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di Elisabetta Gualmini

L’Europa è più forte di quanto pensiamo. Dopo averci sorpreso con la risposta inattesa alla pandemia (con la duplice ricetta degli Eurobond e della sospensione del Patto di stabilità e crescita), l’Europa si fa forte anche di fronte alla follia di Putin.

Siamo talmente assuefatti al racconto di un’Europa debole e balbettante in politica estera che facciamo fatica a scorgere i segnali di cambiamento. D’altro canto, come non provare tenerezza per il povero Borrell, che dopo l’avvelenamento di Navalny, prova a fare la voce grossa di fronte a un mastino come Lavrov e torna a casa con le pive nel sacco? Come non rassegnarsi a un ruolo di impotenza di fronte al giovane Di Maio, trattato da Lavrov come divoratore di buffet a tradimento in giro per il mondo? O di fronte alla Von der Leyen, spedita in castigo a sedersi sul divanetto, ad aspettare che Erdogan parlasse con gli uomini della situazione? Insomma, di testimonianze ne avremmo in abbondanza per non credere a una prova di forza dell’Europa.

Eppure, le istituzioni sono spesso in grado di sorprendere, di trasformarsi e di correggersi. E forse proprio a causa dei devastanti scenari di cambiamento prospettati dall’emergenza sanitaria, la capacità di adattamento delle istituzioni europee si è irrobustita. La velocità con cui le crisi internazionali si presentano con sempre minori intervalli di tempo fra l’una e l’altra ha imposto all’Europa una postura più flessibile, in una sorta di “equilibrio punteggiato” (per dirla con gli studiosi dell’evoluzione), in cui stabilità e cambiamento si alternano a seconda delle contingenze esterne.

E così mentre nel nostro paese, esperti, accademici e ricercatori illuminati giuravano e spergiuravano che mai ci sarebbe stata una guerra, pensando di saperla più lunga dei servizi segreti americani, e che Putin stesse solo divertendosi al tavolo dei negoziati, in Europa e soprattutto al Parlamento europeo si discuteva da tempo dell’inevitabile escalation di Putin e delle sue strategie espansioniste, e si creava una Commissione ad hoc contro le ingerenze straniere nei processi democratici dell’Unione con occhi puntati direttamente sul nuovo Zar. Uno che qualche segnale l’aveva dato, quando nel 2020 si era cambiato la Costituzione da solo per poter rimanere in sella fino a 84 anni. Uno che ha macinato guerre su guerre nei territori limitrofi, con perdite umane devastanti, mentre si faceva allegramente ritrarre alla guida di aerei, deltaplani, motoslitte, tigri e cavalli (in quest’ultimo caso a torso nudo). Uno che forse è davvero matto (Vlad the Mad), come ci racconta il New York Post.

Ebbene di fronte alla follia, l’Europa si è immediatamente compattata. In tre mosse.

Primo, col superamento della divisione Est-Ovest. Quando il premier polacco Morawiecki va a Berlino a implorare Scholz di mandare armi in Ucraina, capiamo che la storia comincia a sterzare. Solo pochi mesi fa Morawiecki tuonava nell’emisfero di Strasburgo contro Ursula von der Leyen rivendicando la superiorità delle leggi nazionali polacche rispetto ai Trattati europei e sbertucciando una dopo l’altra le norme, le prassi e i valori europei, con una tracotanza che ha fatto parlare ovunque di Polexit. Oggi il premier polacco si dichiara pronto ad affiancare i leader europei contro Putin, pronto a difendere la libertà e i diritti del popolo ucraino.

Secondo. La disponibilità di tutti i paesi europei, compreso il blocco di Visegrad, ad accogliere i profughi ucraini. Certo questi sono europei, bianchi e certamente più “accettabili” anche agli occhi dei Salvini e delle Meloni di tutt’Europa, ma il segnale va colto. Visto che solo poche settimane fa, 12 paesi europei avevano chiesto alla Von der Leyen i soldi per costruire muri di cinta intorno ai propri stati. Dal 2017, poi, la revisione del Regolamento di Dublino è bloccata nel Consiglio europeo nonostante un’approvazione trasversale del Parlamento. Se anche i paesi dell’Est Europa si dichiarano disponibili ad accogliere i rifugiati, vuoi vedere che si riesce anche a ridiscutere della politica migratoria europea?

Terzo. La svolta tedesca. Il nuovo governo Scholz, sinora accusato di timidezza rispetto al polso della ex Cancelliera, ha stupito tutti con una triplice mossa: l’invio di armi in Ucraina (400 lanciarazzi anticarro), scavalcando così la dottrina della neutralità particolarmente rilevante per la storia tedesca; il blocco, per primi, dello spazio aereo per la Russia; e la richiesta di sanzioni durissime che includano anche il blocco dello Swift per la Russia. Se la proposta di paralizzare ogni operazione finanziaria di Putin arriva dalla Germania, paese dipendente dalla Russia per il gas e con in mano il prezioso progetto del Nord Stream2, vuol dire che qualcosa è cambiato.

Se a tutto ciò aggiungiamo la richiesta di Erdogan di fare da mediatore, il rifiuto della Svizzera di essere usata come base di appoggio per boicottare i blocchi europei e l’alleanza granitica tra Europa, Usa e Gran Bretagna, l’accerchiamento nei confronti di Putin potrebbe dare i risultati sperati. Aspettiamo un attimo, dunque, prima di profetizzare un nuovo ordine mondiale, il crollo del gendarme del mondo e il nuovo impero globale euroasiatico. L’Occidente qualche sorpresa ancora la riserverà.