentali per rilanciare il concetto di solidarietà e di casa comune in quell'Europa dove vengono però ancora eretti muri culturali che stanno dividendo sempre più est ed ovest. Perego ha inoltre messo in guardia dai rischi dei rigurgiti di pericolosi nazionalismi. L'attenzione è stata quindi riportata alla fotografia plastica di come sono cambiate le stesse città con le loro disuguaglianze interne.