Gente d'Italia

C’é un “U-Robot” nel nostro futuro

 

 

 

In un centro internazionale di ricerca nei pressi di Las Vegas, negli Stati Uniti, è nata una generazione di robot assolutamente rivoluzionaria. Si chiama U-Robot, non deve essere confuso con Ufo-Robot e sa fare praticamente tutto. Come ogni altro Robot delle ultime generazioni può cucinare e fare le pulizie, ma non si ferma qui: sa eseguire anche lavori molto più complessi, come dirigere un’azienda, curare un paziente afflitto da vari tipi di disturbi, progettare ponti e spostarsi in quasi totale autonomia. Il prezzo? Non costa molto né acquistarlo né mantenerlo: lo si può infatti comprare in leasing con comode rate a partire da circa 700 euro al mese, a seconda delle prestazioni richieste, e cederlo usato senza che per i primi vent’anni del suo utilizzo abbia perso molto del suo valore.

Il nuovo tipo di robot è in grado non solo di eseguire i calcoli più complessi, ma anche di escogitare nuove teorie scientifiche e persino di sostenere conversazioni impegnative sotto il profilo culturale. Si è dimostrato molto utile anche nei call center, dove è stato provato nel ruolo delle normali segreterie telefoniche ed è stato apprezzato da molti clienti per le sue attitudini dialogiche e la sua capacità di ascolto. Alcuni esemplari si sono perfino dimostrati in grado di fornire un certo conforto psicologico agli utenti, tanto che alcune aziende operanti nel settore della comunicazione ne hanno già prenotati diversi esemplari.

La capacità di U-Robot vanno quindi ben oltre quella di leggere, scrivere o usare un pc: alcuni modelli sono capaci di suonare uno strumento musicale, o addirittura di comporre brani di assoluto rilievo estetico; mentre altri riescono a inventare, mediante la scrittura o la voce, fantastiche storie, o addirittura a recitare e cantare con incantevoli intonazioni. I modelli da football hanno poi la capacità di battere punizioni imparabili, di realizzare gol incredibili o assist geniali, tanto da non far rimpiangere alcuni dei più famosi numeri 10 della storia di questo sport, mentre gli esemplari più sofisticati sono stati brevettati per fornire un piacere sessuale particolarmente intenso, con tutta una gamma di opzioni da far incuriosire persino le persone più caste.

Si tratta infatti di un robot non sgradevole al tatto, anzi: essendo piuttosto caldo, liscio e morbido può provocare sensazioni davvero piacevoli. Persino alcune auto Tesla sono risultate favorevolmente impressionate dal contatto fisico con le sue superfici e a grande maggioranza, almeno a sentire quelle parlanti, si sono dichiarate favorevoli, anche a costo di perdere la sovranità sui propri delicati automatismi, all’ipotesi di lasciarsi guidare da lui. O da lei. Pare infatti che ne esistano di due tipi fondamentali, caratterizzati da diverse attitudini sessuali oltre che, naturalmente, da diversi orientamenti etici ed estetici, politici e ideologici, e alcuni sostengono che la modulazione di tutti questi aspetti potrebbe un giorno risultare pressoché infinita.

Le risorse e le possibili applicazioni degli U-Robot sono infatti sconfinate e i progettisti sono all’opera per garantire la produzione di tutta una gamma di optional in grado di soddisfare al meglio le esigenze dei clienti. Sebbene siamo ancora in una fase sperimentale, i primi modelli hanno dato ottima prova di sé e gli investitori di tutto il mondo gli hanno già messo gli occhi addosso. In particolare, sembra che stia andando letteralmente a ruba il modello denominato U-Robot-Partner, che potrà in un futuro non lontano essere realizzato su misura previa fornitura al produttore di un quadro dettagliato delle caratteristiche desiderate. Una sua variante, The fluid U-Robot-Partner, consentirà poi al cliente di adattare di volta in volta, anche in rapida successione, i comportamenti e le attitudini del robot alle sue richieste, persino a quelle più esotiche o stravaganti.

Di sicuro, l’invenzione di questa nuova generazione di robot è da inquadrare nel contesto di un rinnovato interesse per il sex appeal dell’organico, come del resto testimonia il riferimento, già nel nome prescelto, a esseri antropomorfici. L’era del sex appeal dell’inorganico sembra infatti ormai superata, e sulle macerie di quello che era stato il regno di robot meccanici ed elettronici non poteva che riprendere corpo e vita la categoria dell’umano, con le sue infinite varietà, debolezze e fragilità. Pare infatti che questi robot siano di serie appositamente difettosi, inconcludenti, vanitosi, egotici, capricciosi, eternamente insoddisfatti, malavitosi, angosciati, talora disperati e dotati spesso di un’autentica vocazione artistica o religiosa, e non si esclude di crearne alcuni con una certa vocazione suicidaria, che li renderebbe inclini ad autodistruggersi a un certo punto della loro vita senza lasciare scorie inquinanti.

Una recente mostra al Centre Pompidou ha spazzato via anche i dubbi dei più diffidenti: un’insegna luminosa all’ingresso ne scandiva, con una head-line classica, il motto esistenziale: Homo sum, humani nihil a me alienum puto. In un futuro non lontano potrebbero rivelarsi persino capaci di rinunciare alla civiltà, procurandosi il cibo da soli con metodi rudimentali. Come i preistorici antenati degli antichi esseri umani, infatti, si ritiene che gli U-Robotpotrebbero riuscire bene nella caccia, nella pesca, nella coltivazione della terra e nell’allevamento del bestiame all’aperto e in modo “naturale”, sebbene su questo termine i filosofi abbiamo subito intrapreso un dibattito acceso e ricco talora di pretestuosi risvolti polemici.

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