Depositphotos

Dopo un lungo e meticoloso lavoro di mediazione tra i rappresentanti delle due città italiane, si è arrivati a una formula di compromesso e il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inviato la pratica per candidare, come patrimonio immateriale dell'umanità UNESCO, "Il caffè espresso italiano tra cultura, rito e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli".

Quindi, dopo 'L'arte del pizzaiuolo napoletano', 'La dieta mediterranea', anche il caffè, ennesimo simbolo di italianità, si appresta a diventare valore di riferimento carismatico per l'umanità intera. Questa richiesta era nell'aria, come se l'aroma si fosse, d'improvviso, metaforicamente liberato da una tazzina fumante.

Il rito del caffè per gli italiani è un modo di vivere ed un elemento di aggregazione sociale. "La più grande tristezza – amava ripetere il compianto attore Massimo Troisi – è possedere solo una moka da una tazza, perché si ha l'impressione che nessuno debba mai venire a trovarti". Invece, il caffè è vita, vivacità e piacere di stare insieme. Questa famosa ed antica bevanda, diffusasi prima in Etiopia, nello Yemen, in India e quindi in Europa, è stata idealmente metabolizzata fino a diventare parte integrante della cultura italiana.

Un'indagine, eseguita da Nomisma in collaborazione con Datalytics, ha monitorato che il 95 per cento degli italiani consuma abitualmente caffè, di cui: il 53 per cento per concedersi un momento di relax; il 47 per cento per godersi un piacere della vita; il 37 per cento come un rito o una tradizione, mentre il 22 e il 20 per cento come un'abitudine e necessità. Anche l'analisi degli algoritmi dei social media ha rilevato che sulle principali piattaforme sono innumerevoli ogni giorno i post dedicati al caffè. È forte, quindi, la componente sociale, che dal Settecento in poi, ha spinto gli italiani a costruire attorno al caffè un rito, una convenzione sociale ed un patto di amicizia. A Napoli è sintomatica la frase 'Fesseria da caffè' per significare che una controversia tra due persone può essere superata semplicemente bevendo insieme un caffè e stringendosi la mano.

Nel corso dei secoli poi, al caffè sono state innalzate cattedrali ed altari, dove le classi intellettuali hanno dato il meglio di loro, discutendo di prosa, poesia e, tra un caffè, un dolcetto, un cornetto e perfino un tramezzino, scrivendo libri. Nei Caffè Florian e Quadri di Venezia, al Tommaseo di Trieste, al Pedrocchi di Padova fino al Caffè Gambrinus di Napoli e al Gran Caffè Renzelli di Cosenza non si contano le frequentazioni abituali di illustri personaggi della politica e della cultura. Scrittori italiani e stranieri hanno vissuto intensamente nei caffè letterali, confrontando le loro opinioni e molto spesso consumando un sigaro toscano. In alcuni di questi locali, proprio come avvenne ai tempi della Rivoluzione francese nel famoso Café Le Procope di Parigi, sono stati progettati e attuati moti insurrezionali, irredentisti e rivoluzionari che hanno caratterizzato la storia italiana.

Insomma il caffè arriva da lontano. Ha fatto un percorso lungo e ancora si ripropone come fattore di rigenerazione e cambiamento. Nella letteratura italiana si sono ispirati al caffè, alla sua preparazione, rappresentazione ed alla sua funzione sociale, scrittori illustri a cominciare da Carlo Goldoni, passando per le opere di Luigi Pirandello fino ai peccati di gola descritti da narratori moderni come Riccardo Pazzaglia e Luciano De Crescenzo. Scrittori di fama mondiale come James Joyce, Oscar Wilde, Charles Dickens, Ernest Hemingway e chissà quanti altri si sono imbevuti dell'atmosfera dei caffè letterari italiani, per affermare le loro arti umanistiche che deliziano di cultura l'animo umano.

È doveroso, anche, ricordare i 'monumenti' al caffè nelle commedie di Eduardo De Filippo. In 'Questi fantasmi', con la compostezza ed il piglio del grande narratore, il protagonista Pasquale Lojacono descrive come "Abitudini che sono la poesia della vita" dettagliatamente tutte le operazioni per preparare in casa un caffè perfetto, mentre in 'Natale in casa Cupiello' Eduardo ci ammonisce ricordandoci che: "Sul caffè non si risparmia!". Significativo anche il contributo alla causa del caffè offerto dai famosi cantautori della nostra epoca come ad esempio Fabrizio De André e Pino Daniele. Nelle pratiche avviate dal Ministero per il riconoscimento UNESCO si tiene conto di tutti i valori legati al caffè espresso non trascurando nemmeno il minimo particolare.

Nella tradizione italiana si fa spesso riferimento al famoso 'Caffè sospeso', iniziativa avviata a Napoli e al 'Caffè in ginocchio', celebre nella tradizione milanese e napoletana. Del caffè sospeso, e cioè dell'iniziativa avviata tanti anni fa, per cui una persona lascia un caffè pagato ad uno sconosciuto che non può permetterselo, si è parlato in tutto il mondo. Dopo il caffè sono arrivati: la pizza, i giocattoli e le medicine sospese, per dare testimonianza attiva della solidarietà espressa da tanti italiani per i meno abbienti. Anche la pratica del caffè in ginocchio, diffusasi a Milano agli inizi del Novecento, dava la possibilità alle classi più umili, nei freddi e nebbiosi inverni padani, di godere dell'aroma di un caldo caffè a un prezzo ridotto. Gli ambulanti con un carretto giravano per strade e piazze, offrendo caffè rigenerati dopo un primo utilizzo nei caffè di lusso della città. La denominazione 'Caffè del ginoeucc' sembra derivi o dall'altezza del carretto del venditore di caffè, che arrivava appunto al ginocchio; oppure il modo di bere il caffè, accucciati a terra, servendosi delle ginocchia come appoggio per la tazzina o ancora perché all'altezza del ginocchio stava il cassettino con i fondi del caffè già usati dal barista che poi venivano recuperati e riutilizzati dai venditori ambulanti. Insomma storia di tanti italiani che ha fatto 'grande' il caffè.