Gente d'Italia

Tra le “bodegas” italiane a UruWineDay, con il primo festival del vino in Uruguay

 

 

 

di Matteo Forciniti

Per molti la più grande tradizione italiana in Uruguay è quella del vino. È impossibile stabilire con esattezza un primato del genere in un paese dove in quasi tutti gli ambiti si possono scovare facilmente tracce di italianità. Eppure l’industria vitivinicola (insieme all’altra grande tradizione, quella ortofrutticola) offre senz’altro qualcosa di speciale: con l’Italia infatti c’è un legame affettivo molto forte che rimanda al passato, ci sono i ricordi e gli affetti di tante famiglie di immigrati che nel secolo scorso diedero l’impulso per la nascita di quella che è diventata nel tempo una fiorente industria.

Una mostra di questa industria si è avuta nella giornata di domenica con UruWineDayil primo festival del vino organizzato in Uruguay per promuovere il consumo del vino nazionale all’interno di un’iniziativa accompagnata anche da gastronomia, arte, imprese e musica. Nella meravigliosa cornice verde della Criolla Elías Regules -un parco naturale a Montevideo- una serie di cantine vinicole hanno presentato i loro prodotti ai visitatori. Visitare gli stand di queste “bodegas” è stato un po’ anche ripercorrere le diverse storie italiane. Tutte queste aziende oggi lavorano prevalentemente con uve francesi introdotte alla fine dell’ottocento agli albori della produzione e poi intensificate a partire dagli anni ottanta in un grande processo di riconversione gestito dall’Inavi (Instituto Nacional de Vitivinicultura). L’uva “regina” considerata come quella nazionale è il Tannat, originaria dei paesi bassi francesi, che ha saputo adattarsi alla perfezione in alcune zone uruguaiane per via del suolo, il clima e altri fattori ambientali. Insieme al Tannat ci sono tanti altri vitigni come il Cabernet Sauvignon e il Merlot, solo per citare due tra i più conosciuti.

Ma a dispetto delle uve lavorate la storia delle “bodegas” è profondamente italiana come evince visitando i diversi stand di UruWineDay. Un viaggio iniziato nel 1903, ad esempio, è stato quello della famiglia Giacobbe che da Genova si stabilì nella zona di Manga, periferia rurale a nord di Montevideo. Qui i fratelli Juan, Pedro Domingo e Antonio trovarono le condizioni geografiche ideali per dedicarsi alla coltivazione della vite e la produzione del vino. “La nostra grande sfida oggi è quella di continuare a seguire la stessa tradizione familiare nell’elaborazione del vino che facevano i nostri antenati con l’apporto della tecnologia di oggi” ha spiegato Alvaro, quarta generazione alla guida di un’azienda che “ha mantenuto sempre il suo spiccato carattere familiare”. Il legame con l’Italia continua anche nel presente venendo supportato dalla scelta dall’utilizzo dei macchinari industriali: “Noi usiamo i macchinari di Della Toffola e Di Emme, due imprese leader a livello mondiale che rappresentano un sinonimo di qualità”.

La presenza italiana a UruWineDay continua con altre “bodegas”, altre storie. La fondazione della cantina Bracco Bosca è del 2005 anche se le sue radici affondano assai più indietro nel tempo quando, nei pressi di Atlántida, si stabilirono due famiglie piemontesi arrivate nel periodo della seconda guerra mondiale: “L’azienda è nata dall’unione di queste due famiglie che iniziarono insieme a produrre vino con un piccolo stabilimento. Erano due vicini di casa in Piemonte che si ritrovarono a lavorare insieme in Uruguay dove, tra l’altro, i figli si sposarono. Oggi siamo alla quinta generazione continuando a seguire le tecniche dei nostri antenati e usiamo le stesse presse idrauliche che usavano loro”.

Alla Bodega Mori Maglio si deve invece l’introduzione in Uruguay dell’uva Ancellotta, originaria dell’Emilia, scoperta per caso durante un viaggio familiare in Italia alcuni anni fa. Questo vitigno si produce a Parada Dayman nel dipartimento di Paysandú ed ha iniziato ad essere raccolto a partire dal 2017: il vino è commercializzato in edizione limitata sotto il nome María Rosa Ancellotta, un nome che vuole rendere omaggio alle donne della famiglia.

Il cammino alla scoperta delle radici italiane è poi proseguito con Pizzorno, una delle più grosse aziende del settore in Uruguay: fu il piemontese don Próspero José Pizzorno ad avviare la piccola attività a Canelón Chico (dipartimento di Canelones) incontrando qui il luogo ideale dove poter avviare il suo vigneto. Il grande salto però avvenne agli inizi degli anni novanta quando Carlos, nipote del fondatore, decise di scommettere sulle innovative tecniche di coltivazione per i vini di alta qualità che oggi vengono venduti prevalentemente all’estero.

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