La direttiva Bolkenstein è il più recente prodotto della nomenclatura europea che interessa una platea di milioni di individui non solo di aziende ed autonomi ma anche di lavoratori dipendenti.

L’Europa è guidata da teste d’uovo secondo cui ogni azienda ed individuo, devono competere tra loro in modo permanente al fine supremo di ottenere l’efficienza economica globale.

Il sistema produttivo stenta a decollare nonostante il principio della concorrenza e l’occupazione, specie giovanile, resta al palo.

Le stesse teste d’uovo che impediscono aiuti selettivi alle imprese in crisi hanno ideato gli interventi a favore di intere categorie. I decreti sulla rottamazione di auto, frigoriferi, televisori. Gli incentivi alle aziende che cambiano anzi tempo i macchinari. O ai condomini che rifanno le facciate del palazzo, sono diventate sistemiche.

E non si tratta di aiuti temporanei dovuti alla pandemia, perché gli interventi di questa specie esistono da molti anni.

Alla fine l’intervento pubblico costerà di più rispetto agli aiuti a favore della singola impresa in crisi, come avveniva nella tanto vituperata Prima Repubblica.

In Italia, il cui tessuto produttivo è costituito da milioni di piccole attività, il confine tra lavoratore autonomo e dipendente è grande quanto un capello. Quando una banca, una finanziaria o un’industria mettono in gara i servizi di pulizia affidati ad una piccola cooperativa, mettono a rischio i posti di lavoro. Perché i bandi standard non prevedono che il futuro assegnatario sia
obbligato a mantenere in forza i precedenti addetti. Clausole di questo tipo sono ritenute illegittime:tutti fuori, si trovino un’altra occupazione. Il subentrante ha diritto ad organizzarsi come vuole.
I vecchi economisti ritenevano che cambiamenti troppo frequenti dei quadri della mano d’opera, andassero a scapito dell’efficienza di un’azienda. E che la continuità dell’occupazione fosse desiderabile per entrambe le parti che stabiliscono un rapporto di lavoro. La vorticosa circolazione dei lavoratori (definita con l’accorto termine di “mobilità”), era considerata dannosa per il sistema produttivo.

Ai nostri giorni, all’uomo economico si impone di ottenere il massimo dei risultati sotto la minaccia della perdita dello status di lavoratore e dell’ingresso nel gruppo dei sacrificati.
Il principio di tutela della forza lavoro è tuttora riconosciuto per i grandi complessi economici, quelli che hanno mantenuto una tutela sindacale. Quando scade la concessione di un’impresa idroelettrica, gli Enti concedenti (in primis le Regioni) indicono una gara. E’ previsto che i soggetti concorrenti debbano riconoscere al concessionario uscente il valore del patrimonio non ammortizzato, fra cui l’eventuale avviamento risultante dai bilanci. Ed è previsto il pagamento in tempi ravvicinati. Queste condizioni di gara scoraggiano gli speculatori, gli azionisti del vecchio concessionario non subiscono eccessive perdite e la forza lavoro sarà mantenuta.

Non è possibile che il cambio di proprietà comporti la perdita di lavoro per gli impiegati e i semplici addetti, a seguito di un programma di riorganizzazione selvaggia. Su questo piano si finisce per aprire spazi ai giovani mettendo fuori gioco gli attuali occupati.

Gli stabilimenti balneari più patrimonializzati già ora possono ricevere lo stesso trattamento. Sono i piccoli operatori, i più indifesi, a subire i rigori della Bolkestein.

Una classe politica responsabile dovrebbe stabilire Regole comuni accettabili ed eque, che contemperino le ineludibili esigenze del “mercato europeo” con quelle delle piccole e medie aziende.

Poiché le imprese minori non redigono bilanci, occorre mettere sullo stesso piano i loro diritti con quelli dei lavoratori dipendenti. Il lavoratore ha diritto all’indennità di licenziamento, un bene (fino ad oggi) intangibile anche per le teste pensanti europee. Tale indennità è prevista per consentire di trovarsi una nuova occupazione e si pone sullo stesso piano della perdita di avviamento da parte del piccolo imprenditore.

Applicazione dei principi alla direttiva Blkenstein

1) Il titolare di un’a concessione balneare avrà diritto a ricevere dal subentrante il relativo costo non ammortizzato, nonché un valore di avviamento pari a 2/3 volte il reddito annuo dichiarato;
2) I lavoratori dipendenti dell’azienda, dovranno essere mantenuti in forza dal subentrante che, in caso contrario, subirà una perdita di punteggio nella valutazione dell’offerta. Bisognerà certo combattere per ottenere questi diritti ma è proprio in casi come questi che si
forma il giudizio dell’elettorato verso la propria classe dirigente.

L’applicazione di questi principi di “neutralità economica”, comporta la totale trasparenza per le aziende e gli autonomi. Che avranno interesse a dimostrare i valori effettivi degli investimenti (senza doverli interrompere negli ultimi anni di concessione). E che avranno interesse a dichiarare i redditi reali.
Non si tratterà forse di una soluzione per tutti appagante, ma almeno si attenuerà il rischio di spoliazioni da parte dei grandi gruppi finanziari e si impedirà l’aumento dell’attuale massa di precariato permanente.