Gente d'Italia

Sanzioni economiche alla Russia? Da ridere!

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Di Lucio Fero

Dunque, cominciamo dal dunque anche se non si fa: la gran parte della stampa italiana, la parte più cospicua dei commentatori e osservatori in più o meno autorevole cattedra mediatica e la parte più consistente della gente comune condividono e diffondono l’umor per cui le sanzioni economico-finanziarie alla Russia siano roba da imbelli. Roba debole che alla Russia non farà poco più che il solletico e roba cui ricorrono governi e governanti occidentali che sostanzialmente se la fanno sotto.

E’ interessante notare che in questo sentire convergono sia il senso comune (segnato in Occidente da ormai istituzionali sfiducia-disprezzo verso i propri governi e istituzioni) sia il senso interessato alquanto di chi, in Occidente, non vuol rimetterci un euro o un dollaro o una sterlina applicando sanzioni alla Russia. Da cui il meraviglioso e fantastico obiettivo da quasi tutti reclamato: sanzioni sì, ma che siano gratis per chi le fa. La frittata senza rompere l’uovo, la moglie ubriaca e la botte piena, capra e cavoli…Imbelli o immaginarie, le sanzioni non godono di buona stampa e di buona opinione. Con equanime saccente impulso dai social agli editoriali le sanzioni vengono bocciate, snobbate…eluse.

Allora soldati? - Se sanzioni inutili e masochiste, allora soldati occidentali per Kiev? No di certo. La Nato non manderà un sol figlio d'Occidente in divisa a combattere in Ucraina. E meno male che così è (anche se non si capisce perché in fitta schiera giornalisti italiani continuano a domandare, forse non sanno, forse vogliono predisporre le condizioni/format per mamme in ansia/mamme contro la guerra). Non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo morire per Kiev. Però se sanzioni sono roba da imbelli, allora chi lo rileva dovrebbe essere disponibile a bellici atti e interventi. Invece no, invece nello stesso flusso di diffuso sentire e volere si sommano il sanzioni inutili, imbelli e auto lesioniste e il nessuna goccia di sangue europeo e americano per l’Ucraina. Insomma no al morire per Kiev e anche no a rimetterci un cappuccino.

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