di ROBERTO ZANNI
Era il 15 aprile 1986 quando il Minneapolis Institute of Arts (MIA) annunciava l'acquisto del Doriforo, copia di una famosa statua greca in bronzo, opera dell'artista Policleto. Prezzo 2,5 milioni di dollari. La statua, grandezza naturale, considerata una delle grandi sculture classiche si crede sia opera di Apollonius da Atene, che lavorò sia in Grecia che in Italia attorno al 70 a.C. All'epoca MIA spiegava che l'acquisto era stato effettuato da un mercante d'arte svizzero. Sempre in quei giorni, Michael Conforti, che era il curatore capo del museo, spiegava anche che il mercante aveva raccontato che la statua era stata recuperata attorno agli anni '30 al largo delle coste italiane, finita in mani private fino al 1978 e quindi prestata a un museo di Monaco in Germania.
Il Doriforo di Stabiae è una meravigliosa scultura in marmo pentelico (stesso materiale utilizzato per il Partenone di Atene), alta 196 centimetri il cui viaggio negli Stati Uniti però non avvenne come spiegato, dai responsabili del museo americano sicuramente non per colpa loro. C'è ben altro dietro e la conferma, finalmente, è arrivata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata che ha inoltrato alle competenti autorità degli Stati Uniti la richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per eseguire un decreto di confisca che è stato emesso il 19 gennaio scorso.
Il Doriforo infatti non giunse a Minneapolis legalmente, perchè negli anni '70 fu trafugato nel territorio di Castellammare di Stabia in seguito a scavi archeologici clandestini e quindi finito nelle mani di Elie Borowski, mercante/trafficante nato a Varsavia nel 1913 e morto a Gerusalemme nel 2003. Ora si chiede che quella meravigliosa statua rubata possa ritornare in Italia e in particolare nel Museo di Quisisana di Castellammare di Stabia. Borowski durante la sua vita ha avuto forti legami con il commercio fraudolento di reperti, opere d'arte. Robert Hecht, altro mercante d'arte, antiquario americano con base a Parigi, sotto processo in Italia dal 2005 fino alla sua morte avvenuta nel 2012 per traffici illeciti, nelle proprie memorie non si era dimenticato di Borowski: lo descriveva, tra le altre cose, come cliente di Giacomo Medici, condannato nel 2004 per gli stessi reati.
C'era anche un organigramma che correlava mercanti disonesti, furti e opere d'arte di inestimabile valore, storico ed economico. Non solo reperti archeologici italiani: nel 2012, ed è solo un esempio, furono le autorità della Turchia che richiesero ad alcuni musei americani, tra i quali anche il celeberrimo J. Getty Museum, la restituzione di decine di reperti, tutti trafugati e arrivati negli Stati Uniti illegalmente. Di mezzo, anche lì c'era tra gli altri proprio Elie Borowski che fondò anche un museo in Israele, il Bible Lands Museum (esistente ancor oggi) da 12 milioni di dollari con pezzi raccolti e collezionati durante 45 anni. Era il 1992, ma già allora l'attività di Borowski era stata messa sotto accusa, da studiosi e colleghi: secondo loro il suo modo di agire, di acquistare, di collezionare incentivava furti e scavi clandestini in tanti siti archeologici nel mondo. Ora si attende la risposta delle autorità giudiziarie degli Stati Uniti perchè il Doriforo deve tornare in Italia. Ma fortunatamente ci sono precedenti incoraggianti: infatti non sarebbe la prima volta che la giustizia trionferebbe, diversi infatti sono stati i casi, in particolare negli ultimi tempi, di rimpatri forzati di opere d'arte, reperti che si trovavano negli USA illegalmente: il frutto della cooperazione tra autorità americane e italiane. Nell'attesa però il Doriforo di Stabiae è ancora in mostra al Minneapolis Institute of Art. Speriamo per poco.