di Matteo Forciniti

È un clima molto diverso quello che hanno trovato in Uruguay gli avvocati del processo Condor -Arturo Salerni e Mario Angelelli- venuti in visita cinque anni dopo. La sentenza di Cassazione del luglio del 2021 ha messo la parola fine dopo 22 anni su questo processo confermando le condanne all'ergastolo per tutti i militari accusati di crimini contro l'umanità nell'ambito dell'operazione Condor, il piano di collaborazione delle dittature sudamericane negli anni settanta all'insegna della brutale repressione.

"Nel 2017, dopo la sentenza di primo grado che assolveva diversi imputati per prescrizione, qui trovammo la disperazione dei familiari che non riuscivano a capire questi cavilli giuridici" ha ricordato Mario Angelelli mercoledì pomeriggio durante la conferenza stampa organizzata presso la sede della centrale sindacale PIT-CNT a Montevideo seguita anche in videoconferenza. "Contraddicendo alla regola che vuole che gli avvocati non promettano mai niente, quella volta noi invece rassicurammo i familiari dicendo che il tutto si sarebbe ribaltato in appello. E così è stato. Oltre ai vertici militari le condanne sono arrivate anche per i quadri intermedi. Oggi possiamo senz'altro affermare che la sentenza definitiva di Cassazione è una roccia, un monumento per tutti noi che ci occupiamo di crimini contro l'umanità".

Per Arturo Salerni "Il processo Condor è stato molto importante perché è riuscito a ricostruire il patto criminale tra le dittature sudamericane individuando le responsabilità e i reati commessi dalle singole persone. Oltre a questo, però, abbiamo potuto far ricostruire davanti alla Corte di Roma il dolore dei familiari delle vittime". "È stata una pagina di verità di storia che ci conferma una cosa" ha osservato l'avvocato. "Il principio di giustizia è sempre valido, i crimini contro l'umanità si possono sempre giudicare salvo la morte degli imputati perché la tutela della giustizia non conosce confini".

Anche se il processo italiano si è ufficialmente concluso, gli avvocati continuano a seguire le vicende legate al piano Condor cercando di intraprendere nuove azioni legali per potare alla sbarra altri imputati. 

Il principale indiziato è il militare argentino Carlos Malatto, condannato nel suo paese che oggi vive rifugiato in Italia grazie alla cittadinanza. La sua è una storia molto simile a quella di Jorge Troccoli, l'ex capo del servizio di intelligence della Marina militare uruguaiana, attualmente in carcere dopo aver vissuto liberamente in Italia per diversi anni: "Anche nel caso di Malatto la richiesta di estradizione dell'Argentina è stata rifiutata per problemi tecnici. Adesso ci troviamo nella fase di investigazione e siamo venuti qui proprio per raccogliere nuove prove al riguardo che possano spingere verso l'apertura del processo in Italia. Contiamo che per il prossimo anno si possa aprire la fase di dibattimento. Nonostante tutti i problemi, la giustizia seppur lenta non si detiene".

Oltre ai fatti che vedono coinvolto Malatto, gli avvocati dell'associazione Progetto Diritti stanno seguendo da vicino anche il caso di José Potenza e Rafaella Filipazzi sul cui sequestro viene accusato Troccoli: "I due furono sequestrata il 22 maggio del 1977 in un hotel di Montevideo. Vennero portati al centro clandestino del porto di Montevideo dove furono torturati e in seguito furono portati in Paraguay. Nel 2013 vennero trovati i loro resti in una fossa comune ad Asunción e in seguito, grazie alle prove del dna, vennero confermati i risultati".

Mario Antonio Angelelli, Arturo Salerni e Andrea Speranzoni, avvocati delle parti civili

Pur coscienti dei problemi presenti in questo tipo di indagini, Salerni e Angelelli hanno voluto trasmettere un messaggio di ottimismo nel concludere il loro intervento di saluto ai familiari dei "desaparecidos" in collegamento video: "Noi abbiamo diversi nemici tra cui il tempo dato che stiamo parlando di fatti accaduti quarant'anni fa. Il rischio concreto è che i familiari non riescano a vedere gli imputati condannati. Andare in giro tra più paesi alla ricerca di prove non è un compito semplice, tuttavia questo viaggio è servito proprio per apportare nuovi elementi alle indagini attraverso la collaborazione delle magistrature dei vari paesi. Ma al di là delle difficoltà l'appoggio della società civile è fondamentale e ci da la forza per andare avanti".