di Franco Esposito

Assurdi italiani. Paradossi italiani. Sconcezze italiane. Come questa: un'azienda inattiva nel 2020 acquisisce crediti per 235 milioni da prestanome. Frodi di questo tipo, non solo in carta carbone, ma pure simili: quattro miliardi l'ammontare. Immancabile la presenza della camorra. L'ombra nera, nefasta. La criminalità organizzata che non si lascia sfuggire la grande occasione. 

La catena di Sant'Antonio della cessione dei crediti ha aperto la strada a truffe in tutta Italia. Cittadini adescati da società amministrate da nullatenenti che dichiarano di completare il trenta per cento dei lavori in un solo giorno. Una piaga a macchia di leopardo, risultano perfino difficili le indagini. Quattro le principali: Roma, Napoli, Rimini, Perugia. Dove tocchi viene fuori il marcio. A Roma sequestrati 1,2 miliardi, sette le società coinvolte, quattro regioni interessate, Lazio, Basilicata, Puglia, Val d'Aosta. A Napoli il sequestro per 110 milioni di euro è del 19 gennaio. Tre società e ventuno persone fisiche coinvolte. Ma qui il discorso si allarga a otto regioni. 

Rimini sarebbe in realtà la città/provincia più delle altre nella peste. Almeno in rapporto al numero degli abitanti. Trentacinque arresti e ventitre misure interdittive per gli imprenditori coinvolti. Indagini a Malta, Cipro, Madeira. Undici regioni italiane nella bufera. Infine Perugia, indagine del 3 febbraio. Quattro regioni interessate, una società e due persone fisiche, per un sequestro di 103 milioni. 

Una truffa straitaliana. I nomi della società coinvolte però sono anglofoni. Una scoperta firmata Guardia di Finanza, a capo di un'indagine durata un mese e mezzo. La catena di Sant'Antonio delle cessioni dei crediti interessa quindici regioni, ora chiamate a vivere a velocità vertiginosa. Grazie alla segnalazione dell'Agenzia delle Entrate, gli investigatori hanno monitorato i nullatenenti beneficiari di crediti fatti crescere ad arte in maniera esponenziale. Fino ad arrivare al 500% in un mese. 

Davanti a scandali ormai acclarati, gli agenti della Finanza sono intervenuti con "sequestri urgenti", considerando i crediti "corpi di reato": impedito l'ultimo trasferimento ad altri soggetti in buona fede. Società pubbliche – Poste e Cassa Depositi e prestiti – banche, Bnl, Ifis, e la Groupama Assicurazioni non sono riuscite ad evitare la monetizzazione di due miliardi di euro. Le indagini, a questo punto, portano lontano dal luogo di partenza. Truffatori seriali e professionisti del riciclaggio di denaro sporco proseguono la loro losca attività tra Napoli e Caserta. Pregiudicati con addentellati certi con la camorra. In definitiva vicinissimi alla criminalità organizzata. A Napoli l'indagine ha preso le mosse da un consorzio gestito da un commercialista, al servizio di una fitta rete di promotori. Insieme adescavano ignari cittadini interessati ad usufruire del superbonus. Nel diabolico tranello sono finite due coppie di San Vito al Tagliamento, desiderose di dare una rinfrescatina alla facciata della villetta bifamiliare. Hanno riempito le schede e firmato contratti, ignari di quale sarebbe stata la conclusione. 

Un colossale bluff. Il consorzio spariva senza mettere neppure una mano di calce o di piantare un chiodo. Mentre gruppi di pseudo tecnici stakanovisti fabbricava 1400 osservazioni farlocche in fotocopia: fogli bianchi, computo metrico sballato, nessun protocollo. E false fatture a certificare di aver completato in un giorno il trenta per cento dei lavori. Il consorzio diventava titolare dei crediti grazie all'opzione "sconto in fattura". 

Convocati dalla Finanza dieci mesi dopo, i coniugi friulani scoprivano nel cassetto fiscale dell'Agenzia delle Entrate "crediti per 127mila euro, a dispetto di lavori mai fatti". Crediti prima venduti, poi monetizzati o compensati dal famigerato consorzio, a chiusura dello "schema fraudolento". I crediti già veicolati nella Catena di Sant'Antonio delle cessioni verso "presunti clienti" assommavano nei primi mesi del 2021 a 83 milioni di fatture a milletrecento presunti clienti. Una sorta di lotteria di Capodanno per una società con un solo dipendente, che nel 2020 aveva un fatturato quindici volte inferiore e un tredicesimo del parco clienti. 

Il famigerato consorzio e poi? La società Skyfall, realizzatrice di una notevole performance anch'essa. Questa indagine è curata dalla Procura di Roma. "La società non presenta dichiarazioni fiscali, non effettua versamenti, non ha immobili di proprietà né in locazione. Nel 20121 non ha ricevuto fatture, non ha depositato bilanci, è amministrata da un nullatenente". Il cui ultimo reddito è quello ricevuto dal carcere di Civitavecchia nel 2009, quando il soggetto era detenuto per narcotraffico. 

Nel 2020 la Skyfall, famigerata anch'essa e parimenti inesistente, capitale sociale 100 euro, ha ricevuto solo uan fattura per 13 euro, e non ne ha emesso alcuna. Eppure nel 2012 acquista "crediti fiscali palesemente fittizi per 235 milioni di euro da società evanescenti sconosciute al fisco e amministrate da meri prestanome". 

La Guardia di Finanza ha ricostruito la mappa dei soggetti coinvolti: prestanome, società cartiere per sfornare false fatture, e società fungo a San Severo in Puglia e a Saint-Cristophe in valle d'Aosta. Società fantasma per gestire i crediti. "Una roba da far venire il mal di testa". La Procura continua a focalizzarsi su due società "che appaiono il vero centro di creazione dei crediti fittizi: stessa sede, stessi soci, stesso commercialista, un paio di dipendenti". Lo schema truffaldino pienamente collaudato. 

Stessa brutta musica a Rimini. "Pazzesco, Madonna Santa. Lo Stato italiano vuole essere preso peri fondelli, praticamente", osserva caustico il gip Nicola Bonfrate. "Siamo davanti a un promotore e capo di una stabile associazione a delinquere ramificata in tutto il territorio nazionale e tutt'altro che rudimentale. In cinque mesi ha generato frodi seriali per 278 milioni di euro. Poi monetizzati e dirottati in paradisi fiscali, accompagnati da commenti beffardi, del tipo rilevato nelle intercettazione. "So' soldi, eh, che possiamo divertirci. Quelli di Milano non hanno idea di quanti soldi hanno fatto, non sanno più dove aprire i conti correnti in giro per il mondo. Ma noi ci stiamo dietro, a ruota stiamo andando...". 

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