DI MARCO FERRARI

Vasco Rossi è tornato con il nuovo album, "Siamo qui", sette anni dopo l'ultimo lavoro, "Sono innocente" e dopo due anni di silenzio. Il titolo fa già presagire che, nonostante pandemie, guerre, sofferenze e ostacoli personali, la musica vuole ancora giocare un ruolo di gioia di vita. Il pezzo che dà il titolo all'album, "Siamo qui", che gira nelle varie piattaforme come videoclip ufficiale, è una ballata dedicata a chi siamo e a chi vorremmo essere, su ciò che è la nostra vera essenza e ciò che facciamo per apparire. Protagonista delle riprese accanto al Blasco, è stata la giovane e talentuosa attrice Alice Pagani che, scoperta dal regista Paolo Sorrentino, ha poi raggiunto la notorietà mondiale per alcuni ruoli di spicco interpretati nelle serie televisive Netflix. Vasco guarda finalmente in avanti, dopo aver bloccato il tour già programmato causa Covid e spera che, con il green pass, possa riprendere i concerti dal vivo. Lui ha già messo in calendario undici date a partire dal 20 maggio a Trento fra stadi e spazi all'aperto: «Torneremo ad abbracciarci» grida ai suoi fas che spesso lo inseguono sino al rifugio famigliare di Zocca, in provincia di Modena.

Così ha preparato il nuovo album che si compone di dieci brani, tutti da scoprire, due dei quali però già molto conosciuti: "Siamo qui" che gira da qualche settimana nelle radio e "Una canzone d'amore buttata via", uscito il primo gennaio. L'insieme dell'album contiene i seguenti brani: "XI Comandamento", "L'amore l'amore", "Siamo qui", "La pioggia alla domenica", "Tu ce l'hai con me", "Un respiro in più", "Ho ritrovato te", "Prendiamo il volo", "Patto con riscatto" e infine "Una canzone d'amore buttata via". Un lavoro che esalta in tono ironico e divertente del cantautore emiliano incentrato su note rock che entrano subito in testa, ma anche su note classiche. C'è un ritorno alla chitarra acustica della gioventù con accordi secchi. In copertina c'è lui, sdraiato sull'asfalto, che ci guarda dritto negli occhi, con quel sorriso che vuole essere rassicurante, anche se di Vasco non intravvediamo i piedi ma solo una mano. Il richiamo ai dieci comandamenti è lecito in un lavoro simile.

«Credo di non averli rispettati tutti... ho peccato», confessa Vasco. Quello che lo preoccupa è l'undicesimo a cui ha dedicato l'omonima canzone che apre a tutto rock il nuovo album. «Sento nell'aria che sta arrivando un'enorme valanga di ignoranza. E con gli ignoranti ho capito che non puoi discutere. Mi sono arreso. Vedo scatenarsi guerre fra poveri e vedo qualcuno che soffia sul fuoco». Vasco appare preoccupato dai nuovi populismi, dall'estremismo, dalle fake news arrivino con leggi speciali e questo undicesimo comandamento: amare loro più di ogni altra cosa. E poi ci va giù duro, facendo intuire chi è il suo bersaglio: «In America, in Europa e soprattutto in Italia ci sono politicanti irresponsabili che seminano odio e sobillano le paure della gente per qualche consenso in più. Penso alle destre estremiste e pericolose. Anche i toni di Meloni e Salvini sono divisivi, anche loro seminano odio per avere consensi».

Un Blasco politico, dunque, al suo diciottesimo album in carriera («Sono maggiorenne») in cui pensa ancora al plurale, come faceva negli anni della contestazione. Il "siamo" gli è sempre piaciuto, da «Siamo solo noi» a «Siamo soli». Difatti lui la pensa così: «Mi arrogo il diritto di parlare a nome di un popolo perché ho scoperto con le canzoni che le cose che ho dentro le hanno anche altri. Ma non mi sento né un profeta, né un maestro, né un cattivo maestro». Non crede che gli artisti possano influenzare il pubblico. Però i suoi testi parlano chiaro quando dicono che siamo tutti «pieni di guai», «soli e delusi». Vasco sostiene che «i guai sono quelli della condizione umana, siamo gettati nel mondo senza averlo scelto, dice Heidegger, abbiamo dimenticato l'essere per l'avere. E non è una svista da poco. Tecnica e tecnologia ci stanno soverchiando e sfruttando, non sono più al servizio dell'uomo».

Il suo disco è molto suonato, senza elettronica e senza featuring con una chitarra che ci va giù dura sino a sfiorare con «Tu ce l'hai con me» il metal. Le ballad danno respiro. La parte più dura è prodotta dal suo chitarrista Vince Pastano, quella più romantica da Celso Valli. «Sono in controtendenza, ci sono chitarre, batteria, basso e tastiere vere. E sempre per non seguire le mode ci sono anche poche parole: sono i vuoti a smuovere qualcosa dentro a chi ascolta» dice l'ex ragazzo ribelle che andava al massimo diventato vecchio saggio.