di Federica Fantozzi

La doppia anima della Lega su vaccini e green pass, ampiamente avallata dalle capriole di Matteo Salvini, in tempi di quarta ondata mostra crepe profonde. Più che una polveriera, il Carroccio è una pentola a pressione con il timer settato sull'elezione del Quirinale (e le sorti della residua legislatura) da cui però sfuggono sbuffi di vapore sempre più forti. I congressi rinviati in extremis alla seconda metà di gennaio, quando il super green pass sarà scaduto (salvo proroghe). Poco prima, la grande assemblea programmatica destinata a blindare la linea battagliera del Capitano anch'essa evaporata venti giorni dopo la convocazione. Più in piccolo, il consigliere provinciale brianzolo nonché ex sindaco di Lissone Fabio Meroni escluso dalle prossime liste dal segretario provinciale Andrea Villa per aver offeso Liliana Segre che si vaccinava: "Ci ha messo in difficoltà". E la richiesta, in queste ore, del commissario della Toscana Mario Lolini che il consigliere provinciale livornese nonché capo degli Eletti Lega Giovani Lorenzo Gasperini si "autosospenda" per aver svillaneggiato in un post chi si vaccina: "Un giovane che lo fa dimostra debolezza e psicologia da servo, contrappasso naturale sarebbe l'esclusione dalla vita sessuale". Senza passo indietro, ha intimato Lolini "siamo pronti a prendere provvedimenti".

La faida tra Pro Vax e No (o Boh) Vax è deflagrata anche a Montecitorio, dove si è sfiorata la rissa. E sono volate parolacce. Tra il giovane deputato e imprenditore agricolo emiliano Guglielmo Golinelli, non da oggi scettico sui vaccini, e il collega bergamasco Cristian Invernizzi, che ha visto il virus azzannare la sua città. "Basta cazzate – ha urlato Invernizzi, raccogliendo il plauso dei presenti – Per uscire dalla pandemia dobbiamo vaccinarci tutti". L'intervento dei pacieri ha impedito che il diverbio degenerasse. Ma l'episodio la dice lunga sui nervi tesi nella Lega: partito che storicamente e ontologicamente – raccontano i parlamentari con più esperienza – soffre di orticaria quando si parla di obblighi, e dove si annida la quota più alta di "ribelli" ai green pass sempre più stringenti. A partire dai nomi noti come Borghi, Siri, Pillon, Bagnai, Ferrero. Ma contro l'obbligo di vaccino ai sanitari – su cui il partito lasciò libertà di coscienza – si sono espressi 12 senatori (tra cui Arrigoni, Candura Casolati, la Faggi, la Pizzol) e 23 deputati (tra cui Golinelli, Iezzi, Panizzut, Centemero, la Murelli, Coin). Un'ambiguità ben cavalcata dal Salvini di lotta e di governo, come si lamentavano durante Comunali i meloniani poiché gli alleati leghisti disertavano i comizi non sapendo bene che posizione assumere sui provvedimenti governativi.

Fatto sta che l'ingranaggio salviniano alla fine si è inceppato. Di fronte al bivio draghiano: o ti adegui alla strategia anti-pandemica o te ne vai. Anzi, ce ne andiamo tutti. E il leader, più che acquattato, pare congelato in attesa che il futuro si cristallizzi. Lasciando che dopo il varo in consiglio dei ministri del super green pass, premier e mezzo governo ringrazino il suo governatore Fedriga per l'apporto determinante alla causa. "E' stato la punta di diamante dell'operazione – gongola Renato Brunetta – Gli do volentieri il copyright della strategia premiale che tiene il Paese aperto". Un cambio di linea di cui si sono accorti anche i fedelissimi. A partire proprio da Borghi, che derubrica a normale "dinamica interna" il battibecco, un mese fa, con il giorgettiano Raffaele Volpi. L'ex presidente del Copasir gli ha rimproverato che "se si continua ad andare contro il governo di cui si fa parte non si fa una grande strategia di comunicazione". Il frontman della lotta agli "obblighi mascherati" ha replicato che lui porta soltanto avanti alcune idee (sottinteso: quelle di Salvini). Non si scompone: "Ma io che c'entro se due deputati litigano tra loro perché su posizioni diverse rispetto alle misure anti-pandemia? Nemmeno c'ero. Va detto che Golinelli ha anticipato l'insorgere della varianti: da allevatore ha visto gli effetti delle vaccinazioni sugli animali. Certo, gli uomini non sono vitelli, però ci ha preso". Eppure, anche Borghi ha abbandonato la prima linea delle proteste: non perché abbia cambiato idea (affatto) bensì perché ha capito che quella battaglia è persa in Parlamento (dove a votare contro il green pass l'ultima volta erano in 33) e nel Paese (dove un sondaggio di YouTrend scolpisce il 16% degli elettori leghisti come "renitenti" al vaccino e l'84% come immunizzati, rivelando che i No Vax alla fine non vanno a votare). Insomma, non è un fuoco che Salvini per il momento intende attizzare.La doppia anima della Lega su vaccini e green pass, ampiamente avallata dalle capriole di Matteo Salvini, in tempi di quarta ondata mostra crepe profonde. Più che una polveriera, il Carroccio è una pentola a pressione con il timer settato sull'elezione del Quirinale (e le sorti della residua legislatura) da cui però sfuggono sbuffi di vapore sempre più forti. I congressi rinviati in extremis alla seconda metà di gennaio, quando il super green pass sarà scaduto (salvo proroghe). Poco prima, la grande assemblea programmatica destinata a blindare la linea battagliera del Capitano anch'essa evaporata venti giorni dopo la convocazione. Più in piccolo, il consigliere provinciale brianzolo nonché ex sindaco di Lissone Fabio Meroni escluso dalle prossime liste dal segretario provinciale Andrea Villa per aver offeso Liliana Segre che si vaccinava: "Ci ha messo in difficoltà". E la richiesta, in queste ore, del commissario della Toscana Mario Lolini che il consigliere provinciale livornese nonché capo degli Eletti Lega Giovani Lorenzo Gasperini si "autosospenda" per aver svillaneggiato in un post chi si vaccina: "Un giovane che lo fa dimostra debolezza e psicologia da servo, contrappasso naturale sarebbe l'esclusione dalla vita sessuale". Senza passo indietro, ha intimato Lolini "siamo pronti a prendere provvedimenti".

La faida tra Pro Vax e No (o Boh) Vax è deflagrata anche a Montecitorio, dove si è sfiorata la rissa. E sono volate parolacce. Tra il giovane deputato e imprenditore agricolo emiliano Guglielmo Golinelli, non da oggi scettico sui vaccini, e il collega bergamasco Cristian Invernizzi, che ha visto il virus azzannare la sua città. "Basta cazzate – ha urlato Invernizzi, raccogliendo il plauso dei presenti – Per uscire dalla pandemia dobbiamo vaccinarci tutti". L'intervento dei pacieri ha impedito che il diverbio degenerasse. Ma l'episodio la dice lunga sui nervi tesi nella Lega: partito che storicamente e ontologicamente – raccontano i parlamentari con più esperienza – soffre di orticaria quando si parla di obblighi, e dove si annida la quota più alta di "ribelli" ai green pass sempre più stringenti. A partire dai nomi noti come Borghi, Siri, Pillon, Bagnai, Ferrero. Ma contro l'obbligo di vaccino ai sanitari – su cui il partito lasciò libertà di coscienza – si sono espressi 12 senatori (tra cui Arrigoni, Candura Casolati, la Faggi, la Pizzol) e 23 deputati (tra cui Golinelli, Iezzi, Panizzut, Centemero, la Murelli, Coin). Un'ambiguità ben cavalcata dal Salvini di lotta e di governo, come si lamentavano durante Comunali i meloniani poiché gli alleati leghisti disertavano i comizi non sapendo bene che posizione assumere sui provvedimenti governativi.

Fatto sta che l'ingranaggio salviniano alla fine si è inceppato. Di fronte al bivio draghiano: o ti adegui alla strategia anti-pandemica o te ne vai. Anzi, ce ne andiamo tutti. E il leader, più che acquattato, pare congelato in attesa che il futuro si cristallizzi. Lasciando che dopo il varo in consiglio dei ministri del super green pass, premier e mezzo governo ringrazino il suo governatore Fedriga per l'apporto determinante alla causa. "E' stato la punta di diamante dell'operazione – gongola Renato Brunetta – Gli do volentieri il copyright della strategia premiale che tiene il Paese aperto". Un cambio di linea di cui si sono accorti anche i fedelissimi. A partire proprio da Borghi, che derubrica a normale "dinamica interna" il battibecco, un mese fa, con il giorgettiano Raffaele Volpi. L'ex presidente del Copasir gli ha rimproverato che "se si continua ad andare contro il governo di cui si fa parte non si fa una grande strategia di comunicazione". Il frontman della lotta agli "obblighi mascherati" ha replicato che lui porta soltanto avanti alcune idee (sottinteso: quelle di Salvini). Non si scompone: "Ma io che c'entro se due deputati litigano tra loro perché su posizioni diverse rispetto alle misure anti-pandemia? Nemmeno c'ero. Va detto che Golinelli ha anticipato l'insorgere della varianti: da allevatore ha visto gli effetti delle vaccinazioni sugli animali. Certo, gli uomini non sono vitelli, però ci ha preso". Eppure, anche Borghi ha abbandonato la prima linea delle proteste: non perché abbia cambiato idea (affatto) bensì perché ha capito che quella battaglia è persa in Parlamento (dove a votare contro il green pass l'ultima volta erano in 33) e nel Paese (dove un sondaggio di YouTrend scolpisce il 16% degli elettori leghisti come "renitenti" al vaccino e l'84% come immunizzati, rivelando che i No Vax alla fine non vanno a votare). Insomma, non è un fuoco che Salvini per il momento intende attizzare.