La copertina del libro

"Lo Stato dovrebbe essere meno pervasivo, con una presenza minima ed efficiente nella vita dei cittadini, che sono depositari di diritti intangibili da parte del potere. L’esatto contrario di quello in cui viviamo oggi". E’ la tesi sostenuta da Vincenzo D’Anna in occasione del lancio del suo libro dal titolo "Il liberalismo perduto", per i tipi La Vela (con prefazione di Ferdinando Adornato).  Un vero e proprio excursus nel corso del quale l'ex parlamentare, attuale presidente dell'Ordine Nazionale dei Biologi, ripercorre, pagina dopo pagina, con stile schietto e a tratti dissacrante, le vicissitudini del Belpaese, ancora oggi sospeso tra tentazioni criptosocialiste e voglie di libero mercato.

ALLA RICERCA DELLE RADICI DELLA LIBERTA'
Un saggio particolare (acquistabile in libreria ed online), quello firmato dall'ex esponente di Ala, in cui, al di là di quanto potrebbe suggerire il titolo, non si piange affatto per le sorti di una dottrina ormai sparita dai radar dell’azione politica, bensì, come recita anche il sottotitolo ("l’Italia alla ricerca di un partito che non c’è"), si offre uno spunto per approfondire la ricerca delle radici stesse della libertà in un Paese, il nostro, di fatto "incompiuto", rimasto fermo al palo. E che, per cause storiche articolate, precise e politiche contingenti, è ancora alla ricerca di una sua precisa identità.

QUANDO I PREGIUDIZI NASCONO DALL'IGNORANZA
"Il liberalismo - spiega, non a caso, l'autore - non può essere colto né come scienza, né come filosofia se non se ne conoscono a fondo le basi. Nel mio libro affronto proprio la questione dei pregiudizi che spesso nascono dall'ignoranza". Per il rappresentante dei Biologi italiani "la società in cui viviamo è fluida, veloce, a tratti irriflessiva, emotiva. Il nostro è un mondo in cui va perdendosi l'abitudine al ragionamento". Ebbene, aggiunge l'ex senatore: "ne deriva che, in questo contesto, quello che ci si para innanzi è il ‘qualunquismo’, vale a dire l’idea che si possano avere risposte semplici a problemi complessi, che tutto cioè, possa essere appreso e compreso attraverso il fiume carsico di notizie che ci arriva attraverso i social".

IL PARADOSSO DELLA VERIFICA DELLE OPINIONI
Nulla di più sbagliato. Il paradosso, infatti, per D’Anna è "che si arrivi al convincimento che finanche la scienza possa essere sottoposta alla verifica delle opinioni, il che è semplicemente assurdo". Ma questo, a maggior ragione, può valere anche per il modello di Stato: "se noi, infatti, concediamo ad esso di poter esercitare poteri e diritti sottraendoli alle nostre libertà, non saremo mai un paese liberale ma a responsabilità ed a libertà limitate".

PER UNO STATO MENO "INVADENTE"
Lo Stato, insomma, per dirla con altre parole: “dovrebbe essere meno invadente, agendo nella giusta misura, garantendo, insomma, una presenza minima, discreta e soprattutto efficiente nell'esistenza dei cittadini, evitando di intaccarne quei diritti intangibili di cui essi, fin a prova contraria, sono depositari". Più facile a dirsi che a farsi. "Perché - è la fotografia di D'Anna - è esattamente l'opposto del modello di Stato in cui viviamo oggi".

TRA COSTITUZIONE E COMPROMESSI
Ma quali le cause di questa stortura? Perché "non siamo realmente liberi"? E' la domanda che risuona nel libro e che, pezzo dopo pezzo, offre più di uno spunto di riflessione da cui ripartire. "La nostra Repubblica – scrive D’Anna - legifera sulla base del contenuto della madre di tutte le leggi: la Costituzione, figlia del compromesso raggiunto, nel dopoguerra, da blocchi politici contrapposti". "Uscito a pezzi dal ventennio fascista e da una guerra persa, il nostro Paese (che a quei tempi era conteso tra blocco orientale comunista e blocco occidente liberale) tentò, proprio attraverso la ‘Magna Carta’, di contemperare le visioni differenti dello Stato, dell'economia e della società. Un contesto che condusse i padri costituenti ad essere cauti e spesso a scendere a veri e propri compromessi”.

LE TENTAZIONI DEL BELPAESE
Tradotto in soldoni: "le scelte politiche che seguirono collocarono l'Italia nel campo occidentale, pur in presenza, entro i confini del Belpaese, del più grande movimento socialcomunista europeo. Un paradosso bello e buono,  da cui è scaturita l'essenza di un Paese in bilico, sospeso tra l'essere e il non essere. Libero e liberale quanto si vuole, ma non del tutto immune dal sentirsi contemporaneamente anche in diritto di strizzare l'occhio agli emuli di falce e martello (ed alle politiche stataliste)”.

UN OSTACOLO DA SUPERARE
Il libro di D'Anna mette in evidenza proprio questa contraddizione tutta italiana, questo paradosso presente un po' in tutti i campi - dalla scuola alla cultura, dalla politica alla sanità, dalla giustizia allo sport, dall'economia finanche alla religione  - che, se non superata, sarà sempre di ostacolo alla costruzione di un vero mercato di concorrenza ed all'edificazione di uno Stato minimo ed efficiente.