Ormai è chiaro. Il risultato della partita del Quirinale determinerà il futuro della legislatura: o si andrà avanti fino a scadenza naturale, oppure si tornerà in anticipo alle urne. Uno scenario che potrebbe diventare realtà qualora l’attuale premier Mario Draghi dovesse succedere a Sergio Mattarella.

Che lo scenario non sia poi tanto campato in aria, lo dimostra il fatto che anche nei palazzi se ne inizi a parlare. Con buona pace del Pd, apparsi in forte difficoltà nel varo di un fronte progressista allargato - il cosiddetto nuovo Ulivo - capace di battere il centrodestra. Nonostante, infatti, i buoni risultati riscossi dal partito di Letta alle ultime amministrative, sono proprio i dem a temere di più un'eventualità simile.

La colpa? È da ricercarsi nei rapporti tra con il M5S, apparsi piuttosto tesi nelle ultime settimane. È storia di queste ore poi l'ultima clamorosa frattura sull'indicazione del relatore della manovra: dem e LeU vorrebbero Vasco Errani, i 5S Daniele Pesco. Tutto questo per non dire della scarsa fiducia che lo stesso Pd ma anche il Movimento nutrono nei confronti dei renziani, su cui si paventano dubbi in merito al sostegno a Draghi.