Se la giornalista Greta Beccaglia fosse stata scippata in diretta tv, al termine della partita Empoli-Fiorentina, le tante persone presenti cosa avrebbero fatto? Facciamo un conto approssimativo: su dieci, cinque avrebbero urlato “Ehi, che ca**o stai facendo?”; due si sarebbero messi a inseguire lo scippatore; uno avrebbe ripreso la scena col telefonino; due avrebbero fatto finta di niente.

Certo il giornalista anziano in studio, in collegamento con Beccaglia, avrebbe detto qualcosa del tipo: “Ma è pazzesco, chiama subito la polizia, per fortuna abbiamo il viso dello scippatore in video”. Poi si sarebbe rivolto agli spettatori di “A tutto gol” per commentare: “Inconcepibile, avete visto cosa è accaduto, siamo indignati per l’impudenza di questo gesto in diretta”, e roba del genere.

Ma la giornalista Greta Beccaglia non è stata scippata. È stata “soltanto” molestata in diretta tv: un tizio è passato e al volo l’ha palpeggiata, come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo. E possiamo farlo subito, il conto approssimativo delle reazioni dei presenti: su dieci, sapete quanti hanno urlato, o inseguito il molestatore? Zero. E l’anziano collega da studio, invece di urlare a sua volta e manifestare il suo sconcerto, a lei e agli spettatori, ha ripetuto a Beccaglia: “Non te la prendere, dai, non te la prendere”.

Tanto che la giornalista, che pure aveva cercato di dire al molestatore “Ehi, non puoi fare questo” (e nel frattempo erano passati altri due bei soggetti che non si capisce cosa le avessero detto, ma a occhio non erano commenti calcistici), continua a fare il suo lavoro. Sola.

Calcisticamente, questo sarebbe uno schema. Il solito schema. Chiamiamolo “catenaccio”: tutti i maschi presenti (fuori dallo stadio e dentro lo studio tv) compatti – come un sol uomo, verrebbe da dire – a ignorare quel gesto, non considerarlo, normalizzarlo. L’unica donna, la vittima, da sola. A dover continuare anche lei, come se niente fosse accaduto, perché le è stato chiaramente fatto comprendere che “non è accaduto niente”. Più o meno come negli ultimi diecimila anni: a tutto catenaccio.

E invece quello che pensavamo – che ingenue, noi donne, e che ingenui con noi pure quei maschi che si sarebbero indignati come noi (perché ci sono: il maschilismo è una piaga per femmine e maschi assieme, da combattere assieme, e non lo combattono soltanto le donne) – era che, in questi casi, non dovrebbe scattare uno schema ma un sistema. Quello che scatta con immediatezza appena viene commesso un reato, appena si percepisce una violenza, un sopruso che qualcuno ha commesso su qualcun altro. Indignazione-reazione.

Inseguire il colpevole, marcarlo a uomo, e sostenere la vittima. Magari non tutti avrebbero inseguito uno scippatore, o un feritore, ma tutti si sarebbero resi conto di aver assistito a un sopruso e a una violenza. E a nessuno sarebbe venuto in mente di dire “Eh, non prendertela” (che, per inciso, è una frase che si può dire a qualcuno a cui hanno soffiato un parcheggio, non a qualcuna che è stata molestata pubblicamente e pure in diretta tv).

Quindi sì, care tutte e cari tutti (ma sappiamo di non poter davvero dire “tutti”), c’è da lavorare assai, e rifarli completamente, questi schemi e sistemi. E chi dice che nella nostra società “ormai” non esistono significative dissimmetrie e ingiustizie sessiste abbia la decenza di tacere. E di non prendersela.