Gente d'Italia

Stanotte a Napoli, l’atto di accusa di Alberto Angela

 

 

di Alfonso Ruffo

Molti e meritati consensi ha ricevuto il programma “Stanotte a Napoli” trasmesso dalla Rai la sera di Natale per la conduzione di Alberto Angela. E in effetti le riprese sono state davvero notevoli: della città si è avuta un’immagine da cartolina che in parte la riscatta dalle tante avverse narrazioni che ne esasperano gli aspetti negativi com’è accaduto con la fortunata (per i produttori) serie di Gomorra.
La scelta di filmare a tenebre discese, in assenza di popolo e senza traffico, è stata vincente. In un’atmosfera rarefatta Napoli è apparsa più bella che mai. Silenziosa. Ordinata. Accogliente. Come la Galleria Umberto che risplendeva linda sotto i faretti dei video operatori attenti a riprendere l’unico angolo libero dagli ospiti – sempre più numerosi – che hanno scelto di fissare lì la propria dimora.
Una scena davvero avvincente. E il telespettatore ignaro poteva confrontare la superba costruzione di fine Ottocento con la contemporanea di Milano e giungere alla conclusione che, sì, è proprio vero che la cenerentola partenopea non ha nulla da invidiare alla sorellastra meneghina potendo vantarsi di essere quasi più bella. Suggestioni di una sapida regia.
Naturalmente noi napoletani non possiamo che rallegrarci per il tributo ricevuto e ringraziare del gran regalo la Tv di Stato che ci gratifica di fotografie mozzafiato sgombre da tutti quegli accidenti che occupano la vita quotidiana. Va in onda così il risarcimento, una sorta di contrappeso mediatico utile a restituire un po’ di equilibrio sulla severa bilancia di giudizi e pregiudizi che ci condanna.
Ma qual è la verità? Facile rispondere che sta nel mezzo, proprio come la virtù. Se da una parte abbiamo la Cappella di Sansevero, il Tesoro e il sangue di San Gennaro, il San Carlo, il Palazzo Reale, la Reggia di Capodimonte, il Castel Sant’Elmo, il Maschio Angioino, il Castel dell’Ovo, il lungomare e il Vesuvio dall’altra vantiamo la più alta disoccupazione del Paese unita a criminalità e povertà diffusa.
Perché i giovani preparati per dare soddisfazione alle proprie ambizioni sono ancora costretti a cercare fortuna altrove? Perché la provincia del capoluogo campano conta più percettori di reddito di cittadinanza di diverse regioni del Nord messe insieme? Perché il guadagno medio pro capite degli abitati di qui è la metà di quello della parte ricca del Paese? Perché? Perché?, Perché?
Queste sono le domande alle quali è utile e necessario rispondere dopo la carrellata di immagini patinate alla quale siamo stati piacevolmente sottoposti. Perché se Napoli è così bella e ricca di tesori resta alla fine così povera e disperata? Perché negli stessi giorni in cui la Rai trasmette il benefico spottone pubblicitario la città si riempie di rifiuti come ai tempi del disonore internazionale?
Può essere, tutta questa contraddizione, il frutto avvelenato di una continuata cattiva amministrazione pubblica? Una responsabilità della sola classe politica allargata? O non si tratta, piuttosto, del fallimento di un intero ceto dirigente incapace d’interessarsi al bene comune (sempre invocato, mai ricercato) e intento a perseguire invece vantaggi personali e familiari?
La risposta è nella domanda. “Stanotte a Napoli” è il più grande atto di accusa che si poteva avanzare nei confronti della città più bella e sfortunata del mondo. Ricca eppure costretta a vivere in povertà e precarietà per l’insipienza di chi predica bene e razzola male. L’arroganza e la stupidità vanno sempre a braccetto. Sarebbe ora di evitarle quando le si incontra.

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