DI MARCO FERRARI

Roma recupera uno dei simboli della città antica: ha riaperto in Museo Ninfeo, sotto la sede dell'Enpam in Piazza Vittorio, un nuovo sito in cui rivivono gli Horti Lamiani, tra i giardini più belli della Roma imperiale che ospitarono anche residenze di diversi regnanti. Situati sul colle Esquilino, gli Horti Lamiani sono diventato un nuovo museo grazie al lavoro e al restauro della Soprintendenza Speciale di Roma e di Enpam, l'ente di previdenza e assistenza dei Medici e degli Odontoiatri. Proprio mentre si costruiva la nuova struttura dell'Enpam, sono venuti alla luce importanti ritrovamenti archeologici.

Da qui la decisione dell'ente dei medici di promuovere la ricerca e la valorizzazione di ciò che si stava rivelando dopo secolo di oblio. "L'Enpam, che ha come compito quello di garantire il futuro dei suoi iscritti – ha spiegato il presidente dell'ente Alberto Oliveti - nella stessa prospettiva ha voluto preservare i reperti e la memoria di questo luogo dal grande valore storico, rendendolo fruibile a tutti. Solo attraverso la conservazione e la conoscenza del nostro passato possiamo intravedere meglio il nostro avvenire. Dedichiamo l'apertura del Museo Ninfeo ai colleghi medici e dentisti che abbiamo perso nella pandemia, per essere stati vicini ai pazienti sia sul territorio sia in ospedale, con un impegno straordinario"La campagna di scavo è stata compiuta in due fasi, da 2006 al 2009 e quindi dal 2010 al 2015, ed ha visto impegnati 12 archeologi, decine di specialisti delle diverse branche, a ricostruire un unicum tra architettura, urbanistica, storia, costume.

Dal sottosuolo della Città Eterna scaturisce questo spaccato di passato: in Piazza Vittorio Emanale si entra nell'elegante atrio umbertino al numero civico 78, si scende di un piano attraverso una suggestiva scala elicoidale che reca istoriati i nomi dei medici caduti nel corso dell'epidemia di Covid e ci si trova in un dilatato spazio bianco, nel quale l'illuminazione restituisce il chiarore del giorno. Ecco un poderoso tratto di mura dei primi secoli dopo Cristo, lo spazio circolare di un ninfeo, ricostruzioni in 3d, pannelli illustrativi, parte di un affresco lungo quindici metri, ricomposto assemblando 90 mila frammenti, bacheche ricolme di reperti. Qui, negli Horti Lamiani rimasti a lungo sepolti, si deliziò uno degli homini novi che ruotavano attorno a Mecenate, Lucio Lamio. Qui trovavano riposo e divertimento, in mitico otium romano, gli imperatori dalla dinastia Claudia a quella dei Severi, ma anche i capi della repubblica.

Qui, infatti, c'era un sepolcreto, che l'urbanizzazione del primo secolo avanti Cristo sostituì con lussuose ville per i nuovi ricchi. In questa zona dell'Esquilino, poi, nel medioevo, passavano i pellegrini che sostavano in chiese e conventi come Santa Maria Maggiore, Sant'Eusebio, Santa Croce in Gerusalemme. Nel Rinascimento, inoltre, famiglie facoltose edificarono ville suburbane, memori del lusso imperiale. Quando nell'Ottocento i piemontesi ridisegnarono Roma capitale d'Italia trovarono spazio per la grandezza di Piazza Vittorio Emanuele, simbolo del potere sabaudo, abbattendo le residenze degli Altieri, dei Palombara, salvando solo i Trofei di Mario e la Porta Magica. Il cerchio si chiude oggi con la rinascita del Museo Ninfeo, che apre al pubblico il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Una lastra bianca è la sola rimasta della pavimentazione dell'aula a cielo aperto voluta da Alessandro Severo.

La chiudevano ai quattro lati mura rivestite di marmi provenienti dai più lontani luoghi dell'impero; la ornavano fontane con giochi d'acqua zampillante, aiuole fiorite delle specie esotiche e profumate d'essenze mediterranee, sculture, erme, vasi e il ninfeo. I dignitari passeggiavano tra cerbiatti, pavoni e struzzi, animali che testimoniavano la grandezza romana. Una sorta di paradiso esotico degli imperatori, a partire da Caligola, che riceveva qui gli ambasciatori come in una domus aurea ante litteram, colma di meraviglie, giochi e sorprese. Se al Colosseo venivano organizzate fiere per il popolo, qui erano riservate agli ospiti d'onore. Nelle gabbie erano rinchiusi orsi e leoni, dei quali si sono ritrovati ossa e denti. Si banchettava con stoviglie raffinate, coppe di vetro istoriato, anfore legate ai commerci di spezie, olio e nettari aromatici.

Di lusso parlano i monili tratti dai 30 mila metri cubi di terra movimentati. E tra il milione di reperti, i tremila esposti in eleganti bacheche e cassetti mostrano sementi di provenienza mediorientale, gusci di ostriche dai regali banchetti, anelli, orecchini, pendenti, pietre preziose, lucerne, avori istoriati, pentole, stoviglie. Perfino rottami di vetro, dalle lastre lavorate in Siria che Caligola volle alle finestre, al posto dell'alabastro, perché la luce del sole entrasse senza filtri. Lo racconta Filone Alessandrino nella Legatio ad Gaium: dunque Caligola passeggiava negli ex Horti Lamiani con alcuni ambasciatori quando "prima si precipitò di corsa nella sala grande, ne fece il giro e ordinò che le finestre tutto intorno venissero restaurate con materiale trasparente come il vetro bianco". Così la residenza dei regnanti si proponeva come urbana e al tempo stesso di campagna. I grandi pannelli illustrano – con uno stile che richiama la grazia floreale del liberty – personaggi a passeggio in questo Eden. I visitatori sognano quell'hortus conclusus antico-romano mentre fuori, oltre una metaforica siepe, romba il traffico della città moderna.