Di Pino Nicotri

 

 La lingua dei Rom è un passo, un passo alla volta, della lunga marcia dei Rom per essere riconosciuti come minoranza alla pari con altre minoranze.

L’ultima novità, clamorosa, è che di recente l’UNESCO ha riconosciuto la loro lingua come patrimonio dell’umanità.  Abbiamo quindi intervistato su questo argomento Santino Spinelli, in arte Alexian, rom musicista, musicologo, docente, direttore d’orchestra e fondatore dell’Orchestra Europea per la Pace.

Oltre che primo rom nominato commendatore dal presidente della repubblica italiana. Ha suonato più di una volta alla presenza di due papi. E attualmente è impegnato in concerti in varie città italiane assieme a una orchestra di musicisti ebrei. In occasione dell’assegnazione il 13 novembre del premio Pratola a Enrico Mentana, Mentana ha voluto brindare nella lingua dei rom con Alexian. Che con suo figlio Gennaro aveva suonato negli intermezzi della cerimonia della premiazione.

Come abbiamo scritto più volte, Spinelli è da molti anni impegnatissimo anche a livello internazionale nel campo della valorizzazione dei rom.

E della lotta alla prevenzione contro di loro. E’ riuscito, tra l’altro, a realizzare nella sua Lanciano il primo monumento italiano al Samudaripen, nome del genocidio nazista contro gli “zingari” che ne ha ucciso tra i 500mila e i 2 milioni.  

 L’Unesco ha ufficialmente riconosciuto la lingua romanì come patrimonio dell’umanità. Come si è arrivati a questo importante riconoscimento? Chi ha preso l’iniziativa e quando?

La prima nostra prima richiesta per tale riconoscimento è del 2015.  E l’Unesco poche settimane fa ha riconosciuto il 5 novembre quale Giornata Mondiale della Lingua Romanì grazie all’azione politica di un gruppo di associazioni rom guidate dal parlamentare rom Veljko Kajtazi,  vicepresidente del  Parlamento croato. Un grande risultato visto che in pochi Paesi la lingua romani è tutelata.

Ma esiste una sola lingua romanì o ce ne sono varie, una per ogni ramo della popolazione romani? Cioè una dei rom, una dei sinti, una dei kalè, romanichais, ecc.

La lingua romanì o romanès è unica seppur diramata in tanti dialetti. I rom dei Balcani e dell’est Europa l’ hanno conservata meglio. Esiste una forma grafica standardizzata che vale per tutti i gruppi e per tutte le comunità romanès. Occorre però insegnarla nelle scuole e fra le stesse comunità che l’hanno trasmessa per secoli solo oralmente

Esiste anche la musica tipica dei romanès, cioè dei rom, sinti, ecc. Verrà riconosciuta anch’essa come patrimonio immateriale dell’umanità?

Ci stiamo lavorando. E per ora non mi faccia dire di più.

Mentana è rimasto affascinato dalla cultura romanì della quale si è parlato sia durante la cerimonia che nel corso del pranzo. E ha ben volentieri brindato nella nostra lingua dato anche il momento di condivisione e di interculturalità importante e significativo,

Che conseguenze pratiche ha il riconoscimento della lingua romanì? Si potrà chiedere che possa essere insegnata nelle scuole? Quali?

L’Unesco non può imporre a nessuno Stato di introdurre la lingua romanì nelle scuole. La scelta è arbitraria e lasciata alla sensibilità di ciascuna nazione. Tuttavia il riconoscimento dell’Unesco è un fatto rilevante. L’Italia ha riconosciuto 12 minoranze etnico-linguistiche tranne la lingua romanì escludendola dalla legge 482/99 contravvenendo all’articolo 3 della Costituzione.

Quali Paesi saranno i più disponibili per l’eventuale possibilità di insegnare il romanì a scuola?

Dal 1925 al 1938 la Russia ha introdotto la lingua romani nelle scuole. È stato il periodo di maggior valorizzazione linguistica e culturale con la produzione di numerosi libri e riviste in lingua romani. Un vero e proprio Rinascimento Romanò. Dal 1938 Stalin ha cambiato totalmente la sua politica nei confrontidei rom.

Anche in Jugoslavia c’è stata una grande valorizzazione e promozione dei rom a livello politico, sociale e culturale dal dopoguerra fino agli anni 70 del 900. Con la crisi economia degli anni 60 tutto ha iniziato a cambiare fino ad arrivare negli anni 90 alla guerra e allo smembramento della Jugoslavia. I rom hanno subito nuove discriminazioni e repressioni.

Di recente i mass media hanno parlato di una casa a Roma, quella del signor Ennio Di Lalla, occupata abusivamente “dagli zingari” oppure “occupata dai rom”, al plurale.

Anziché limitarsi a dire il nome degli occupanti abusivi. E’ come dire che se un milanese occupa abusivamente un appartamento altrui i mass media scrivono che l’occupazione è opera “dei milanesi” o “dei lombardi”.
Come mai le organizzazioni che rappresentano i rom e sinti non denunciano questo uso criminalizzante delle generalizazzioni? 

Le organizzazioni rom e sinte, in particolare l’UCRI (Unione delle Comunità Romanès in Italia) lo fanno eccome ma i giornalisti non ascoltano la voce romanì. E fanno ciò che vogliono seguendo la linea politica vigente. Che è contro la valorizzazione della lingua e della cultura romani.

Ci sono tantissimi eventi culturali e artistici romanès ma ai giornalisti interessa solo la cronaca. E l’errore di un singolo viene preso a pretesto per condannare un popolo intero. Ciò che e preoccupante è il silenzio e la connivenza delle istituzioni democratiche e della società civile. La domanda viene spobtanea: 

Perchè gli intellettuali italiani non fanno nulla vista la grande discriminazione nei confronti dei rom e sinti? 

Non lo chieda a me…

Qualche mese fa s’è parlato nuovamente della scomparsa della piccola Denise Pipitone come probabile opera dei rom. Pista che è stata la prima annunciata fin dalla sua scomparsa nel 2004. E pista periodicamente ipotizzata anche per la scomparsa della bambina Angela Celentano, sparita nel ’96. Perché questo riflesso condizionato dell’indicare i rom come rapitori di bambini?

Non un solo caso accertato dalla Magistratura italiana (una delle più importanti ed efficaci al mondo) di rapimento di bambini da parte di rom. Una vera e propria leggenda metropolitana per screditare e reprimere le comunità romanès.

Si tratta quasi sempre di beghe familiari e spesso i rom sono lo specchietto per le allodole. I rom sono un capro espiatorio ideale che fa molto comodo per distrarre la massa dai reali problemi irrisolti da politici mediocri.

Come mai non si parla dei campi nomadi come forma orrenda di segregazione razziale indegna di un paese civile? Il razzismo e la segregazione sono crimini contro l’umanità perché nessuno ne parla in Italia in questi termini?

Perchè si continua a nascondere la verità sulle discriminazioni contro i rom e sinti? La mistificazione fa apparire le cose in modo diverso e inganna l’opinione pubblica. L’informazione a senso unico e di propaganda non aiuta a far luce sulla verità.

Nell’ottobre 2013 nel campo rom di Larissa, in Grecia, risultò che una bambina, Maria, non era figlia dei coniugi Christos Salis e Selini Salis.

La piccola venne affidata dai magistrati all’associazione The Smile of the Child e i conugi vennero arrestati con l’accusa di sequestro di minore. Vennero anche immediatamente riaperti in vari Paesi otto casi di bambini scomparsi. Fermo restando il fatto che in Italia non esistono casi di condanne di rom per rapimento di minori, come sono andate a finire quelle nove vicende?

Tutte invenzioni. I rom sono estranei ai fatti ma nessun giornalista ha messo a 9 colonne le smentite nei telegiornali non hanno mai parlato dell’estraneità dei rom ai quali nessuno ha mai chiesto scusa.

In tal modo si è creato la falsa credenza che i rom rubano i bambini. Si fa largo uso della fake news. Ma poi a fatti accertati non c’è la smentita con altrettanto clamore. Questo non è giornalismo ma propaganda di regime e istigazione all’odio razziale che e un crimine.

Tutto ciò meriterebbe una profonda riflessione sul piano etico-morale come lo meriterebbe la diffusione in Italia (e solo in Italia) dei campi nomadi (un retaggio della ferocia concentrazionaria nazifascista) visto che i rom non sono nomadi per cultura e la stragrande maggioranza dei rom e sinti ha la cittadinanza e vive nelle case (solo 11.000 rom e sinti su 180.000 attualmente vivono nei famigerati campi nomadi inventati e costruiti dagli italiani).

La pandemia ha bloccato il progetto, da realizzare con la collaborazione dell’avvocato Antonio Buttazzo, di chiedere alla Germania i risarcimenti per il Samudaripen. Cioè per il genocidio dei romanì. Seguendo finalmente l’esempio di quanto fatto da associazioni ebraiche per la Shoà. A mio avviso si tratta di una iniziativa importantissima. Una volta realizzata sarà il giro di boa per farsi rispettare. Il progetto andrà avanti?

Me lo auguro. La verità ancora nascosta deve venire  a galla e i rom e sinti dovranno avere il giusto risarcimento economico, sociale, politico, culturale e psicologico visto che sono stati depredati dei loro averi (mai restituiti ai legittimi proprietari) prima di essere annientati e anche usati come cavie umane per esperimenti pseudoscientifici e come schiavi nella macchina bellica delle industrie produttrici di armi.