MARCO FERRARI

 

Nel 2024 ricorreranno i 200 anni dall'arrivo a Torino della collezione del console di Francia in Egitto Bernardino Drovetti, anno in cui nacque il Museo Egizio. Già adesso nella ex capitale sabauda si lavora alla ricorrenza. Sarà inaugurata una piazza ricavata dalla copertura con cupola in vetro e acciaio della corte interna dell'edificio barocco di Guarini, sul modello della Great Court realizzata da Norman Foster per il British Museum. “È un progetto per cui vi è una preliminare disponibilità all'approvazione da parte della soprintendente Luisa Papotti e su cui ci metteremo al lavoro da gennaio con i soci fondatori attivando un tavolo tecnico rivolto al 2024, come era stata fatto per il grande piano di rifunzionalizzazione, concluso con l'inaugurazione del nuovo museo nel 2015 - annuncia la presidente Evelina Christillin.  - I nuovi ambienti ospiteranno gli spazi per l'accoglienza, la caffetteria e un giardino egizio. Si creerà una seconda piazza, accanto alla vicina piazza Carignano, un luogo di ritrovo a cui potrà accedere anche chi non si reca al museo. Di lì si raggiungerà direttamente il Tempio di Ellesija, che diventerà visitabile senza biglietto: è un dono dell'Egitto che lo Stato italiano ha depositato presso di noi, dunque patrimonio di tutti”. Oggi che le imponenti campagne di scavo e le grandi acquisizioni non sono più possibili, definendo in qualche maniera conclusa la collezione museale, si punta dunque sul paesaggio virtuale. “Noi possiamo farlo – spiega Christian Greco, direttore del Museo Egizio, - perché possediamo un archivio storico incredibile. Da poche settimane è digitalizzato e accessibile liberamente dal sito in modalità Creative Commons Zero per nostra scelta, perché si tratta di un patrimonio che va restituito alla comunità: quelle fotografie documentano le campagne di scavi dall'inizio del '900, dall'età di Ernesto Schiaparelli in poi, in cui si vede il piccone che scava, ma anche il reperto che emerge dal terreno. Noi forniamo gli elementi per la ricostruzione di quel paesaggio, al resto pensano le nuove tecnologie". Il Museo Egizio di Torino, come quello del Cairo, è dedicato esclusivamente all’arte e alla cultura dell’Egitto antico. Molti studiosi di fama internazionale, a partire dal decifratore dei geroglifici egizi, Jean-François Champollion, che giunse in Piemonte nel 1824, si dedicano da allora allo studio delle sue collezioni, confermando così quanto scrisse lo studioso: “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”. Il Museo delle Antichità Egizie comprende un insieme di collezioni che si sono sovrapposte nel tempo, a cui si devono aggiungere i ritrovamenti effettuati a seguito degli scavi condotti in Egitto dalla missione archeologica italiana tra il 1900 e il 1935. In quell’epoca vigeva il criterio secondo cui i reperti archeologici erano ripartiti fra l’Egitto e le missioni archeologiche. Il criterio attuale prevede che i reperti rimangano nel luogo del ritrovamento. Gli scavi archeologici condotti in Egitto da Ernesto Schiaparelli e poi da Giulio Farina portarono a Torino circa 30.000 reperti. Il Museo ebbe una prima risistemazione delle sale nel 1908 e una seconda, più importante, nel 1924, con la visita ufficiale del Re. A tal proposito, per sopperire alla mancanza di spazio, Schiaparelli ristrutturò la nuova ala del Museo (chiamata poi “ala Schiaparelli”), nella quale espose reperti provenienti da Assiut e Gebelein. Ulteriori ristrutturazioni e adattamenti avvennero negli anni ‘30 con l'installazione della Pinacoteca e alla fine degli anni ‘80. Particolarmente importante fu l’opera di ricomposizione del tempietto rupestre di Ellesiya, donato dal governo egiziano in riconoscimento dell’aiuto italiano nel salvataggio dei templi nubiani minacciati dalle acque della diga di Assuan. Per il trasferimento a Torino la struttura fu tagliata in 66 blocchi e poi inaugurata il 4 settembre 1970. A partire dagli anni ’80, anche a seguito di un incremento di visitatori, si è reso necessario programmare un nuovo percorso di visita che ha determinato nuovi spazi espositivi. In particolare, il recupero e la sottomurazione dell’Ala Schiaparelli hanno reso fruibili ampie sale sotterranee dedicate alle attività archeologiche ad Assiut, Qau el-Kebir e Gebelein. Al piano terreno, è stata recuperata un’ampia sala destinata a accogliere le antichità dell’Età Predinastica e dell’Antico Regno. In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino nel 2006, lo statuario è stato riallestito dallo scenografo Dante Ferretti. L’ultimo intervento ha radicalmente rifunzionalizzato gli spazi, l’intero percorso museale e le dotazioni impiantistiche.