di James Hansen

 

 Nel 1834 il direttore del giornale svedese Stockholms Posten, Anders Lindeberg, fu condannato per alto tradimento per aver suggerito in un editoriale che il Re del paese dovesse essere deposto. La condanna, secondo una legge medioevale rimasta in forza, prevedeva la decapitazione. La tentazione di far tagliare la testa al direttore di un giornale d’opposizione è comprensibile ed è probabilmente accarezzata di tanto in tanto come sogno impossibile pure da politici dei nostri tempi. Però, già nell’Ottocento era considerata una punizione forse eccessiva. Il Re di Svezia, Karl Johan, pensò dunque di commutare la sentenza in tre anni di galera. Lindeberg, invece, insistette per il proprio “diritto” a scontare la pena capitale, creando così un curioso problema legale.

In un primo momento, il Governo fece di tutto per “far scappare” il prigioniero–idealmente all’estero—ma lui, testardamente, preferì restare in cella per sottolineare l’offesa alla libertà di stampa che la sua condanna comportava. Il Re decretò allora un’amnistia generale per tutti i prigionieri politici nelle patrie galere—un provvedimento applicabile al solo Lindeberg che, da parte sua, continuava a insistere per la decapitazione. L’elegante soluzione adottata per risolvere l’imbarazzante “martirio” del giornalista deve molto alla genialità di Karl Johan. Un giorno, alla fine della sua “ora di aria” nel cortile della prigione, Lindeberg, tentando di rientrare in cella, trovò le porte sbarrate, rimanendo di fatto chiuso fuori. Non ebbe altra scelta che andarsene a casa.

Karl Johan non era svedese, ma francese. Nacque Jean-Baptiste Jules Bernadotte in una famiglia borghese di Pau, un modesto comune della Francia meridionale, nel 1763. Malgrado le origini relativamente semplici, ebbe una delle carriere più prodigiose della storia. Acceso giacobino durante la Rivoluzione del 1789, dimostrò eccezionali abilità e salì presto i ranghi, arrivando a prendere parte come generale alle guerre rivoluzionarie francesi. Dette buona prova di sé, sia sul fronte tedesco sia su quello italiano, dove fu proclamato “Principe di Pontecorvo”. Diventò immensamente popolare e, forse prevedibilmente, entrò presto in contrasto con Napoleone Bonaparte, considerato da Bernadotte un traditore della rivoluzione, soprattutto perché aveva ricostituito un potere di tipo monarchico. Fu comunque uno dei pochissimi personaggi capaci di far ombra allo stesso Napoleone, il che lo rese una figura da ‘gestire con le pinze'. Il “Primo Console”, senza grande entusiasmo, lo elevò al titolo di Maresciallo di Francia nel 1804. Del resto, era un parente, avendo sposato la cognata del fratello, Giuseppe Bonaparte...
Bernadotte partecipò a gran parte delle guerre napoleoniche, ma nel 1809 venne destituito da Napoleone. Accettò quindi di divenire principe ereditario di Svezia, la cui casa reale di allora—gli Holstein-Gottorp—non era riuscita a produrre un erede al trono. Fu così che il francese, nel 1818, divenne il Re Carlo XVI Giovanni di Svezia e anche Carlo III Giovanni di Norvegia, paese allora un dominio svedese. Morì, ancora sul trono nordico, nel 1844. Napoleone era già spirato 23 anni prima, mentre era prigioniero degli inglesi sull’Isola di Sant’Elena. La dinastia “Bernadotte” da lui fondata è ancora la casata reale della Svezia.