di Juan Raso

Il senso dell'unità nazionale di un popolo è espresso in prima luogo dalla lingua. La lingua - di questo o quel paese - è la pietra fondamentale dell'identità di una nazione. Senza una lingua, una nazione non è tale. Anzi, quelle regioni del mondo, che esprimono tendenze separatiste in rapporto agli Stati centrali, centrano  la loro azione nell'identità di una lingua differente ,che promuove una cultura e un modo di essere anche differenti (vedi l'esempio dei Catalani).

L’idea di “lingua ed identitá nazionale” é stata rilevata da tanti; non sono certo il primo a ricordarla. Ma di tante espressioni note, quella che mi sembra piú bella é stata pronunciata dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi  il 5 maggio 2003, in occasione della consegna delle medaglie d’oro ai benemeriti della cultura. “E’ nella nostra lingua, nella capacità creativa degli italiani, che risiede il cuore della nostra identità, di quella Nazione che è nata ben prima dello Stato e ne rappresenta la piú alta legittimazione”.

Infatti la nostra identità nazionale e la nostra cultura nascono con Dante Alighieri, Petrarca, Boccaccio e tanti altri poeti e scrittori che definirono- a partire dalla lingua e ben prima del Risorgimento – l’essere italiano.

Lingua, cultura e nazione sono quindi un tutt’uno e quando si pretende uccidere la lingua, inevitabilmente si sacrifica la cultura e il senso di nazione di un popolo. Più grave è il fatto se questa Nazione è presente anche all’estero, dove piú che mai è necessario preservare la lingua, perché perderla comporta distruggere la presenza della nostra identità nazionale nel mondo.

Queste sono le prime riflessioni che mi vengono a mente, quando mi dicono che il Comites ha dato parere sfavorevole al progetto di Gente d’Italia. 

Il voto non solo pretende imbavagliare una voce giornalistica indipendente fuori dai confini del nostro paese e quindi viola palesemente il diritto costituzionale della libertá di stampa (art. 21 della Costituzione), ma – e questo è il mio maggior dolore – vuole mettere a tacere una voce in lingua italiana, una delle ormai pochissime voci italiane ancora presenti in Uruguay. E lo fa senza alcuna vergogna di tradire la veritá dei fatti attraverso affermazioni false.

La lingua italiana non è patrimonio del Comites o di questo o quel centro di potere: è patrimonio di noi tutti, è espressione della cultura italiana che attraverso la letteratura, il teatro, il cinema ci ha fatto conoscere nel mondo come un paese espressione dell’arte e del pensiero. E’ un patrimonio che non abbiamo costruito noi; l’abbiamo ereditato da un lungo passato e solo eredi indegni potrebbero oggi negarlo alle generazioni future.

Massimo Bray, uno dei principali linguisti italiani, difende a spada tratta il concetto della lingua come fondamento dell'identità nazionale. Essa - dice - è "un patrimonio da custodire, perché la lingua, come ogni altra componente della cultura materiale e intellettuale di un popolo, è un bene fragile, continuamente esposto a tante forme di ‘inquinamento’. 

Qual è, in questo scenario, il contributo dei giornali in lingua italiana all’estero? Evidentemente attraverso l’informazione in corretta lingua italiana non solo si trasmettono idee e fatti, ma indirettamente si opera quella promozione della lingua cosí necessaria nelle nostre comunità del Sud America. Per questo motivo è assolutamente indispensabile - aggiunge Bray – che “il mondo dell’editoria italiana continui ad avere un ruolo non marginale nella diffusione dell’italiano nel mondo, nel contesto della costruzione di una rete di sinergie che, dagli Istituti di Cultura alle scuole di lingua, dalle università alle aziende, dal mondo dei media a quello appunto dell’editoria, contribuisca alla diffusione e alla valorizzazione della conoscenza della lingua italiana nel mondo”.

Di fronte ai fatti del Comites, non possono esistere voci pubbliche complici della decisione. Confido nella azione della nostra Autoritá, tra le cui funzioni vi è quella insindacabile della protezione e diffusione della lingua, affinché un organo di stampa in corretto italiano che si diffonde a livello nazionale - come è il caso di Gente d’Italia -  possa continuare a sostenere la diffusione della nostra lingua all’estero.