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Mentre ci avviamo verso un'apparente fine della guerra pandemica, il soldato no-vax si trova senza più un nemico da combattere. Continua ad agitare i pugni chiusi, ma intorno a lui sono sempre meno commilitoni a far lo stesso. I suoi incitamenti alla battaglia smuovono un popolo ormai poco convinto, che lo lascia ogni giorno più isolato. Ne ha dato una rappresentazione chiara l'ultima chiamata alle armi a Roma, una marcia che nei toni sembrava voler richiamare l'avanzata fascista. Ma nessuna presa di potere ha segnato questa volta l'impresa, conclusa con un suggestivo campeggio ai piedi dell'Altare della Patria, diventato poi troppo disagevole quando col buio è iniziata a scendere anche un po' di pioggia sulla Capitale.

"La gente come noi non molla mai", urlavano in poche centinaia a Piazza Venezia nel pomeriggio di San Valentino. Sarà, ma alla fine, a uno a uno, hanno in effetti mollato tutti. Posti di fronte al fallimento, gli organizzatori sui social riversavano un'ira funesta contro chi non li aveva sostenuti, farcita di pesanti insulti. Le clip Telegram arrivano a ripetizione all'indomani della più eclatante disfatta e sembrano più lo sfogo tossico di un amante tradito, rimanendo in tema di innamorati che la data della protesta richiama. "Siete delle merde infami. Mi avete mancato di rispetto. Godo che perdiate il posto di lavoro. Vi voglio tutti alla fame. Figli di puttana. Dove cazzo eravate? Italiani popolo di cessi", per sintetizzare, fuor di censura.

Non resta che guardare altrove, ai successi di chi, oltre Italia, sembra stia facendo meglio. Su Telegram si inneggia il Freedom Convoy canadese, si postano articoli che raccontano le concessioni fatte agli anti Pass di altra nazionalità, in seguito alle loro proteste, che coinvolgono un numero più nutrito di persone. Ma in Italia le manifestazioni no vax sono state più volte accoppiate nei titoli di giornale con la parola "flop". Riconducibili a leader multipli, infiniti e indefiniti, organizzate in maniera frammentaria su Telegram, era già capitato che finissero per essere popolate più da agenti di polizia e stampa, che da manifestanti. Anche la più lunga e significativa protesta, quella dei portuali, alla fine si è conclusa nel nulla. Di Stefano Puzzer, volto simbolo di quei giorni, elevato quasi a Messia dal suo popolo, non se ne sente più parlare.

Il soldato no-vax sembra non essersi reso conto che la guerra che lui continua a combattere ormai non interessa quasi più a nessuno. È vero, dal 15 febbraio è diventato obbligatorio il Super Green Pass per gli over 50 al lavoro. È vero, pur di non sottoporsi all'iniezione anti-Covid qualcuno ha deciso di rinunciare allo stipendio. Ma il vaccino è stato ormai ricevuto dalla stragrande maggioranza della popolazione in Italia. L'obbligo poi, nei piani, scadrà tra quattro mesi, e già adesso con i contagi in calo si inizia a parlare della possibilità di rimuovere anche il Green Pass.

Qualcuno ricorderà la storia di Hiroo Onoda, tenente dell'Esercito Imperiale nipponico. Per tre decenni è rimasto nella giungla delle Filippine in totale isolamento, ignorando che la Seconda Guerra Mondiale fosse finita da un pezzo e che il suo Paese avesse firmato la resa. Onoda, in possesso della sua spada regolamentare, di un fucile e di alcune bombe a mano ancora efficienti, si è arreso solo dietro esplicito ordine del suo ufficiale superiore, giunto appositamente sull'isola. Era stato dichiarato legalmente morto quindici anni prima.