di Marco Fortis

In un Paese affollato di pessimisti e disfattisti cronici come il nostro si fa fatica ad accettare l’idea che l’economia italiana abbia ingranato la quarta e che corra più di tutte le altre. Anche perché ciò rappresenterebbe una frattura storica con la vecchia narrativa dominante secondo cui siamo l’eterno “fanalino di coda”: nel mondo, in Europa, dappertutto. Sempre i peggiori.

Sicché perfino tra coloro che ormai sono disposti a concedere che gli attuali numeri dell’Italia sono quantomeno sorprendenti, c’è qualcuno che ha addirittura coniato il termine “rimbalzone”, per non sbilanciarsi troppo. Infatti, la spiegazione principale degli attuali forti tassi di crescita italiani resta quella che nel 2020 il nostro PIL era caduto molto a causa della pandemia e che quindi adesso sta crescendo semplicemente perché doveva risalire da quei minimi.

E comunque, anche tra coloro che ammettono che la reazione della nostra economia dopo i lockdown è stata clamorosamente fulminea e forte, il sentimento prevalente è orientato a ritenere che la ripresa sia adesso minacciata dalle nuove varianti del coronavirus, nonché dagli aumenti dei costi dell’energia e delle materie prime e dalla carenza di componenti dovuti alle strozzature nelle filiere internazionali. Insomma, il miracolo italiano non durerà…

La nostra opinione è che le minacce esterne incombenti sulla nostra economia sono estremamente difficili da valutare nella prospettiva dell’imminente 2022. Ci asterremo perciò dal fare improvvisate previsioni. Tuttavia, ci permettiamo di affermare che l’Italia il prossimo anno avrà un’arma in più rispetto agli altri Paesi per compensare eventuali rallentamenti delle attività produttive e commerciali innescati da tali minacce: ed è l’attuazione dei cospicui investimenti previsti dal PNRR. Quindi, non è affatto detto che il momento magico della nostra economia debba interrompersi, specie se Draghi continuerà a garantire con la sua serietà e autorevolezza la gestione efficace, competente e trasparente di tali investimenti.

Per il momento, riteniamo che ciò che è avvenuto nel 2021 sia stato tutt’altro che un mero “rimbalzone”. Se proprio si dovesse procedere per iperboli, parleremmo piuttosto di una “ripresona”, che il successo della campagna vaccinale firmata Draghi-Figliuolo ha, fino a questo momento, messo al sicuro da nuovi lockdown. Lo confermano anche gli ultimi dati dell’Istat, che hanno ribadito che nel terzo trimestre del 2021 il PIL italiano è aumentato del 2,6% rispetto al secondo trimestre, dopo che questi era già cresciuto del 2,7% rispetto al primo. Si tratta del quinto miglior risultato nel terzo trimestre di quest’anno registrato tra i Paesi del G20 e la Spagna (dopo India, Arabia Saudita, Francia e Turchia).

Tra i Paesi del G7 l’Italia (+5,7%) figura nettamente prima per crescita cumulata del PIL nei primi tre trimestri del 2021 rispetto al quarto trimestre 2020, davanti a Regno Unito (+5,4%), Francia (+4,4%), Stati Uniti (+3,7%), Germania (+1,8%), Canada (+1,7%) e Giappone (-1,4%).

Non solo. L’Istat ha alzato la crescita già acquisita dal nostro PIL nel 2021 dopo i primi tre trimestri a +6,2%. A questo punto basterebbe progredire ancora soltanto dell’1% nel quarto trimestre rispetto al terzo trimestre per portare l’espansione economica dell’Italia nel 2021 a +6,4%. Se poi il progresso nel quarto trimestre dovesse essere dell’1,5%, la crescita finale arriverebbe addirittura a +6,6%. Dunque, potremmo forse andare oltre le ultime recenti stime del 6,3% dell’OCSE e dell’Istat stesso. E pensare che soltanto nel gennaio scorso il Fondo Monetario Internazionale ci prevedeva tra i peggiori Paesi del mondo per crescita dopo la pandemia con una proiezione per il 2021 soltanto del 3%! Abbiamo fatto decisamente molto meglio: cioè più del doppio. Se questa non è una “ripresona”…

La tesi del “rimbalzone” è sconfessata dai fatti. Già prima della pandemia l’Italia aveva fatto progressi enormi in termini di innovazione e di crescita della competitività e della produttività, anche se assolutamente non compresi dalla maggioranza degli osservatori. In particolare, il Piano Industria 4.0, che non ha mai smesso di generare frutti (nemmeno quando il governo gialloverde Conte 1 lo aveva temporaneamente bloccato durante i suoi primi mesi di mandato), ha trasformato in questi anni la nostra industria manifatturiera in un’autentica macchina da guerra. E non sarà mai abbastanza lodato, a questo riguardo, il merito del Governo Renzi di aver inventato, col superammortamento, l’iperammortamento e il patent box, uno straordinario strumento di politica industriale che ha reso la manifattura italiana estremamente forte nell’arena della competizione globale.

Anche in questo difficile momento caratterizzato dalla pandemia le imprese italiane stanno dimostrando in modo inequivocabile di credere fermamente nel futuro del Paese e di voler continuare ad investire come avevano già fatto in modo massiccio nel quadriennio 2015-2018. Infatti, nel terzo trimestre del 2021 i livelli di investimento dell’Italia in macchinari e mezzi di trasporto sono già superiori in termini reali del 3% ai livelli pre-pandemia del quarto trimestre 2019, mentre risultano in calo del 4% quelli della Francia e addirittura del 9% quelli della Germania (vedi figura).

E non è tutto. In questa confusa fase in cui le interruzioni nelle catene delle forniture mondiali di materie prime, semilavorati e componenti hanno messo letteralmente in ginocchio la potente industria tedesca, il cui settore automobilistico si è completamente bloccato, la manifattura italiana a tutto novembre non ha dato finora particolari segni di cedimento, grazie anche al suo modello produttivo molto diversificato, poco dipendente da produzioni di massa seriali e basato su filiere corte e forniture interne altamente specializzate. Tant’è che, dopo ottobre, anche a novembre l’indice Markit PMI del settore manifatturiero mondiale ha visto l’Italia al primo posto tra i Paesi del G20 e la Spagna per dinamica dell’industria (vedi tabella).

L’Istat ci ha spiegato che nel terzo trimestre del 2021 gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto sono aumentati nel nostro Paese dell’11,8% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Nello stesso periodo i consumi privati sono cresciuti del 4% e le esportazioni del 9%. Dal lato dell’offerta il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è aumentato del 4,1% e quello del commercio, trasporti, turismo del 10,1%. Infine, l’industria delle costruzioni è progredita dell’8,1%. In definitiva, non c’è un solo tassello fuori posto in questo quadro e tutto sembra andare a gonfie vele. Se questa non è una “ripresona”, allora che cos’è?