Nell’ultimo anno “almeno 150mila bambini sono stati costretti ad abbandonare le proprie case”. Questo quanto riportato da Save the Children, che ha puntualizzato: “Dati recenti delle Nazioni Unite mostrano che almeno 405.700 persone sono fuggite dalle loro abitazioni a causa dei combattimenti all’interno del Paese, da quando i militari hanno preso il potere quasi un anno fa, con una cifra che è aumentata del 27 per cento solo nell’ultimo mese. Circa il 37 per cento degli sfollati in tutto il Paese sono minori, molti dei quali vivono all’aperto nella giungla, in rifugi improvvisati, esposti a fame, rischi e malattie”.

 

Stop alle violenze in Myanmar - Inger Ashing, Ceo di Save the Children International, ha commentato: “I membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità condivisa di affrontare la crisi in corso in Myanmar. Gli Stati membri devono imporre un embargo sulle armi, con l’obiettivo di limitare i tipi di attacchi aerei che abbiamo visto di recente. L’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean) deve anche convocare una riunione urgente per rivedere e mettere in atto il “Five-Point Consensus” concordato nell’aprile 2021, che chieda l’immediata cessazione della violenza in Myanmar e che consenta all’inviato speciale dell’Asean di mediare una soluzione diplomatica. Questi passi sono vitali per proteggere i bambini, le loro comunità e gli operatori umanitari”.

La situazione - Secondo quanto riferito da Save the Children, “solo nelle ultime due settimane diversi minori sono stati uccisi in numerosi bombardamenti e raid dei militari nello Stato di Kayah e nella regione di Sagaing, compreso il bombardamento di un campo per sfollati interni a Kayah. Lo Stato di Kayah è stato anche il luogo dell’efferato attacco del 24 dicembre scorso contro almeno 35 civili, inclusi quattro bambini e due membri dello staff di Save the Children. Gli operatori umanitari, entrambi giovani padri appassionati di educazione dei bambini, stavano tornando al loro ufficio dopo aver lavorato a una risposta umanitaria in una comunità vicina quando sono stati coinvolti nell’attacco”.

 

Le storie - Una ragazzina di 14 anni, scappata dal suo villaggio a Kayah “rifugiata in un campo per sfollati – ha evidenziato Save the Children – ricorda il sole cocente e il suono degli spari il giorno in cui è fuggita… stavo lavorando alla mietitura del mais nel campo, quando è venuta mia zia e ci ha detto che anche noi dovevamo fuggire immediatamente. Sentivamo il rumore delle armi. Mia madre ha preparato vestiti, pentole e piatti. Poi abbiamo lasciato la nostra casa. Ero così preoccupata e durante il viaggio pensavo “e se fossimo colpiti?”. Ho sempre avuto paura dei soldati e prego che non raggiungano il campo. Non voglio più sentire il rumore delle armi pesanti”.

La madre della ragazzina, una 36enne con quattro figli, “ha riferito di essere costantemente preoccupata per i pasti e la sicurezza… se non abbiamo abbastanza cibo da mangiare, come faremo? A volte mi sento triste quando non ho soldi per comprare medicine o qualcosa da mangiare per i miei figli”.

Lo scenario - Prima del colpo di Stato, ha terminato Save the Children, “c’erano già 370mila sfollati in tutto il Paese, tra cui decine di migliaia di bambini Rohingya che vivevano in campi di detenzione nello Stato di Rakhine. La situazione per loro e per i quasi 500mila minori Rohingya e le loro famiglie fuggiti in Bangladesh rimane fragile. Le tattiche brutali impiegate dai militari in Myanmar ricordano le atrocità commesse contro i Rohingya nel 2017”.