Di GIORGIO OLDOINI

Obbligati al moralismo di facciata, individui che devono atteggiarsi a pietra di paragone per purezza, incorruttibilità e per tutte le sette virtù. Come predicava e predica tuttora l’ideologo Alessandro Di Battista, ormai minoranza nel suo movimento. Qual è stato il risultato di questa etica popolare? Stanno cascando tutti come birilli e cercano di trasformarsi in partito politico rivendicando il diritto a percepire il due per mille. Ritenuto necessario per mantenere la struttura di una qualsiasi organizzazione. L’arma più micidiale del partito pentastellato è stata quella di eliminare dalla politica chi riceveva un semplice avviso di garanzia. Gli scandali distruggono, non se ne esce vivi, è meglio ritirarsi, pensava l’ideologo d’area. Nessuno è abbastanza ricco o potente da comprare il proprio passato. Quando il processo di delegittimazione è giunto a segno, non sono ammessi recuperi. Come è avvenuto spesso con il prodotto mediatico noto come la “Bestia” d’area salviniana. Questa situazione rafforza il potere dei sicofanti: è considerato normale azzoppare l’avversario politico per via di scandali montati ad arte. Ne sanno qualcosa i partiti della Prima Repubblica usciti indenni dal ciclone di Mani pulite (come la Lega), che hanno cavalcato la “questione morale”. Finché non sono giunte alla luce le pratiche illecite con cui essi stessi si finanziavano. In questo clima, una persona per bene, preparata e utile alla collettività, non può certo fare politica. Si sono così aperti enormi varchi per gli individui senza qualità che hanno occupato i seggi parlamentari ed altre posizioni di potere. Persone che hanno trasformato il servizio pubblico in un business. E che rifiutano il ricorso alle urne perché non sarebbero rielette e perderebbero remunerazioni impensabili nella loro vita professionale. Si può forse affermare che il partito degli “onesti”, abbia consentito di far emergere una classe politica migliore? Di far funzionare istituzioni e burocrazie inefficienti? Di garantire una tutela del cittadino dai soprusi dei potenti e dello Stato? Fino ad ora non è stato così. Cercare nel “popolo” la legittimazione al proprio operato, abbassa il livello di efficienza della classe dirigente. Politici e magistrati che si richiamano alla folla o a valori astratti come l’onestà assoluta, dovrebbero condurre vita monastica per non rischiare la delegittimazione. Dal momento che è molto difficile pensare a individui senza macchia, agli eroi mitici che la gente comune elegge a idolo. Un paese, come il nostro, inondato da leggi incomprensibili che rappresentano un’insidia costante per il decisore più onesto In conclusione, chi si rivolge alla folla non intende mettersi al servizio del cittadino, ma vuole utilizzarlo per arrivare al potere e percepire prebende ai danni della collettività. Chi si occupa di politica deve avere la preparazione che consenta di “pesare” la professionalità dei burocrati che gestiscono la macchina pubblica. Sono proprio i politici improvvisati a circondarsi di persone di second’ordine. Chi s’impegna con genuina passione nella vita politica, dev’essere tutelato dagli attacchi dei produttori di dossiers. L’altro giorno, un rottamatore pentastellato o renziano della prima ora (non ho capito bene) ha così twittato: “La vostra generazione ha rovinato il Paese con le ideologie ed è responsabile dell’attuale sfacelo”. Ho replicato: ”Ragazzino, l’unico modo che hai per apprendere sono le orecchie: cerca di sturartele. Ai miei tempi le ideologie costituivano una seconda natura, perché si viveva la condizione di concorrenza e rivalità tra due modelli sociali tra cui dovevi scegliere. Proprio le ideologie indicavano un modello positivo di comportamenti collettivi. Cui si doveva il sacrificio di milioni di persone votate alla ricostruzione di un Paese distrutto. Sradicate dal loro territorio, gente che usava le braccia prima ancora che la macchina. “Le industrie pubbliche, le infrastrutture esistenti, le leggi sul lavoro, sono il prodotto di questo periodo storico. Un grande patrimonio che la tua generazione si è svenduto per prorogare un benessere effimero e nascondere la perdita di vitalità e di stimolo alla crescita economica. “Prima di condannare quegli anni, dovresti ricordarti delle condizioni di vita del primo capitalismo e sviluppare qualche considerazione sui rischi di un imminente ritorno alle origini”. “Vecchio troglodita”, mi ha apostrofato il rottamatore, “stai parlando di un mondo che non c’è più. Finiamola una buona volta con questa rendita ideologica su cui partiti e sindacati hanno inzuppato il pane per tanto tempo. “Guarda allo sperpero di ricchezza provocato dal clientelismo di massa, dalle pensioni anticipate a siderurgici, portuali, burocrati, dai sussidi alle aziende, dagli abusi diffusi dello stato sociale, dalle inefficienze delle istituzioni. “Un’eredità di cui avremmo fatto volentieri a meno. Proprio voi avete fatto perdere ai lavoratori la coscienza e l’orgoglio della propria indipendenza e dignità, trasformandoli in clientes alla costante ricerca di un contributo statale. “Gli interessi della classe lavoratrice li interpretiamo noi, come è dimostrato dalla nostra stessa base elettorale. Spetta a noi tecnici delle nuove generazioni il compito di fissare le linee di sviluppo del paese”. “Caro rottamatore”, ho replicato, “non ti accorgi che proprio tu stai utilizzando un linguaggio astratto, dal momento che tutto il male del passato che hai denunciato si sta riproponendo all’ennesima potenza proprio oggi grazie alla vostra politica? “Come si fa a teorizzare una società fatta di infallibili specialisti, dimenticando che proprio i grandi guru della finanza hanno distrutto i risparmi delle famiglie, immolandole al mercato dei derivati! Ai miei tempi, si aveva almeno la coscienza di separare i prodotti finanziari ad alto rischio da quelli destinati alle classi più deboli. Che i controllori della finanza proteggevano dalla grande speculazione. “Come si fa a non capire che l’economia ha come obbiettivo il miglioramento del benessere materiale, ma che gli aspetti della vita umana non possono essere separati l’uno dall’altro? A giudicare dalla quantità di droga consumata in Italia e dal numero di strizzacervelli che vi operano, vien fatto di pensare che il sistema da voi proposto sia ormai aria fritta. “Se il nuovo valore aggregante di un popolo è la competizione economica globale, allora siamo usciti dall’età dell’oro, perché siamo in guerra permanente contro il resto del mondo. Cerchiamo almeno di organizzarci per non perderla. Pensi proprio che questa immane battaglia la vincerai con il reddito di cittadinanza o quota cento”?