Gente d'Italia

Il M5S rinnega (ancora) se stesso: viva la “mangiatoia”!

di Pietro Salvatori
 
“Il Sì al 2X1000 è una buona notizia, il M5s si è trasformato in partito tradizionale”, twitta un po’ contento e un po’ trollando Andrea Marcucci, senatore del Pd tra i più prudenti (eufemismo) nel suo partito sull’alleanza organica con i pentastellati. Il Sì al 2X1000 è dunque arrivato, comunicato da Giuseppe Conte da un bordo del marciapiede - dopo due ore di incomprensibile spoglio dei click nemmeno fossero le schede del Quirinale durante le quali non si è saputo nulla - prima ancora che dati e percentuali venissero ufficializzate sul blog. Ed eccole qua: il Sì al 2X1000 e al finanziamento privato in regime fiscale agevolato è arrivato dal 72% dei 34mila attivisti che hanno partecipato alla votazione, un’affluenza che Conte definisce “ottima”, esultando perché “questa è la democrazia diretta”. Diretta da chi, verrebbe da chiedersi, se il nuovo corso contiano fa il verso al corso di sempre sottoponendo al voto sul web solo i temi che si sa essere divisivi, al mero scopo incassare una legittimazione che azzeri le critiche e irrobustisca il capo di turno.
“Come succederà con i vicepresidenti”, commenta velenoso un deputato alludendo al prossimo plebiscito che avverrà sul blog, la lista dei 5 vice gettata in pasto agli attivisti con un prendere o lasciare, sapendo che, in quanto tali, gli attivisti prenderanno. C’è una mutazione epocale nella scelta del Movimento, e si sa, l’aggettivo “epocale” è risuonato per altri cambi di passo (la tv, le alleanze, e si potrebbe andare avanti a lungo), ma nell’ultima giravolta si fa tabula rasa del mito fondativo delle origini e che innerva ancora oggi tutto il corpaccione pentastellato. Sarà difficile da domani rivendicare l’eccezionalismo di chi non ha nulla a che fare con la mangiatoia, con la casta, con l’idrovora di soldi pubblici che finiscono nelle casse delle forze politiche affinché ne dispongano come meglio credono.
Con una certa dose di realismo l’ha spiegato Conte e si affannano a ripeterlo i contiani, quei soldi verranno spesi per le attività sul territorio, gli attivisti, i banchetti, i meetup, servono più per voi che per noi, sembrano dire, li spenderemo per la comunità. Non serve un’indagine, non serve nemmeno un’ombra su come verranno elargiti quei denari - e si spera che non ce ne siano - per sancire un prima e un dopo. Di soldi pubblici i 5 stelle già ne usufruivano, legittimamente, attraverso le attribuzioni dei budget di Camera e Senato, un tesoretto che tuttavia è frutto del funzionamento del Parlamento, e al quale è impossibile dire di no perché la politica ha dei costi, un gruppo parlamentare ha bisogno di personale e strutture. Ma di un flusso diretto o indiretto dai cittadini quello no, quello non solo non era mai successo ma costituiva un vero e proprio tabù costitutivo della ragion d’essere del M5s, che con il nuovo corso viene demolito per andare sempre più verso la forma partito dalla quale è stato negli anni già ampiamente contaminato.
Fa rumore il silenzio di Beppe Grillo, apertamente contrario alla svolta, che ha incassato un tanto discreto quanto deciso pressing nelle ultime ore per rimanere dietro le quinte e non sparare un post che, per quanto criptico come nello stile dell’ex comico, avrebbe impattato e non poco sul voto della base. Tace Grillo e gioisce Conte, mentre i parlamentari si dividono e si raggrumano in gruppi favorevoli, contrari e perplessi, un po’ per ideologia, un po’ per convinzione un po’ per posizionamento politico in quella marmellata di conventicole e correnti che è il Movimento di adesso. Sorrideranno le casse al momento abbastanza esangui del partito, che ancora non ha utilizzato la sede affittata in pompa magna a due passi da Montecitorio, che necessita di una struttura e di personale, che si deve attrezzare per smetterla di dragare fondi dai bilanci dei gruppi per finanziare artigianalmente le campagne elettorali. “Andranno ai territori”, dice il capo politico e dicono i suoi vice, difficile non scommettere che qualche spiccio non finisca nel salvadanaio della sfida delle sfide del professore fiorentino: le prossime elezioni politiche.
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